Miliardi per la crescita, ma previsioni fosche

Italia e Germania (con gli aiuti dell’UE) sono i paesi che stanziano di più con misure di intervento diretto e indiretto (per esempio fiscale). In Svizzera l’intervento più rapido
/ 17.08.2020
di Ignazio Bonoli

Tutti i paesi industrializzati sono alle prese con provvedimenti volti a parare il colpo dagli effetti del Covid-19 e da quelli suscitati dopo le misure per combatterli. A livello mondiale si constata un forte impatto sulla congiuntura, con il prodotto interno lordo (PIL) che dovrebbe calare quest’anno a ritmi piuttosto elevati. In Svizzera, in giugno, sono stati confermati i ritmi di decrescita già previsti in primavera: il PIL dovrebbe scendere del 6,2% e il tasso di disoccupazione annuo medio si fisserebbe al 3,8%. Si tratta del più grave crollo economico dal 1975. Nel prossimo anno si dovrebbe constatare un leggero miglioramento, ma con il PIL ancora negativo nella misura del 5,3%.

In molti altri paesi le previsioni sono anche più pessimistiche. La stessa Unione Europea prevede un calo del PIL dell’8,7% nel 2020 e del 6,1% nel 2021. Parecchi paesi membri mostrano però una situazione peggiore, a cominciare dall’Italia con –11,2%, dalla Spagna con –10,9% e anche dalla Francia con –5,8%. Persino in Germania il PIL subisce un crollo del 6,6%, ma si prevede una ripresa del 10,2% nel 2021. È su queste basi che l’UE ha allestito un piano di sostegno che supera ogni altro intervento finanziario dell’Unione.

Basandosi sui dati del «Bruegel» (il laboratorio europeo e di economia globale di Bruxelles) e su quelli del Fondo monetario internazionale è stata allestita un’analisi delle prestazioni previste da ogni paese in proporzione al prodotto interno lordo di ognuno.

La Svizzera, partendo dalla fortunata situazione di un debito pubblico molto inferiore alla media europea, ha adottato un metodo molto pragmatico. Metodo che ha lo scopo principale di garantire all’economia le condizioni quadro ottimali solite e di intervenire subito nei casi di rigore, concentrandosi sui bisogni dei lavoratori e delle imprese. Alcune di queste misure hanno la durata di alcuni mesi e vengono rinnovate solo se necessario. Inoltre, la Confederazione non ha allestito un vero e proprio pacchetto anti-virus, come altri paesi hanno fatto, utilizzando lo strumento fiscale. Tuttavia, le spese per il lavoro ridotto e l’aiuto immediato, che possono essere paragonabili a misure fiscali, raggiungono il 4% del PIL e superano quelle analoghe della Germania o dell’Austria.

L’uso del rapporto con il PIL nei confronti è necessario per ovviare alle enormi differenze di popolazione, ma anche di potenziale economico di ogni paese confrontato. Anche paesi come l’Olanda, la Danimarca o la Svezia hanno adottato il metodo del soccorso immediato ai lavoratori e alle aziende.

Altri paesi hanno confezionato grossi pacchetti fiscali mirati per esempio a sostenere le industrie-chiave, o la digitalizzazione o ancora una maggiore responsabilità ambientale. La Germania – per esempio – ha raddoppiato il bonus per l’acquisto di auto elettriche. La Francia sostiene l’industria dell’automobile e quella aviatoria direttamente a suon di miliardi.

Alcuni pacchetti contemplano l’anticipo di grossi investimenti pubblici già previsti. Così l’Austria investe molto nelle energie rinnovabili, nella «banda larga» e nell’ammodernamento delle stazioni ferroviarie. In sostanza, molti «pacchetti» sono solo piani che verranno realizzati nel tempo e quindi pagati solo a tappe future. Molti, sull’esempio svizzero, fanno ampio ricorso a linee di credito garantite, che probabilmente, come già visto in Svizzera, non verranno utilizzate pienamente. Si sta inoltre vedendo che risulta talvolta difficile superare gli ostacoli burocratici. In Italia si sentono lamentele per cui i primi stanziamenti d’urgenza non sono ancora stati versati.

Contrariamente alla Svizzera che ha risolto il problema dell’urgenza, per esempio, in Austria solo una parte dei soldi previsti dal «pacchetto» è stata versata. Su tutto questo si innesta il grosso «pacchetto» dell’UE, inizialmente fornito di 540 miliardi di euro, cui si aggiungono 37 miliardi dal bilancio comunitario con diversi scopi precisi.

Interessante vedere come si compongono gli interventi per paese. Per esempio l’Italia a cui tocca il maggior volume (pari a quasi il 50% del PIL) ha una minima parte di misure fiscali, un po’ di più per la dilazione di pagamenti e molto per misure di liquidità e garanzie. La Germania prevede molto di più in misure fiscali, meno in dilazioni e parecchio in misure di liquidità e garanzie. A confronto, gli USA con un intervento di meno del 15% del PIL, puntano quasi esclusivamente su misure fiscali, come del resto l’Austria. La Svizzera suddivide l’intervento in modo equilibrato: 8% circa di misure fiscali, 4% circa di dilazioni e 15% circa del PIL del 2019 in misure di liquidità e garanzie. Sarà anche interessante vedere, a distanza di qualche anno, che effetti concreti queste misure avranno avuto, anche se sappiamo che i fattori esogeni condizionano spesso e volentieri l’evoluzione della congiuntura.