Nuovo presidente per una situazione delicata

Credit Suisse - Perdite miliardarie costringono la banca a un grosso sforzo in un ambiente internazionale che sta diventando di nuovo difficile per la Svizzera
/ 10.05.2021
di Ignazio Bonoli

Il Credit Suisse, la seconda banca svizzera per importanza, sta di nuovo conoscendo grossi problemi. Forse non era questo il momento più opportuno, alla vigilia del cambio del presidente del Consiglio d’amministrazione Urs Rohner, che lascia il posto al capo della Banca Lloyds Antonio Horta-Osorio. La banca svizzera era da poco uscita da un affare poco chiaro di spionaggio interno, il cui seguito è comunque costato il posto al capo della direzione generale Tidjane Thiam.

Ma il periodo di difficoltà viene anche da più lontano. Per esempio il 20 maggio 2014 si viene a sapere che la banca è colpita da una multa di 2,8 miliardi di dollari negli Stati Uniti, a causa di «attività criminali». Ma le difficoltà non finiscono qui. Da quando, nel 2011, Urs Rohner assume la presidenza del CdA, tra multe e spese giudiziarie ha dovuto sborsare oltre 13 miliardi di franchi, secondo una valutazione della piattaforma informatica «The Market».

Ma altri grossi impegni finanziari si presentano alla banca, dovuti alle disavventure di due fondi d’investimento. Il «Financial Times» ha valutato questi impegni in circa 7 miliardi di dollari. Ma può una banca perdere così tanto denaro in così poco tempo?

Un vecchio adagio borsistico recita lapidario «Non ci sono guadagni senza rischi». E il Credit Suisse aveva un grande bisogno di guadagnare per sollevarsi dalle precedenti disavventure. Non solo, ma il fatto di far parte , in Svizzera, della ristretta cerchia dei «Too big to fail», cioè le banche sistemiche, la costringe ad aumentare le garanzie e le liquidità.

Il tentativo di risolvere il problema ha portato il comparto «Investimenti» del CS a investire somme ingenti, dapprima nel britannico «Greensill Capital» e poi nell’americano «Archegos Capital Management», entrambi collassati, trascinando con sé anche altri grandi istituti come la giapponese Nomura e la stessa UBS. L’altra grande banca svizzera ha infatti dovuto annunciare perdite per 774 milioni di dollari. Le reazioni sui mercati non si sono fatte attendere. Ma mentre UBS ha potuto segnalare un eccellente risultato trimestrale, il CS ha già dovuto registrare parte della perdita nei propri risultati. Il corso dell’azione del CS, in una decina d’anni, ha perso circa il 70%. Dire poi che i riflessi mondiali sulla piazza finanziaria svizzera non siano dei migliori è lapalissiano. Così, mentre il fisco americano ha annunciato un nuovo procedimento contro il CS per aiuti a frodi fiscali, lo stesso presidente Joe Biden ha nuovamente catalogato la Svizzera fra i paradisi fiscali, alla stregua delle isole Cayman. 

Pronta in questo caso la reazione di Berna, che segnala che la Svizzera si è adeguata da tempo alle norme internazionali sul riciclaggio di denaro, la trasparenza e anche sulla fiscalità, contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti o, perlomeno, in alcuni Stati federali.

Ma per tornare alla vicenda del Credit Suisse, il presidente uscente Urs Rohner, in occasione dell’assemblea degli azionisti, si è scusato per quanto avvenuto, pur non assumendosene la responsabilità. Anche in questa occasione alcune teste dirigenti sono cadute, ma l’errore di fondo di lasciare troppa libertà al comparto «Investimenti» non è stato (ancora) risanato. Se ne rende conto il nuovo presidente Antonio Mota de Sousa Horta-Osorio come sia lungo e difficile ricostruire quanto si può perdere in una notte. Il quale, rivolgendosi per la prima volta all’assemblea, ha detto di aver vissuto parecchie crisi bancarie, ma mai come quella che si è trovata fra le mani in solo otto settimane.

Il 56enne portoghese gode di una vasta esperienza bancaria e ha già messo il dito nelle piaghe da risanare. Intanto ha visto che la gestione dei rischi da parte del Management competente avviene caso per caso. Si dà però che «i casi» siano numerosi e i due citati sono solo gli ultimi di una serie. Da qui deve passare l’opera di risanamento, rendendo ogni collaboratore responsabile e riportando alla banca intera la responsabilità dei rischi. Si dovrà rimettere in causa il modello di banca, che può passare dalla «One Bank Strategy» a varie altre possibilità, compresa la scorporazione dell’unità svizzera dal resto delle attività mondiali. Non ha risparmiato critiche al Consiglio d’amministrazione, che è mancato al suo dovere di sorveglianza, in particolare proprio nel settore dei rischi. Da rivedere anche la struttura delle rimunerazioni, non abbastanza collegate al successo della banca. Ha inoltre citato i grandi azionisti, spesso favoriti dal CdA, sul sostegno dei quali si poteva in seguito sempre contare. Riuscirà il nuovo responsabile a risolvere i molti problemi connessi? Nel mondo finanziario internazionale c’è chi dice che proprio in queste situazioni Horta-Osorio mostra le sue migliori qualità.