Nel futuro della Francia

I compiti che attendono Macron e la sfida delle elezioni legislative
/ 02.05.2022
di Marzio Rigonalli

La Francia continua a essere in campagna elettorale. Dopo le intense settimane che hanno portato ai due turni delle elezioni presidenziali, con la rielezione del presidente Emmanuel Macron (nella foto in alto), l’attenzione e lo scontro politico si sono concentrati subito sulle elezioni legislative, che si svolgeranno il 12 e il 19 giugno. È in gioco la rielezione dell’Assemblea nazionale, il più importante organo legislativo, che comprende 577 deputati. Ed è in gioco la maggioranza assoluta di questa assemblea, che può essere favorevole al presidente, e consentirgli così di applicare il suo programma, senza dover superare troppi ostacoli, ma che può anche essergli sfavorevole, aprendo la porta a una possibile coabitazione.

Dai risultati della rielezione di Macron è emerso un elettorato diviso in tre blocchi. Il primo ha sostenuto il presidente uscente e copre un’ampia area intorno al centro. Il secondo blocco ha votato per Marine Le Pen e racchiude la destra nazionalista e sovranista. Il terzo blocco ruota intorno al 21,9% dei voti ottenuti al primo turno da Jean-Luc Mélenchon e comprende anche i voti di altri partiti della sinistra. I due blocchi usciti sconfitti cercano la rivincita e si battono per ottenere la maggioranza all’Assemblea nazionale. Mélenchon, per esempio, si è già autocandidato a primo ministro, se gli elettori, a giugno, premieranno il blocco della sinistra.

Intense trattative sono in corso per tentare di superare gli antagonismi, le rivalità e per trovare un compromesso. Sono in gioco la designazione delle candidature, il sostegno a candidati che non sono del proprio partito e il futuro finanziario dei partiti. Ogni formazione politica riceve un importo finanziario per i prossimi cinque anni correlato al numero dei voti che otterrà alle prossime elezioni. All’estrema destra, il principale nodo è la rivalità tra il Rassemblement national di Marine Le Pen e il partito Reconquête di Éric Zemmour. Le due formazioni nuotano nelle stesse acque ideologiche, ma la rivalità personale tra i due principali leader è forte. Durante la campagna elettorale Zemmour ha più volte attaccato Le Pen, accusandola di non essere capace di battere Macron, e la sera del secondo turno, pur proponendo l’unione tra le due forze, ha parlato dell’ottava sconfitta elettorale che caratterizza ormai il nome Le Pen. A sinistra, Jean-Luc Mélenchon ha teso la mano agli ecologisti, ai socialisti e al partito comunista, invitandoli a riunirsi in quella che viene definita la nuova «Union populaire». Il tentativo è audace e può riuscire soltanto se verranno superati ostacoli importanti come le differenze che caratterizzano i programmi elettorali di questi partiti, la loro diversa presenza sul territorio e le rivalità personali.

Intanto i francesi attendono con impazienza le prime decisioni del loro presidente. Chi sarà il nuovo primo ministro? Sarà una donna, come molti auspicano? E chi guiderà i principali ministeri? Il nuovo capo del governo sarà probabilmente una personalità con un’ampia esperienza, capace di guidare le forze politiche che sostengono Macron senza mettere in ombra il presidente. Molti attendono anche alcune mosse a sorpresa, come l’arrivo di nuove personalità di destra o di sinistra, destinate a ricomporre il paesaggio politico e a rafforzare la maggioranza del presidente. Sarà interessante vedere che cosa succederà con il partito socialista e con il partito dei repubblicani, due formazioni che hanno sempre svolto un ruolo di primo piano, ma che alle ultime presidenziali si sono fermate sotto la soglia del 5%.

Al di là delle prime importanti decisioni che verranno prese, il compito che attende Macron è gigantesco. La società francese è spaccata in fazioni diverse, difficilmente conciliabili. Il presidente dovrà agire sulle cause delle divisioni, dovrà tener conto di quei milioni di francesi che si sentono dimenticati nelle periferie e nelle zone rurali. Molti di loro stentano ad arrivare alla fine del mese e chiedono maggiore attenzione ai loro problemi. Durante il primo mandato hanno espresso la loro rabbia attraverso le manifestazioni dei «gilet gialli». Poi è arrivata la pandemia con le inevitabili restrizioni. Adesso la guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno fatto esplodere i prezzi del gas, del petrolio e dei principali beni di consumo. Troppe rinunce ormai sono all’ordine del giorno di molta gente, che non si sente né rappresentata né difesa. Macron dovrà compiere un’opera di riconciliazione e anche di rafforzamento della democrazia. Se ci riuscirà, la Francia ritroverà il suo dinamismo e la sua forza d’attrazione. Se fallirà, le porte del potere potranno aprirsi all’estrema destra, che una settimana fa ha raggiunto il suo record storico con il 41,5% dei voti.

Sul piano internazionale il piano di Macron si annuncia più facile. La sua rielezione è stata accolta con sollievo nelle principali capitali europee. Quasi tutti i paesi, a eccezione della Russia e dell’Ungheria, temevano l’elezione di Marine Le Pen perché il suo progetto avrebbe portato alla fine dell’Unione europea e dell’alleanza occidentale sorta dopo l’invasione dell’Ucraina, nonché all’indebolimento della Nato. La leader del Rassemblement national progettava di distruggere l’Ue dall’interno, sostituendola con un’alleanza delle nazioni. Voleva ridiscutere il mercato unico europeo e la contribuzione finanziaria della Francia all’Unione. Avrebbe rinunciato al binomio Parigi-Berlino, vero motore dell’Ue, e avrebbe introdotto la supremazia del diritto francese su quello europeo. Tutte misure che probabilmente avrebbero portato alla «Frexit». Infine prevedeva di uscire dal comando integrato della Nato e di ristabilire un partenariato con la Russia, così come vorrebbe fare anche Orban. La Francia, insomma, sarebbe scivolata nel campo delle dittature e dei regimi autoritari. Con la sua rielezione, Macron continuerà a essere alla guida di una Francia aperta e attiva accanto agli alleati occidentali e potrà operare per l’autonomia strategica dell’Europa nei settori della difesa e dell’energia. Potrà anche proseguire sulla strada della solidarietà economica, approvata l’estate scorsa per far fronte alle conseguenze della pandemia. La ridefinizione degli equilibri strategici internazionali che si sta delineando pone ormai nuove sfide all’Unione europea. Sono sfide che possono essere affrontate con successo soltanto da quei leader che la sostengono e che credono nel suo futuro.