Mai tanti morti ammazzati in Messico come nel 2017. La media nell’ultimo anno è stata di 70 assassinii al giorno: 25’339 omicidi denunciati in dodici mesi. Una media di tre sequestri quotidiani, 5649 casi di estorsione, una media di 35 stupri denunciati al giorno e 26 rapine con violenza ogni sessanta minuti.
Il dato più interessante riguarda l’aumento degli omicidi. È il paradosso della lotta messicana al narcotraffico: da quando ha cominciato ad ottenere risultati la strategia militare contro il narcotraffico, con l’arresto di grossi latitanti, il numero dei morti ammazzati si è moltiplicato. È successo che si è rotto il relativo equilibrio che governava il mondo dei narcos, la spartizione del territorio considerata finora non è più valida e i vari cartelli hanno scatenato una guerra tra loro per aggiudicarsi nuove fette di mercato da sottrarre ad altri. Tra gli arresti e gli omicidi eccellenti quelli dei quattro fratelli Beltrán Leyva (Arturo, Alfredo, Carlos e Héctor), di La Tuta, di Miguel e Omar Treviño Morales.
Oggi uomini come Joaquín Guzmán e organizzazioni transnazionali come il Cartello di Sinaloa simboleggiano il passato: in Messico il mercato della droga è fatto ora da gruppi criminali di medio-piccole dimensioni.
La transizione è cominciata negli anni Novanta. I principali cartelli dell’epoca (quello di Sinaloa, di Juárez, del Golfo, dei Beltrán Leyva) avevano sentito il bisogno di dotarsi di milizie proprie. Los Zetas, in origine braccio armato del Cartello del Golfo, erano guidate e composte da ex militari dell’esercito messicano. La militarizzazione dei cartelli e la parziale autonomia concessa a questi corpi di difesa hanno finito col ribaltare gli equilibri interni della criminalità organizzata: i professionisti della violenza hanno acquisito sempre più peso degli esperti del contrabbando, fino a rivoltarsi contro i padroni e rendersi indipendenti. I cartelli del Golfo, dei Beltrán Leyva, di Juárez e di Tijuana, ma anche gli Zetas, la Familia Michoacana e i Cavalieri Templari, sono stati frammentati in più bande.
Guardando le statistiche ufficiali l’anno peggiore per quantità di omicidi in Messico era finora il 2011, un periodo in cui si sono moltiplicati gli uccisi nel Paese. L’anno scorso il record è stato superato. Sfogliando i dati pubblicati dal governo si nota che negli ultimi 12 mesi, mentre si moltiplicavano gli arresti e le notizie di morte dei grandi capi, il numero degli omicidi denunciati nel Paese andava crescendo.
Questo dato è stato usato dal governo di destra di Peña Nieto per annunciare la decisione di formalizzare in norme l’uso già abituale dell’esercito per svolgere compiti di polizia. È quanto prevede la nuova Legge di sicurezza interna, una normativa di emergenza che è stata fortemente criticata da molte associazioni civili, dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione degli Stati americani che denunciano una eccessiva restrizione delle libertà costituzionalmente garantite.
Il mondo dei narcos si è riorganizzato di fronte all’offensiva militare del governo, supportata sia tecnicamente che finanziariamente dalla Dea, l’antinarcotici americana. La decapitazione dei grandi cartelli narcos ha provocato una atomizzazione delle bande criminali. Chi uccide oggi alla spicciolata in Messico, per strada, sono essenzialmente piccole bande, frammenti delle grandi organizzazioni che si sono sempre spartite il gigantesco affare della droga. Sono in corsa per affermarsi e intanto cercano di ramificare l’attività criminale. Non solo traffico di droga, quindi, ma anche estorsione, rapina a mano armata, tratta di persone.
Il mito dell’esistenza di oasi relativamente tranquille in un Paese squassato dalla violenza armata si è ormai infranto. La leggenda che Città del Messico fosse impermeabile alle grandi azioni militari è definitivamente tramontata l’estate scorsa, quando la parte meridionale della megalopoli è stata paralizzata dal trambusto causato dall’uccisione di un boss.
Non sono considerabili più come luoghi estranei al far west quotidiano nemmeno la Bassa California del sud, la perla del Pacifico (negli ultimi cinque anni il numero degli omicidi si è moltiplicato per quattro: dai 35 assassini del 2012 ai 560 dell’anno scorso), e Cancún: omicidi triplicati in un anno solo, dagli 86 del 2016 ai 220 del 2017. Si sono moltiplicati anche i reati direttamente legati al narcotraffico. Nel 2017, per esempio, si sono stati denunciati 5649 casi di estorsione, 1000 in più che nel 2011. Anche i sequestri sono aumentati. La media è di tre al giorno esclusi i sequestri express solitamente realizzati per portare i malcapitati a fare il giro dei bancomat in poche ore per estrarre tutto il denaro disponibile e liberati subito dopo.
Le statistiche del governo messicano riguardo agli omicidi partono dal 1997. In quell’anno gli assassini denunciati sono stati 46 al giorno in media. Numero destinato a salire, fino ai 61 al giorno del 2011. Poi inizia un lieve calo. Curiosamente l’anno con il dato totale di omicidi più basso è il 2014, anno che all’estero si ricorda per la notizia di due stragi che ha fatto il giro del mondo: la sparizione di 43 studenti a Ayotzinapa e l’uccisione di 15 civili da parte dell’esercito a Tlatlaya.