Non siamo più un paradiso fiscale

In Svizzera, il ceto medio e alto dei contribuenti è già sottoposto a tassazioni nella media europea. La riforma dell’imposizione delle aziende, respinta dal popolo il 12 febbraio 2017, ha risollevato il problema, ma non ha contribuito a mitigarlo
/ 20.02.2017
di Ignazio Bonoli

L’avvicinarsi della votazione federale sulla riforma dell’imposizione delle aziende III ha intensificato il dibattito tra favorevoli e contrari. Il tema fiscale è sempre quello che – a ragione – suscita molte discussioni. Senza voler entrare nel merito delle varie prese di posizione, vogliamo evidenziare qui un aspetto, che può apparire marginale, ma è di notevole importanza nelle votazioni popolari sulla fiscalità in Svizzera.

Fin dall’inizio delle discussioni si è rilevato che le aziende che beneficiano oggi di condizioni fiscali particolari danno lavoro a circa 150’000 dipendenti. Queste aziende non avrebbero più avuto i privilegi di cui godono ora, ma avrebbero dovuto accettare una tassazione basata sulle aliquote uguali per tutte. Di conseguenza queste aziende avrebbero pagato di più, mentre altre, oggi non privilegiate, di meno. Lo scopo della riforma era quello di fare in modo che queste aziende non lascino la Svizzera, tra l’altro portando con sé i 150’000 posti di lavoro di cui si diceva e anche l’inevitabile indotto prodotto ora sul posto.

L’eventuale scomparsa di questi posti di lavoro e, di conseguenza, del gettito fiscale dei dipendenti, non è un problema trascurabile se aggiunto all’indotto odierno, comunque difficilmente valutabile in cifre. L’esito della votazione del 12 febbraio non ha risolto il problema, ma ha sicuramente creato nuove incertezze.

Il rischio di perdere importanti entrate, soprattutto nei cantoni è rimasto. Perciò il problema, spesso sollevato nella campagna elettorale, di un aggravio della fiscalità sul ceto medio, mentre prima del voto era solo un’ipotesi, i prossimi tempi potranno dirci se sarà una realtà. Lo sentiranno in particolare i cittadini e soprattutto i contribuenti del ceto medio elevato, qualora si dovessero verificare partenze importanti di aziende o di parti di esse nei cantoni che ne ospitano la maggior parte.

D’altro canto la pressione fiscale in Svizzera è già di per sé in aumento. Se poi si tiene conto anche della parafiscalità (contributi sociali, casse malati, ma anche – per esempio – tasse sulla circolazione e sui carburanti, per non parlare anche della tassazione della sostanza o della diminuzione delle deduzioni fiscali di vario tipo), siamo ampiamente nella media europea, in particolare per i redditi medio-alti. Il ceto medio comincia a sentirlo, dal momento che il fisco incide sulle disponibilità e tende a ridurre o annullare la quota di risparmio.

Secondo la più recente indagine del professor Pascal Hinny di Friburgo, l’aliquota media di imposizione è del 34%. Durante gli ultimi dieci anni è variata tra il 33,7 e il 35%. A che livello venga applicata questa aliquota varia da cantone a cantone, ma in ogni caso per i redditi più elevati. Se poi si aggiungono altri contributi – a questi livelli puramente fiscali – come quelli per l’AVS e le casse malati, entriamo nel novero dei paesi con livelli di tassazione alti.

Il livello di tassazione varia molto da cantone a cantone e anche a livello dei comuni. A Ginevra la tassazione media è il doppio di quella di Zugo. Alcuni comuni del canton Ginevra raggiungono il 46%, mentre il comune zughese di Walchwil applica un’aliquota di imposta del 22,5%. Tra questi due estremi, vi sono differenze anche tra comuni di altri cantoni. Per esempio a Zurigo queste differenze possono raggiungere l’8%. Tuttavia, l’onere fiscale medio totale nei comuni di tutti i cantoni è di circa il 31%. In genere, nei grandi centri, le imposte sono più elevate che nei comuni di periferia.

L’onere fiscale effettivo per i redditi maggiori, con l’aggiunta dei contributi parafiscali, nella media dei capoluoghi dei cantoni, raggiunge il 45%. A questo, in alcuni comuni, va aggiunta anche l’imposta parrocchiale, mediamente dell’1%. Nel confronto internazionale la Svizzera si trova quindi in una posizione media, al di sotto di alcuni paesi scandinavi, ma al di sopra di molti paesi europei e a parità con i più grandi, come Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, e questo senza considerare che in Svizzera va aggiunta l’imposta sulla sostanza e, in alcuni casi, la tassa immobiliare comunale. Per questo si vede che le grandi fortune scelgono spesso il cantone, ma anche il comune più favorevole.

La riforma della tassazione delle imprese avrebbe contribuito in parte ad attenuare le differenze, pur lasciando un certo margine di manovra ai cantoni. È comunque evidente che il tema andrà ripreso al più presto, perché l’OCSE e l’UE non attenderanno più che la Svizzera (già in predicato per una «lista nera») sopprima i privilegi fiscali per le aziende estere. Un adeguamento agli standard internazionali è previsto già nel 2019.