Sulla richiesta d’acquisto di nuovi aerei da combattimento, fautori e contrari si trovano su posizioni ideologiche inconciliabili. È uno scontro che si ripete puntualmente da anni. Il 27 settembre prossimo è in gioco un credito di 6 miliardi di franchi per l’acquisto di un numero imprecisato di caccia, destinati ad «assicurare la missione di difesa dell’esercito» e «garantire la protezione della popolazione». Una necessità imprescindibile per gli uni, un lusso inutile e una priorità sbagliata per gli altri. Il Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE), il Partito socialista e i Verdi hanno impugnato il referendum.
Il progetto d’acquisto sembra incontrare i favori di una solida maggioranza. Secondo il primo sondaggio dell’istituto di ricerca gfs.bern, effettuato per conto della SSR, se si fosse votato nella prima metà di agosto, il 58% degli interrogati sarebbe stato sicuramente o tendenzialmente favorevole, il 29% contrario o piuttosto contrario, con un 3% di indecisi. Stando a un precedente sondaggio del gruppo Tamedia, solo il 50% degli interrogati era favorevole e il 47% contrario. La tendenza ad approvare il decreto sugli aerei si starebbe dunque consolidando.
Sei anni dopo la bocciatura alle urne (53,4% di no) dell’acquisto di 22 caccia svedesi Gripen, per una spesa di 3,1 miliardi, i cittadini sono nuovamente chiamati a pronunciarsi sull’acquisto di nuovi aerei da combattimento per confermare così la volontà della Svizzera di continuare a proteggere autonomamente i propri cieli. Stavolta, però, gli elettori non devono decidere su un velivolo specifico, bensì su un decreto che riguarda una decisione programmatica e un limite di spesa per i nuovi velivoli. Ciò che ha portato i fautori del referendum a parlare di «assegno in bianco» al quale, evidentemente, si oppongono.
Ogni Paese neutrale e sovrano possiede le proprie forze aeree, le quali includono aerei da combattimento funzionali. I velivoli attuali sono in servizio dal 1978 e dal 1996. I loro margini di operatività si esauriranno fra il 2025 e il 2030. I 26 F-5 Tiger in dotazione alle nostre forze aeree hanno già 40 anni e sono ora sfruttati solo per scopo di addestramento. I 30 F/A-18, operativi dagli anni Novanta, possono invece essere impiegati per qualsiasi funzione di polizia e di difesa aerea, sebbene la loro manutenzione sia sempre più complessa e costosa. Con il trascorrere degli anni, diminuisce la probabilità che possano tener testa a caccia moderni.
Oltre al suo ruolo di difesa, in tempo di pace l’aviazione militare svolge anche compiti di controllo e fornisce servizi di assistenza, proprio come la polizia a terra. Le forze aeree garantiscono la sicurezza durante le conferenze e aiutano gli aerei in difficoltà. Solo sostituendo la flotta attuale, obsoleta, si potrà continuare a garantire la protezione della popolazione, sottolineano il Consiglio federale e la maggioranza del parlamento. Se il popolo respingerà l’acquisto di nuovi velivoli, dal 2030 la Svizzera non avrà più una copertura aerea e non sarà più in grado di adempiere il mandato di difesa dell’esercito.
Si tratta dunque di procedere al rinnovo complessivo della flotta. Il decreto sottoposto al cittadino fissa in 6 miliardi di franchi il volume finanziario massimo. Berna garantisce che sia l’acquisto che il funzionamento dei nuovi aerei saranno finanziati esclusivamente con il budget ordinario dell’esercito e sarà ripartito, rispettivamente, su 10 e 30-40 anni. Non ci sono crediti supplementari o speciali, né altri settori sostenuti dallo Stato vedranno i loro fondi diminuire a causa di questa spesa. Il decreto in votazione prevede che l’acquisto dei velivoli sia coordinato con quello parallelo di un sistema per la difesa terra-aria a lunga gittata.
Se il decreto fosse accolto, la scelta del modello e del numero di aerei da acquistare spetterebbe poi al Governo. Il processo d’acquisto richiederà circa un decennio. I nuovi aerei saranno dunque operativi verso il 2030, in concomitanza con la messa fuori servizio degli ultimi F/A-18. Il decreto regola anche la questione delle commesse che il produttore dei nuovi aerei dovrà assegnare alla Svizzera nella misura del 60% del prezzo d’acquisto. Quindi, il Consiglio federale dovrà ripartire le commesse, per quanto possibile, nella misura del 65% alla Svizzera tedesca, del 30% alla Romandia e del 5% alla Svizzera italiana. La scelta del velivolo non è ancora stata fatta. Quattro i caccia che potrebbero essere presi in considerazione: il Rafale del francese Dassault, l’Eurofighter dell’europeo Airbus e i due aviogetti americani, il Super Hornet di Boeing e l’F-35A di Lockheed-Martin.
I promotori del referendum, come già altre volte quando erano in gioco temi militari, contestano l’entità della spesa. Essi sono convinti che l’onere complessivo di una flotta di aerei da combattimento, almeno secondo i loro esperti, ammonti al quadruplo del prezzo di acquisto, ossia a 24 miliardi di franchi (18 miliardi secondo il Dipartimento federale della difesa). Una cifra avanzata pur non conoscendo né il numero di aerei, né quale velivolo verrà acquistato.
