No ai compiti, i ragazzi sono in «multi-crisi»

Alcuni istituti della Svizzera interna propongono di abolirli: i giovani devono avere più tempo libero a disposizione
/ 10.04.2023
di Roberto Porta

«Più compiti, professor Ferrara, più compiti!», così tuonò il direttore della nostra scuola a causa di un «comportamento deplorevole» dell’intera classe che si era permessa di saltare a ranghi completi le ultime due ore di lezione del giorno precedente. A quell’ordine il nostro docente rispose con un perentorio «Provvederemo!» che si tradusse in una cascata di esercizi supplementari, in aggiunta ai compiti canonici che erano già stati assegnati. Erano gli ormai lontani anni Ottanta del secolo scorso e i compiti stavano alla scuola come le equazioni alla matematica, nolens volens facevano parte della quotidianità di ogni allievo o studente, perlomeno fino al termine delle scuole superiori. Da allora di tempo ne è passato parecchio, la scuola continua a trovarsi confrontata con un processo di riforme perenne e anche con discussioni politiche a volte decisamente tortuose. Non solo in Ticino. E di questi tempi, in particolare nella Svizzera tedesca, i dibattiti e anche le polemiche che tengono banco – tra i banchi… – ruotano proprio attorno al tema dei compiti. Con una proposta che arriva dritta, dritta dalla stessa scuola. A Zurigo, Andreas Niklaus, direttore delle Medie e del Liceo Zürich Nord, ritiene che i compiti vadano aboliti. Né più, né meno. A suo dire i compiti devono far parte dell’insegnamento, e quindi essere integrati nelle lezioni e nella griglia oraria dei ragazzi.

Sul tema è stato condotto anche un sondaggio interno a questa scuola, che a livello cantonale è una delle più grandi del nostro Paese, con oltre 2200 allievi. Realizzato negli scorsi mesi, questo sondaggio ha messo in evidenza che ogni giorno la metà degli allievi di questo Gymnasium dedica due ore ai compiti scolastici, con punte che raggiungono le quattro ore durante il fine settimana. Un carico troppo elevato, a detta del direttor Niklaus, che di recente ha voluto portare questa problematica all’attenzione dei suoi colleghi e dell’opinione pubblica. A causa di questo tipo di impegno i ragazzi decidono di sacrificare i loro hobbies, c’è chi per esempio abbandona la pratica di uno sport o chi invece rinuncia alle lezioni di musica. E questo, ritiene sempre il direttore di questa grande scuola zurighese, non va per niente bene. «I ragazzi e le ragazze devono anche poter avere del tempo libero a loro disposizione», ha dichiarato alla «NZZ am Sonntag».

Va detto che su questa scacchiera le pedine si stanno muovendo anche altrove. Sempre a Zurigo anche la Scuola media e il Liceo Hohe Promenade, dove studiano circa 800 ragazze e ragazzi, hanno condotto un sondaggio sul tema dei compiti. E anche in questo caso gli studenti hanno fatto capire che il carico di lavoro dovuto ai compiti a casa è esagerato, soprattutto nei periodi in cui ci sono anche altre cose da fare, come la preparazione degli esami, per esempio, o la redazione di ricerche su temi specifici. La problematica non è solo di natura scolastica, in un contesto in cui aumentano sempre di più le preoccupazioni per la salute mentale dei giovani. Secondo l’Ufficio federale di statistica, le ospedalizzazioni per disturbi psichici dei ragazzi hanno conosciuto una vera e propria esplosione nel periodo 2020-2021, in particolare tra le ragazze e le giovani donne, con un aumento del 26% rispetto al biennio precedente. Tra i maschi l’incremento è stato solo del 6%.

Le cause sono multiple, infatti gli esperti parlano di disturbi dovuti a quella che viene chiamata una «multi-crisi», in cui si intrecciano e si sommano la pandemia, la guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici e la crisi energetica. Per la direttrice di Pro Juventute, Katja Schönenberger, «questa multi-crisi impatta sullo sviluppo psichico dei bambini e dei giovani. Hanno paura, non riescono a capire cosa possa ancora capitare nel prossimo futuro». Emergenze a getto continuo, dunque, che fanno da cornice ad una quotidianità segnata dalla scuola e dalle sue richieste. E i compiti fanno di certo parte di ciò che i docenti esigono dai loro studenti. Da qui l’idea dei due Licei di Zurigo – il Gymnasium inizia in questo Cantone appena dopo le scuole elementari – di togliere i compiti o perlomeno di ridurli di parecchio per diminuire la pressione sui ragazzi. E per evitare di allungare la lista di chi soffre di stress, di depressione o di disturbi alimentari. L’idea è al vaglio di speciali gruppi di lavoro e ha già fatto parlare di sé anche tra le autorità scolastiche, pure oltre i confini del Canton Zurigo.

In diverse altre realtà della Svizzera tedesca si sta discutendo del tema «compiti», tra chi li vorrebbe togliere, chi ridurre e chi invece ritiene che siano uno strumento pedagogico indispensabile, per irrobustire le conoscenze dei ragazzi ma anche per accrescere le loro capacità organizzative. Il lavoro individuale, a casa, serve anche a questo, è stata da varie parti ricordato in questo ultime settimane. Inevitabilmente anche la politica è scesa in campo, a tal punto che nel canton Basilea Campagna una deputata UDC, Caroline Mall, ha già presentato un atto parlamentare per sollecitare il Governo cantonale a presentare delle alternative ai classici compiti scolastici. A suo dire «non è provato che i compiti possano effettivamente accrescere le competenze dei ragazzi». Già in passato, va ricordato, i Cantoni di Basilea città e campagna avevano però rinviato al mittente richieste simili, sicuri che i compiti hanno ancora una loro utilità. Sul tema si è inserito anche chi si occupa di formazione professionale, facendo notare che gli apprendisti lavorano, vanno a scuola e fanno i compiti, senza che questo apparentemente abbia delle influenze negative sulla loro salute psichica.

Insomma il tema ha fatto e farà ancora discutere, perché di fatto è vecchio come la scuola. Anche se i compiti, sotto forma di castigo, come negli anni Ottanta, forse non ci sono più, o molto meno. Si preferiscono il dialogo e il confronto con gli allievi. Senza dimenticare che l’avvento di ChatGPT e di simili tecnologie che si basano sull’intelligenza artificiale potrebbero davvero mettere fuori gioco lo strumento del compito, così come lo abbiamo conosciuto finora. E ciò ci porta a concludere – a mo’ di battuta – con una frase di un regista francese del secolo scorso, Jacques Tati, che ebbe a dire «se la vita è una scuola per favore lasciatemi la ricreazione».