Niente tifosi. A seguire i Giochi olimpici invernali di Pechino, che si apriranno il prossimo 4 febbraio, non ci sarà il pubblico pagante. Lo ha deciso il Comitato olimpico cinese: con un breve comunicato ha annunciato che i biglietti per le gare non saranno più messi in vendita, ma gli organizzatori potranno comunque invitare «gruppi di persone che rispetteranno rigorosamente le misure anti-Covid». È un primo fallimento per l’organizzazione di Pechino 2022, che qualche mese fa aveva annunciato la vendita dei biglietti per le competizioni solo ai cittadini cinesi o residenti in Cina, nel rispetto delle regole sanitarie. Dopo due anni di politica cosiddetta «zero Covid», che punta cioè non alla convivenza con il virus ma alla sua eliminazione dal territorio, Pechino non è riuscito nel suo intento, e cioè quello di trasformare il Paese in una bolla senza infezioni. La variante Omicron è arrivata anche in Cina.
Un mese fa il Paese è tornato in uno stato emergenza. Il 22 dicembre scorso è iniziato un lockdown totale della città di Xi’an, 13 milioni di abitanti, dopo che era stato individuato un focolaio di Covid-19. È stato dato il via alla procedura di contenimento cinese, che prevede test di massa e divieto di uscire dalle proprie abitazioni. Il lockdown a Xi’an ha cominciato a essere alleggerito solo di recente. Nel frattempo, però, altre megalopoli cinesi hanno individuato nuovi casi di Coronavirus, da Tianjin a Dalian, da Shanghai a Shenzhen, e il protocollo applicato dalle autorità per tentare di tenere sotto controllo i contagi è stato lo stesso: chiusure, test di massa, blocco della circolazione.
È un danno d’immagine potente per il Partito comunista guidato da Xi Jinping, soprattutto perché i funzionari cinesi propongono il loro modello di lotta al virus come migliore rispetto a quello occidentale. La propaganda interna, quella rivolta al pubblico cinese, inizia a mostrare le sue contraddizioni in vista degli eventi, particolarmente importanti per la vita pubblica del Paese, che ci saranno nel corso del 2022. A ottobre è previsto il Congresso del Partito comunista, durante il quale Xi Jinping dovrebbe iniziare uno storico terzo mandato. Ma ora la prova del nove sono le Olimpiadi invernali, l’evento con cui la Cina di Xi – dopo aver ospitato i Giochi olimpici estivi del 2008 – voleva mostrarsi al mondo come una potenza ormai influente, responsabile e apprezzata.
Le Olimpiadi, specie nei Paesi dell’Asia orientale, hanno ancora questo significato: al di là della competizione sportiva e del giro d’affari che si muove attorno a sponsor, diritti tv e turismo, si tratta soprattutto di un messaggio al pubblico internazionale. L’immagine di un intero Paese che cerca di intensificare il suo soft power. La Cina del 2008 era una potenza in costruzione che voleva dimostrare di essere pronta a tornare sulla scena mondiale riducendo la povertà, l’inquinamento ecc. Con la scommessa di Pechino 2022 la Cina voleva lanciare un messaggio ulteriore: quello di essere diventata una potenza ormai pronta a superare l’America in termini di influenza ed efficienza.
Il virus e la politica hanno scombinato i piani della leadership. Quando il presidente americano Joe Biden ha annunciato il «boicottaggio diplomatico» delle Olimpiadi cinesi, i funzionari di Pechino hanno replicato che nessuno, ancora, aveva in realtà invitato i rappresentanti istituzionali americani. Ma alla decisione di Washington di inviare solo gli atleti e nessun funzionario pubblico alle cerimonie d’apertura e chiusura hanno aderito anche altri Paesi, tra cui il Canada e il Regno unito, il Giappone e l’Australia: un bel danno d’immagine per la Cina. Sul palco di Pechino ci sarà il presidente russo Vladimir Putin e quello del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev: gli alleati di ferro di Pechino.
Ma oltre al problema d’immagine c’è un problema politico. È facile il paragone con le Olimpiadi estive che erano previste a Tokyo nel 2020 e poi sono state rimandate al 2021: lo scorso anno il Governo giapponese ha dovuto affrontare un’opinione pubblica quasi totalmente contraria alla celebrazione del mega evento sportivo, e il primo ministro Yoshihide Suga ha fatto in tempo a traghettare il Paese fuori dalle Olimpiadi prima di dimettersi. Durante i giorni delle gare, molti – tra atleti e membri dello staff internazionale – hanno lamentato spesso l’eccessiva burocrazia della «bolla olimpica» e la difficoltà di disputare certe gare in un rigido regime sanitario. A leggere i media ufficiali cinesi sembra che invece, nella Repubblica popolare, nessuno si lamenti. È un’impressione, perché sui social cinesi ogni tanto riesce a filtrare l’insoddisfazione, subito repressa e silenziata. E nel frattempo le autorità di Pechino pubblicano continuamente aggiornamenti al già rigoroso protocollo per evitare i contagi. Non solo non ci saranno più i tifosi cinesi sugli spalti delle competizioni, ma tutti i partecipanti saranno blindati dentro a un «circuito chiuso» dal quale non potranno mai uscire, saranno costantemente monitorati e verranno testati ogni giorno, per tutti i giorni di permanenza.
Il Comitato olimpico ha annunciato che la «grande muraglia» della censura di internet verrà sollevata parzialmente per il periodo delle Olimpiadi, e saranno messe a disposizione a pagamento delle schede telefoniche per atleti e staff con Rete libera. Ma diversi analisti hanno segnalato che il Governo cinese potrebbe usare quelle schede per sorvegliare i visitatori e di conseguenza sarà molto difficile che un atleta straniero scriva sui suoi social – normalmente bloccati in Cina – qualcosa che possa infastidire Pechino. Diverse nazionali, da quella americana a quelle olandese e tedesca, hanno chiesto ai loro atleti di evitare di portare con loro in Cina il proprio smartphone personale.
E c’è un’altra questione a complicare il quadro: la cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici invernali si terrà a Pechino nei giorni del Capodanno cinese, nel bel mezzo di una pandemia. Il Governo cinese aveva promesso che quest’anno il Capodanno lunare, il periodo di festività in cui milioni di persone si muovono all’interno della Cina per andare a trovare le famiglie nelle città d’origine, sarebbe stato libero dalle restrizioni, ma già da settimane le autorità locali chiedono ai cittadini di non spostarsi. Il pericolo è che per rispondere a questi fallimenti Xi Jinping, come molti si aspettano, aumenti il controllo e la repressione, soffocando sempre più le libertà.
Nate sotto una cattiva stella
Il 4 febbraio è prevista l’apertura ufficiale delle Olimpiadi invernali di Pechino, intanto aumentano le infezioni da Covid e i dubbi
/ 24.01.2022
di Giulia Pompili
di Giulia Pompili