Nel contempo, gli avversari deplorano però che i cittadini siano chiamati a pronunciarsi sulla spesa senza conoscere, appunto, i particolari dell’acquisto. Per questo parlano di un assegno in bianco di 6 miliardi. Il denaro speso per i nuovi aerei da combattimento – affermano – mancherà in altri campi come l’educazione, la salute, la sicurezza pubblica, il sociale o la cultura. Si tratta pure di un’argomentazione che la sinistra e i Verdi estraggono puntualmente dal cilindro ogni volta che si parla di spese militari. Gli oppositori rammentano poi che oggi bisogna essere preparati ad affrontare ben altre minacce realistiche come le situazioni di emergenza, le catastrofi, i ciberattacchi, le pandemie o cambiamenti climatici.
A loro modo di vedere, occorre prendere in considerazione i principi della politica di sicurezza. Orbene, essi sono convinti che moderni aerei da combattimento siano inutili e superati. Per i sostenitori di una Svizzera senza esercito (GSsE), il servizio di polizia aerea può essere assicurato dagli attuali F/A-18. Socialisti e Verdi sarebbero al massimo disposti, per una piccola parte dei costi, ad acquistare un velivolo d’addestramento, che potrebbe assumere pure una parte dei compiti di sorveglianza.
I fautori del referendum non negano che la Svizzera abbia bisogno di un servizio di polizia aerea, ma aerei da combattimento pesanti «non sono in grado di proteggerci da buona parte delle minacce attuali». Essi rimproverano al Consiglio federale di non aver esaminato seriamente possibili alternative, come l’acquisto di aerei da combattimento leggeri che hanno il pregio di essere meno costosi, più ecologici e meno rumorosi.
Ciò che invece il Consiglio federale ha fatto, respingendo tutte le alternative possibili, come aerei da addestramento, elicotteri o droni. Tutti sono classificati dal Dipartimento della difesa come inadatti per assicurare la missione della polizia aerea, siccome non possono volare né abbastanza in alto, né abbastanza velocemente. Inoltre, non dispongono dell’armamento e dell’equipaggiamento necessari per intervenire a titolo di polizia o di difesa aerea.
Per la ministra della difesa Viola Amherd, l’acquisto di aerei da combattimento leggeri meno costosi – come proposto dal PS – è inutile per garantire il servizio di polizia dei cieli e ancora meno per proteggere la Svizzera in caso di crisi. L’aviazione interviene se un aereo si trova in una situazione critica o se non rispetta le regole. Quando Ginevra ospita una conferenza internazionale sulla pace, i caccia dell’esercito sono permanentemente in volo.
Prima donna a dirigere il Dipartimento federale della difesa (DDPS) Viola Amherd ha recentemente fatto valere anche in Ticino la necessità di acquistare nuovi aerei da combattimento. Rispondendo a coloro che sostengono che costosi aerei non sono necessari, ha dichiarato che non «sappiamo come sarà la prossima crisi e quale sarà la situazione internazionale dopo il 2030, ma sappiamo in che stato si trovano le nostre forze aeree». Inoltre, è assodato che avremo sempre a che fare con una grande varietà di minacce, per motivi di instabilità.
La situazione attuale mostra proprio quanto siano instabili alcune regioni del mondo. Anche in futuro l’esercito dovrà quindi proteggere la popolazione da minacce e pericoli di vario genere, tra cui anche gli attacchi aerei. Per farlo, dovrà disporre di un equipaggiamento e di mezzi moderni, che proteggano anche lo spazio aereo. Obiettare che all’orizzonte non ci siano pericoli o minacce è da irresponsabili. La rinuncia alla sicurezza fornita da un’efficiente copertura aerea può essere interpretata soltanto come un ennesimo malcelato tentativo di abolire l’esercito in Svizzera. Ma allora diciamolo a chiare lettere.
Non è la prima volta
Già in passato gli svizzeri sono stati chiamati a pronunciarsi sugli aerei da combattimento. Nel maggio del 2014 hanno respinto con il 53,4% dei voti l’acquisto per 3,126 miliardi di franchi di 22 Gripen svedesi, per sostituire gli apparecchi attuali. Allora, la destra non era riuscita a convincere, in nome della sicurezza, della necessità di completare la flotta di F/A-18, dopo la messa in pensione di 54 Tiger. C’era pure stata polemica sulla scelta del velivolo svedese a scapito del Rafale e dell’Eurofighter. Perciò, il Consiglio federale ha ora deciso di limitare il voto del 27 settembre al solo credito da stanziare. Dopo la bocciatura del Gripen, il parlamento ha prolungato la durata d’impiego degli F/A-18, aumentandola da 5000 a 6000 ore per velivolo fino al 2030.
Nel 1993, l’acquisto degli F/A-18 per 3,5 miliardi di franchi venne accolto con una maggioranza del 57,3%. Nel contempo fu respinta l’iniziativa popolare del GSsE «Per una Svizzera senza nuovi aerei da combattimento» che voleva impedire ogni rinnovo dell’aviazione militare fino al 2000. Nel 2008, l’iniziativa popolare di Franz Weber «Contro il rumore degli aerei da combattimento a reazione nelle zone turistiche» (Vallese e Oberland bernese) venne respinta dal 68,1% dei votanti.
Nuovi aerei per sostituire gli F/A 18
Votazioni federali Il 27 settembre gli elettori dovranno pronunciarsi sul credito per l’acquisto di aerei da combattimento in dotazione all’esercito svizzero
di Alessandro Carli