Un giorno o dieci giorni? Gli Svizzeri dovranno pronunciarsi il 27 settembre sull’introduzione di un congedo paternità pagato di due settimane. Se questa richiesta dovesse essere approvata (come lasciano presagire i sondaggi), il nostro paese non sarà più l’unico in Europa a non disporre né di un congedo paternità, né di un congedo parentale.
Il tema in votazione è un controprogetto indiretto all’iniziativa popolare «Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia» che chiedeva l’introduzione di un congedo retribuito di quattro settimane. Seguendo il Consiglio federale, il parlamento ha respinto l’iniziativa, optando per un controprogetto che prevede un congedo di due settimane da prendere nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, in blocco o sotto forma di giornate singole.
L’iniziativa popolare per un congedo di 20 giorni è stata ritirata dal comitato a condizione che il progetto del parlamento sia approvato dal popolo. Nel caso in cui fosse respinto, il Sovrano dovrà pronunciarsi sulla citata iniziativa, evidentemente più costosa. Il referendum contro il congedo di due settimane è stato lanciato dall’UDC e da alcuni giovani del PLR e del PPD.
La nascita di un figlio è un evento importante che cambia in modo duraturo la vita di coppia. Alla nascita, molti padri beneficiano soltanto di uno o due giorni di congedo che possono richiedere a titolo di «congedo usuale», ossia come per un trasloco o un matrimonio. Una situazione anacronistica, che non è più al passo con i tempi, sottolineano governo, parlamento e fautori del progetto.
L’introduzione di un congedo paternità costituisce un segnale forte per la famiglia. Consentirà al neopapà di essere più presente accanto al neonato, di partecipare più attivamente alla nuova dinamica familiare e di alleviare la mamma in certe mansioni. Inoltre – sottolineano ancora i fautori – il congedo paternità favorisce l’equilibrio della coppia e ne beneficerà tutta la famiglia, ma anche l’economia, che non sarà privata di persone qualificate. Le aziende potranno organizzarsi assai facilmente per far fronte a un’assenza di dieci giorni.
La perdita di guadagno legata al congedo di paternità è indennizzata secondo gli stessi principi applicabili al congedo maternità. Hanno diritto all’indennità i padri che al momento della nascita del figlio esercitano un’attività lucrativa dipendente o indipendente. Devono essere stati assicurati obbligatoriamente ai sensi della Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (LAVS) durante i nove mesi che precedono la nascita.
Il congedo è finanziato attraverso le indennità di perdita di guadagno (IPG), ossia prevalentemente con i contributi versati da lavoratori e datori di lavoro. Garantisce l’80% del reddito, ma al massimo 196 franchi al giorno, pari a 2744 franchi per 14 indennità giornaliere. L’attuale contributo alle IPG (0,45%) dovrà aumentare di 0,05 punti, ossia 50 centesimi in più per 1000 franchi di salario, metà dei quali sopportati dal datore di lavoro. Il costo annuo stimato dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali è di 230 milioni di franchi, contro i 420 milioni per l’iniziativa, nel caso in cui il controprogetto fosse respinto.
Gli oppositori fanno sostanzialmente leva sui costi, eccessivi per impiegati e datori di lavoro. Per loro, tutti i salariati vedranno il loro stipendio diminuire per permettere a «qualche persona» di prendere vacanze pagate. Un comitato composto di parlamentari UDC, PLR e PPD, sostenuto da GastroSuisse e dall’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), ha messo in guardia contro nuovi oneri per le aziende. In una conferenza stampa a Berna, il comitato ha spiegato che la Svizzera non ha i mezzi per offrire giorni supplementari di congedo a un numero ridotto di yxpersone. Inoltre, questo congedo non risponde a un’esigenza di politica familiare.
Le assicurazioni sociali sono state istituite per prevenire la povertà e le situazioni di emergenza. Secondo il comitato contrario, la nascita di un bambino non provoca situazioni del genere per il padre. Per il direttore dell’USAM Hans-Ulrich Bigler, oltre ai costi diretti di 230 milioni di franchi, il congedo paternità impone alle aziende costi indiretti tra 500 e 900 milioni. Durante il congedo, molte aziende pagherebbero l’intero stipendio, mentre le IPG coprirebbero solo l’80%. Le PMI non possono permetterselo né dal punto di vista finanziario, né da quello manageriale. Lo Stato non deve immischiarsi negli affari di famiglia. Bigler ricorda pure che le assenze aggiuntive sono problematiche: esse riducono la produttività in un contesto già aggravato dalla pandemia di Covid-19.
L’UDC, contraria, non è tuttavia unita su questo tema. Le sezioni romande sono in disaccordo e si sono pronunciate tutte in favore di un congedo paternità. Per Céline Amaudruz (UDC/GE), il testo presenta solo vantaggi. Per tutti i fautori, si tratta di un compromesso finanziariamente sostenibile e che gode di vasto consenso. Secondo loro è deplorevole il fatto di non voler riconoscere che la condivisione delle emozioni per la nascita di un figlio e l’apprendistato di madre e di padre siano un importante valore sociale, ma anche economico, per tutti. Orbene, questa idea dei sostenitori sembra imporsi in una maggioranza dell’elettorato.
Infatti, secondo un sondaggio dell’istituto gfs.bern, effettuato tra il 3 e il 17 agosto per conto della SSR, il congedo paternità verrebbe accettato a larga maggioranza (63%). Nella Svizzera italiana la quota di favorevoli si attesta al 72%, i contrari al 25% e gli indecisi al 3%. Dunque, la Svizzera dovrebbe unirsi ai paesi europei che, in un modo o nell’altro, riconoscono il congedo paternità. Entro l’agosto del 2022, tutti gli Stati membri dovranno introdurre un congedo paternità di almeno 10 giorni lavorativi, ben remunerato. E la Svizzera non dovrebbe rimanere fuori da questo coro.