Oggi più che mai: attenti al lupo!

In Svizzera il primo luglio sono entrate in vigore nuove misure per facilitare l’abbattimento degli esemplari più aggressivi. Ma il dibattito politico rimane aperto e di certo ancora molto animato
/ 10.07.2023
di Roberto Porta

Lupo, estate 2023: che sia l’inizio di un nuovo capitolo, da quando questo predatore è riapparso nel nostro Paese? Sembrerebbe essere il caso se si guarda a quanto deciso dal Consiglio federale, che lo scorso 2 giugno ha definito la presenza sempre più diffusa del lupo «un serio problema soprattutto per le regioni di montagna». Quel giorno il nostro Governo aveva presentato un pacchetto di nuove misure decise per facilitare l’abbattimento dei lupi più aggressivi, ed entrate in vigore il primo luglio. Nel concreto è stata ridotta la cosiddetta «soglia del danno», il limite di animali predati che fa scattare la possibilità di dare la caccia a questo mammifero. Per i lupi che si muovono solitari sul territorio, per esempio, questa soglia è stata portata da dieci a sei predazioni. L’abbattimento dovrà comunque ancora essere approvato dall’Ufficio federale dell’ambiente, su richiesta dei Cantoni. Cosa che prolunga i tempi di intervento, con il rischio di non trovare più il lupo in questione o di abbattere quello sbagliato. Si tratta di una soluzione-ponte, il Governo è intervenuto in attesa che entri in vigore la revisione della legge federale sulla caccia, approvata dal Parlamento lo scorso mese di dicembre. Una riforma che introduce maggiori possibilità per la regolazione dei lupi, che potranno essere abbattuti anche in modo preventivo, se rappresentano un pericolo per gli esseri umani o per l’allevamento e se le misure di protezione – recinti o cani da gregge – dovessero rivelarsi inadatte. Senza però mettere a rischio la presenza del lupo nel nostro Paese, come aveva sottolineato in aula l’allora consigliera federale Simonetta Sommaruga.

Contro questa modifica di legge era stato lanciato un referendum che però non è riuscito a raccogliere le 50mila firme necessarie, questo perché le principali organizzazioni ambientaliste, e pro-lupo, non lo hanno sostenuto, considerando quanto elaborato dal Parlamento un «giusto compromesso». Il lupo rimane una specie «assolutamente protetta», anche se si apre ora la possibilità di una maggiore regolazione della sua presenza. Fin qui quanto deciso da Governo e Parlamento. A fine giugno, e qui cambiamo fronte, il cosiddetto Gruppo Lupo, la voce dei grandi predatori nel nostro Paese, ha pubblicato alcune cifre relative ai primi sei mesi di questo 2023. Dati che dimostrano come il numero di predazioni sia in diminuzione, e questo in Vallese e nei Grigioni, gli unici due Cantoni presi in considerazione, con il Ticino quelli in cui vive il maggior numero di lupi. In Vallese e nei Grigioni gli attacchi agli animali di allevamento sono diminuiti del 55% e rispettivamente dell’80% rispetto all’anno scorso. Un calo netto che è dovuto alla presenza sempre più numerosa di cani da gregge, questo almeno ritiene il Gruppo Lupo. Ed è un po’ quanto dicono anche altre associazioni ambientaliste che pur approvando il nuovo corso di Governo e Parlamento sottolineano l’importanza delle misure di protezione.

Anche il WWF per esempio ritiene che «per garantire una convivenza pacifica tra l’uomo e i grandi predatori è necessario, in particolare, proteggere le pecore e le capre durante l’alpeggio estivo». E così ci ritroviamo con il Consiglio federale e con il Parlamento che varano norme per favorire l’abbattimento dei lupi mentre, sul fronte opposto, emerge una vigorosa sollecitazione a mettere in campo tutte le forze necessarie per la protezione degli animali di allevamento, così da evitare di dare la caccia al predatore. Una contraddizione, a prima vista, o forse semplicemente la prova che l’economia alpestre si trova in una fase di transizione epocale, in cui non si è ancora trovato il giusto equilibrio, e nemmeno i mezzi più efficaci, per gestire la presenza del lupo, con gli allevatori che continuano a essere molto preoccupati per il futuro delle loro attività. E qui val la pena ricordare quanto capitato nel corso degli ultimi 150 anni.

Il lupo è riapparso nelle nostre montagne verso alla metà degli anni Novanta del Novecento. Un secolo prima era stato completamente eliminato. Oggi in Svizzera ci sono 26 branchi e circa 250 lupi, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente. Un numero in crescita esponenziale, basti dire che nel 2018 i branchi erano soltanto quattro. In appena cinque anni il loro numero è dunque aumentato di ben sei volte. In questi decenni la Svizzera non ha adottato nessuna misura attiva per favorire l’insediamento dei lupi sul proprio territorio, l’aumento del loro numero è dovuto unicamente alla riproduzione e all’immigrazione. E alla loro ampia protezione. Questo per sommi capi il quadro generale della situazione su questo fronte, con un dato di fatto ormai certo: il lupo è tornato nel nostro Paese per rimanerci. Chi vive di economia alpestre è dunque chiamato a immaginare misure sempre più efficaci per proteggere al meglio i propri animali, con l’aiuto di consulenti in materia e il supporto anche economico dell’autorità pubblica. Una sfida di certo gravosa, anche perché in questa trasformazione strutturale c’è una lacuna da colmare: la scarsità di manodopera, sia umana – il numero di pastori non è sufficiente – sia animale, visto che mancano anche i cani da gregge. Non per nulla in Vallese si è dato il via negli scorsi mesi ad un programma supplementare di formazione per cani da protezione. Un progetto che ha portato ben 43 cani ad ottenere la «patente» per poter lavorare sui pascoli d’alta quota. Forze nuove che andranno ad aggiungersi ai 57 cani già attivi sugli alpeggi di quel Cantone. Quest’anno in Vallese la stagione estiva è iniziata dunque con un rinforzo più che opportuno ma che non sarà ancora sufficiente a soddisfare le richieste. Basti dire che gli alpeggi in Vallese sono quasi 160 e che, solo per quanto riguarda le pecore, ci sono circa cinquantamila capi da proteggere.

La nuova «patente» deve inoltre ottenere il via libera da parte dell’Ufficio federale dell’agricoltura, solo così l’impiego di questi cani potrà essere sovvenzionato da parte della mano pubblica, visto che tutto questo per gli allevatori significa anche dover far fronte a costi supplementari. Un riconoscimento che dovrebbe giungere a breve, così almeno assicurano le autorità vallesane. Va anche detto che questo secondo corso per cani da protezione prevede anche una formazione per noi esseri umani, per imparare a comportarci con questi cani che hanno il compito di difendere le greggi. Un elemento anche questo essenziale per chi vuole continuare a frequentare le montagne in sicurezza. L’arrivo del lupo, la trasformazione strutturale dell’economia alpestre e la presenza dei cani da gregge hanno infatti delle conseguenze dirette anche sul turismo di montagna e sull’escursionismo. Meglio dunque essere preparati, i nostri monti si sono fatti più selvaggi. Sul tema «lupo» è comunque in corso una raccolta di firme per un’iniziativa popolare che chiede di fare di questo predatore «una specie cacciabile tutto l’anno», eccezion fatta per il Parco Nazionale. In altri termini, il dibattito politico rimane aperto e di certo ancora molto animato.