Cancellare il Natale non si poteva, non certo per il secondo anno di seguito, e quindi a Boris Johnson (nella foto) non è restato che giocarsi quel poco di credibilità che gli rimane per implorare i britannici di usare il loro leggendario buon senso durante queste feste pericolosamente in bilico sia da un punto di vista politico che sanitario. «Per ora non pensiamo che ci siano sufficienti prove per giustificare misure più rigide prima di Natale», ha spiegato settimana scorsa il premier in un brevissimo messaggio al Paese, chiarendo di non poter escludere che dopo le feste saranno necessarie restrizioni – «attenzione al Capodanno!» – e implorando la gente di vaccinarsi, di testarsi prima di incontrare i parenti, di tenere la mascherina anche al chiuso, aprendo le finestre il più spesso possibile.
Probabilmente il buon senso non è abbastanza in uno scenario in cui da una parte ci sono i contagi alle stelle – il 22 dicembre il numero delle nuove infezioni è balzato per la prima volta da inizio pandemia sopra quota 100’000 – e dall’altra una comunità scientifica secondo cui Omicron infetta di più ed è sì più leggero, con meno rischi di ricovero in generale, ma una volta varcata la soglia della terapia intensiva è letale quanto Delta. Non solo: con i numeri che ci sono, la pressione sugli ospedali è potenzialmente comunque enorme. Gli occhi sono tutti puntati su Londra, dove la situazione è particolarmente incandescente, e dove una volta superati i 400 ricoveri al giorno bisognerà passare a misure più strette per tutto il Paese.
D’altronde Johnson non può fare altro che mostrarsi clemente davanti a un’opinione pubblica che ha preso nota del fatto che l’anno scorso, mentre venivano annullati pranzi e cenoni in tutto il Paese, e molta gente si preparava a trascorrere le ferie in solitudine, il team di Downing street si concedeva un’allegra festa «con vino e formaggio», come confermato tra le risate dalla ex portavoce Allegra Stratton durante una simulazione di conferenza stampa che, una volta resa pubblica, l’ha portata alle dimissioni tra le lacrime. E vino e formaggio sono anche tornati sotto i riflettori con le foto del giardino di Downing street nel maggio del 2020, un altro periodo di assoluto isolamento per i britannici, con diciannove persone, tra cui Boris Johnson e la moglie Carrie, non troppo distanziate che si godevano il sole mentre per il resto del Paese ogni contatto umano era proibito.
Il premier ha cercato di spiegare che stavano parlando di lavoro, ma i britannici, esasperati come tutti da due anni di pandemia, sembrano ormai sempre più convinti che ci siano due pesi e due misure, che le regole rigide che valgono per tutti non siano applicate alle persone che le impongono: Boris e i suoi fanno quello che vogliono. La regina Elisabetta, rimasta vedova da poco e quindi esempio perfetto di persona che quest’anno avrebbe più che mai bisogno di un Natale in compagnia, ha deciso di abbandonare il progetto di un festeggiamento allargato a Sandringham, tenuta di sua proprietà, per restare al castello di Windsor come necessaria precauzione alla luce dell’avanzata di Omicron. E soprattutto, si sospetta, per dare quel buon esempio che da leader impeccabile sa di dover dare per mantenere intatta la sua credibilità.
A Johnson questo istinto fino ad ora è sembrato mancare. La strategia britannica, dall’inizio della pandemia o quasi, è sempre stata quella del «tutto o niente», dalle metropolitane zeppe di gente senza mascherina ai lockdown infiniti con Londra spettrale e deserta per mesi, nel tentativo vano di accontentare tutti, senza mezze misure. Ma una nuova stretta rischia di rendere ancora più traballante la posizione del premier all’interno di un partito conservatore che vive con insofferenza qualunque restrizione delle amate libertà (come se ci fosse un’alternativa).
La protesta più veemente il premier l’ha avuta con le dimissioni di Lord Frost, il falco negoziatore per la Brexit, uscito di scena poiché contrario alla «direzione di viaggio» intrapresa dal Governo su questioni generali come l’assetto del Paese una volta uscito dall’Unione europea e le «misure coercitive» messe in atto nella lotta a Omicron. Su quest’ultimo punto Johnson ha subito una sconfitta parlamentare, a riprova che i Tories continuano a vedersi sempre più come un partito liberista piuttosto che un partito responsabile, come dimostrato già con la Brexit. E anche l’appeal dell’ex sindaco di Londra sta venendo meno, come documenta lo schiaffo ricevuto alle elezioni suppletive nello Shropshire, dove un seggio saldamente in mano ai Tories da 200 anni è finito ai LibDem il 16 dicembre scorso.
«Gli assassini prendono tempo», osservano a Westminster, dove tutti si chiedono quale sarà il futuro di un premier che deve contare sui voti laburisti per reggersi in piedi in un Parlamento più polarizzato che mai. Dalla sua parte ha il fatto che non ci sia un’alternativa chiara, visto che un’eventuale sfida per la leadership si trasformerebbe in una corsa al ribasso sul Coronavirus, una gara a chi abbraccia la linea più permissiva. Come si è visto sulla Brexit, questo porta a quel particolare tipo di catastrofe che sono le promesse campate in aria, impossibili da mettere in atto nella realtà, vedi caso dell’Irlanda del Nord, su cui Johnson ormai è diventato una colomba, pronto a fare concessioni pur di sbloccare la situazione delle relazioni commerciali con l’Ue e migliorare i rapporti con l’Amministrazione Biden.
In sostanza, fino a quando non si staglierà un’alternativa vera all’inquilino di Downing street continuerà questa situazione di instabilità e attacchi frontali, così simile a quella che toccò in sorte in un tempo neppure troppo remoto a Theresa May. Omicron è l’ennesimo bastone tra le ruote di un premier eletto per il suo ottimismo e la sua facilità nel rialzarsi dalle situazioni più difficili. Secondo il rapporto degli esperti scientifici del comitato britannico per la sicurezza sanitaria, si tratta di una variante sicuramente più contagiosa, anche se i sintomi sarebbero effettivamente più lievi, vuoi per via dei vaccini o per via del fatto che ormai molti britannici hanno già contratto il Covid. Due dosi non bastano, ma con tre il miglioramento nella protezione è significativo. Anche il rischio di ricovero sarebbe, sempre per gli stessi motivi, inferiore. Ma purtroppo, una volta contratta la malattia in forma grave, sarebbe pericolosa esattamente quanto Delta. Il Regno unito, simile all’Italia per popolazione e percentuale di vaccini, sta facendo da cavia in una situazione che angoscia tutta Europa.
Omicron e i pasticci di Boris Johnson
La popolarità del premier britannico cala drasticamente tra scandali e fronde interne, ma un’alternativa ancora non c’è
/ 27.12.2021
di Cristina Marconi
di Cristina Marconi