Messico, rifugio di migranti e piccoli fantasmi

Molti latino-americani che sognavano gli Usa perdono le speranze e chiedono l’asilo nel Paese al confine dove vive un esercito di minori non accompagnati. Raggiungere gli Stati uniti rimane difficile, anche senza Trump
/ 26.04.2021
di Angela Nocioni

«C’è una qualità che vi accomuna tutti: il coraggio!». Con queste parole il presidente degli Stati uniti Joe Biden ha salutato qualche settimana fa un centinaio di immigrati durante una cerimonia per la conquista della cittadinanza statunitense. Finiscono qui le belle notizie per le migliaia di persone che premono alla frontiera sud degli Usa in attesa di entrare. Per il momento alla loro speranza di una inversione di marcia sulle politiche d’accoglienza suscitata dall’uscita di scena di Donald Trump non corrisponde una concreta e decisa apertura. È ancora incerta, ad esempio, la sorte che toccherà ai beneficiari dello «status di protezione temporanea» sopravvissuto in scampoli all’Amministrazione Trump.

Alcune cose, certo, sono cambiate con l’arrivo di Biden, ma riguardano una percentuale minima dei tanti in attesa di ingresso. Chi si trova già in un processo avviato di riconoscimento del diritto di asilo può entrare negli Stati uniti, non è costretto ad aspettare oltre frontiera come accadeva con l’ex presidente americano. E le famiglie che hanno attraversato illegalmente il confine, una volta intercettate dalla polizia, vengono detenute, processate e poi lasciate libere negli Stati uniti. Purché, però, possano vantare il «formato famiglia». Se sono singoli individui, no. Succede anche che moltissimi funzionari statunitensi continuano ad usare una regola d’emergenza adottata durante l’era Trump consistente nell’espulsione rapida di tutti gli adulti soli sorpresi come illegali oltre frontiera. Quindi a molti, anche con partner e figli, succede che se vengono fermati in solitaria non viene dato loro il tempo di dimostrare di avere la famiglia in territorio statunitense perché vengono espulsi alla svelta. Per di più gli adulti soli sono la gran maggioranza dei migranti, quindi il sistema spiccio di Trump continua a riguardare moltissime persone.

Intanto decine di migliaia di latino-americani si stanno accalcando al confine. Per il dramma attuale ci sono spiegazioni di congiuntura politica: non solo l’illusione che un presidente democratico alla Casa Bianca possa essere più accogliente di un presidente repubblicano, ma anche la crisi economica aggravata dalla pandemia da Coronavirus al sud del Rio Bravo, le disgrazie causate dal passaggio di uragani in Centro America (in Honduras c’è tanta gente che ha perso tutto) e la crescente paura del crimine organizzato in molti Paesi vicini alla frontiera.

Soltanto nel mese di marzo circa 9 mila persone hanno chiesto asilo al Governo messicano. Si tratta di un record. Mai c’erano state tante richieste in un mese solo, da notare che nell’ultimo trimestre la metà dei richiedenti l’asilo in Messico sono stati honduregni in fuga dalle macerie lasciate dagli uragani passati nel loro Paese nel 2020. Per i migranti il Messico è diventato un approdo finale, non più una tappa del viaggio verso nord. La ragione essenziale è che in Messico è facile entrare, negli Stati uniti no. Ed è anche più facile essere accettati come rifugiati. Il Governo Trump ha accelerato il processo di conversione del Messico in una tappa finale del viaggio verso nord di molti migranti. La strategia più efficace è stata obbligare chi cerca asilo negli Stati uniti ad attendere in Messico l’esame della richiesta da parte delle autorità statunitensi. Aspetta e spera.
Questo sistema, denominato «Protocolli di protezione dei migranti» (Mpp nella sigla inglese), ha di fatto accampato in Messico una quantità sempre crescente di gente, molta della quale finisce per decidere di rimanere lì dove si trova.

Durante l’amministrazione Trump il numero delle domande di asilo in Messico è schizzata dalle circa 14’600 del 2017 alle 70’400 del 2019, secondo i dati del Governo messicano. La pandemia da Coronavirus ha frenato inizialmente i flussi, c’è stata una decelerazione in tutto il mondo e anche in Messico, dove l’anno scorso sono state presentate più o meno 41’200 richieste d’asilo. È aumentato però di molto il numero degli incarti negli ultimi tre mesi. La Commissione messicana di aiuto ai rifugiati (Comar) spiega che il Messico non è più una seconda opzione di rifugio per molti migranti attratti sia dalla possibilità di riunirsi con familiari e amici che, messisi in viaggio anni fa, non sono riusciti ad arrivare negli Usa e si sono fermati prima di varcare il confine, sia dal fatto che comunque anche in Messico esiste una grande domanda di manodopera a basso costo. Oltretutto il tasso di approvazione delle richieste di asilo in Messico è molto più alto che negli Stati uniti: 73 per cento di richieste accolte nei primi tre mesi del 2021 e un altro 7 per cento dei richiedenti ha ricevuto altri tipi di protezione umanitaria. Tra honduregni poi, in fuga dalla miseria post ciclone, il tasso di approvazione delle richieste di asilo ha sfiorato il 90 per cento.

Un capitolo a parte in questa storia riguarda il dramma delle migliaia di minori centro-americani che arrivano da soli alla frontiera nord del Messico. Quasi tutti contano di poter raggiungere un loro genitore negli Stati uniti. Ma quelli fermati prima di attraversare il confine vengono il più delle volte espulsi. Rispediti da dove provengono, da soli. Aspettano in ostelli in Messico per mesi che vengano completati i loro dossier e poi vengono rispediti indietro. La maggior parte dei minori in attesa ha dagli 11 ai 15 anni, ma ci sono anche bambini di 5 anni.

Nel 2018, rende noto il Governo messicano, sono stati oltre 1’300 i bimbi di cui si è registrata l’entrata negli ostelli per minori non accompagnati a Ciudad Juárez, la città limbo tra le due Americhe. Nel 2019 il numero è stato di oltre 1’500 ed è sceso sotto i mille l’anno scorso, causa Covid. Nei soli primi tre mesi del 2021 si sono già contati oltre 570 ingressi di minori non accompagnati a Ciudad Juárez. Perché continuano ad arrivare se è noto che oltre il 70 per cento dei casi si conclude con un ordine di espulsione? Perché esiste un’ultima chance: non presentarsi all’udienza. È quello che fanno quasi tutti gli adolescenti in attesa di verdetto. Scappano e si fermano in Messico. Senza documenti e senza protezione. Un esercito di piccoli fantasmi.