Per la terza volta in due mesi, i francesi tornano alle urne. Questa volta si tratta di eleggere, in due turni, i 577 deputati dell’Assemblea nazionale. Il primo turno si svolgerà il 12 giugno, il secondo una settimana dopo, il 19 giugno. I candidati a un seggio parlamentare sono ben 6293. Un numero che attesta un certo interesse e una forte competizione. Per essere eletto al primo turno bisogna ottenere la maggioranza assoluta dei voti espressi nella circoscrizione elettorale del candidato. Le elezioni legislative sono importanti per il futuro del paese. Permettono di definire i futuri equilibri politici. In particolare, consentono di vedere se il presidente avrà una maggioranza parlamentare sufficiente per poter realizzare il suo programma, oppure se sarà costretto a convivere con una maggioranza che non gli è politicamente favorevole, e se così dovrà dar inizio ad una sorta di coabitazione. Permetteranno anche di precisare la forza della futura opposizione parlamentare e le sue eventuali divisioni.
a campagna elettorale ha perso parte dell’intensità che aveva in vista dei due turni delle presidenziali. Gli scontri verbali fra i tenori della politica francese si sono fatti rari, così come le loro presenze televisive, i loro discorsi e la loro partecipazione ai comizi. Il presidente Macron si esprime sulle questioni internazionali, ma lascia trapelare ben poco sugli orientamenti che vuol dare al suo secondo mandato sui temi che sono maggiormente d’attualità, ossia il potere d’acquisto, l’inflazione, l’educazione, la salute, l’ecologia e le pensioni. Ha scelto una linea prudente, un po’ perché non può presentare alcun progetto legislativo, visto che il parlamento non è ancora attivo; un po’ perché vuol evitare errori che potrebbero incidere sull’imminente voto legislativo. La stessa linea prudente viene adottata anche dal nuovo governo, entrato in funzione lo scorso 20 maggio. Si tratta di una compagine di 27 ministri e segretari di Stato, presieduta da Elisabeth Borne. È la seconda volta che una donna guida il governo in Francia, dopo la socialista Edith Cresson nel 1991, durante il secondo mandato di François Mitterrand. L’équipe comprende alcuni pilastri del vecchio governo, come il ministro dell’economia e delle finanze Bruno Le Maire, o il ministro dell’interno Gérald Darmanin, e presenta alcune novità come il nuovo ministro dell’educazione nazionale Pap Ndiaye, uno storico, specialista delle minoranze e ben visto dalla sinistra, o la nuova ministra degli esteri Catherine Colonna, ex ambasciatrice a Londra e per tanti anni collaboratrice di Jacques Chirac.
In questa apparente tranquillità è emersa con molta forza la presa di posizione di Jean-Luc Mélenchon, il leader della «France Insoumise», la prima forza della sinistra radicale. Dopo aver ottenuto il 22% dei voti al primo turno delle presidenziali, lo scorso 10 aprile, Mélenchon dichiarò che le legislative di giugno sarebbero diventate un terzo turno elettorale e invitò i francesi a votare a suo favore in modo da permettergli di diventare primo ministro. Aprì una trattativa con gli altri partiti di sinistra, ossia i socialisti, i verdi e i comunisti. Tre formazioni di cui nessuna, il 10 aprile, era riuscita a superare la soglia del 5%. Dopo poco tempo, i quattro partiti trovarono un accordo elettorale sotto l’etichetta «Nouvelle Union populaire, écologique et sociale» (Nupes). La nuova intesa nasconde alcune forti divergenze programmatiche, in particolare sull’Europa, e ricorda tentativi analoghi avvenuti in passato, come negli anni Settanta con François Mitterrand e i comunisti. L’obiettivo dichiarato della Nupes è di ottenere la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, in modo da poter varare un governo presieduto da Mélenchon.
Lo stesso obiettivo vien perseguito dal partito del presidente Macron, «La République En Marche» (LREM) e dai suoi alleati, la formazione centrista del MoDem di François Bayrou, e Horizons, il partito dell’ex primo ministro Edouard Philippe e oggi sindaco di Le Havre. A lui viene attribuita l’ambizione di voler conquistare l’Eliseo nel 2027. I tre partiti si presentano sotto l’etichetta «Ensemble» e praticamente occupano tutto lo spazio politico che va dal centro sinistra al centro destra. Possono così attirare la maggior parte dei voti di quell’ampia area moderata, senza la quale è difficile ottenere la maggioranza assoluta, e approfittano della presenza di Macron come presidente in carica. In passato, più volte i francesi hanno dato al loro presidente una maggioranza parlamentare per consentirgli di governare e di realizzare il suo programma.
L’intesa elettorale non è avvenuta, invece, nella destra radicale. Il partito dominante in quell’area, il «Rassemblement National» di Marine Le Pen, non ha accettato di scendere a patti con il partito «Reconquête» di Eric Zemmour. Le due formazioni presentano candidati che si oppongono in quasi tutte le circoscrizioni. Le rivalità personali tra i due leader e la volontà di Marine Le Pen di cancellare la presenza politica del suo avversario, sono all’origine del disaccordo e creano una situazione che riduce drasticamente la possibilità per l’estrema destra di ottenere una forte presenza parlamentare.
I sondaggi sulle intenzioni di voto indicano che le preferenze degli elettori si portano prevalentemente su tre diverse aree politiche: sui partiti dell’estrema destra, sulle formazioni che sostengono il presidente e sui partiti dell’alleanza di sinistra. Queste tre aree insieme si accaparrano tre elettori su quattro e vantano più o meno la stessa percentuale di voti. Non vantano però lo stesso numero di possibili deputati, a causa del sistema elettorale a due turni e delle modalità che lo caratterizzano. Le proiezioni danno per ora un leggero vantaggio ai partiti che sostengono Emmanuel Macron.
Intanto il leader della «France Insoumise» ripete giorno dopo giorno che la vittoria sarà sua, mentre il presidente in carica si limita a citare i problemi che l’eventuale successo di Mélenchon porrebbe in futuro alla Francia. Lo scontro tra i due si è ormai collocato al centro della campagna elettorale e il suo esito segnerà la vita politica francese per i prossimi cinque anni.