Meloni e Schlein, duellanti e alleate

In Italia il vento è cambiato: sono due donne le protagoniste assolute della vita politica, con idee molto chiare e radicalmente diverse
/ 27.03.2023
di Alfio Caruso

L’intelligenza superiore alla media e il performante istinto hanno fatto comprendere in pochissimi giorni a Giorgia Meloni e ad Elly Schlein di poter essere l’una la garanzia dell’altra. Le eterne duellanti, ma con il sottinteso che il palcoscenico è soltanto per loro: i «maschietti» possono assistere, al massimo applaudire. Durante il primo confronto alla Camera Schlein lo ha proprio esplicitato: «Lei, Meloni, rappresenta il Governo, io l’opposizione». La partita se la giocano, e se la giocheranno, due donne ritenute ancora giovani, 46 anni Meloni, verso i 38 Schlein, capaci di spazzare via ogni concorrenza dell’altro sesso, benché con percorsi diversi.

Meloni ha portato in dieci anni la sua creatura politica – Fratelli d’Italia – dal 2 al 30 per cento e lo ha fatto in un campo dominato dal machismo più acceso mettendo la museruola prima ai suoi adepti dal petto in fuori poi a Silvio Berlusconi, che le considera soprattutto «femmine» e ne ha una concezione orizzontale, dal letto al tappetino. Schlein, segretaria del Partito Democratico dal 12 marzo, è stato il fulmine più inatteso. Per usare le sue parole: «Qualsiasi cosa io abbia fatto nella mia vita, i più hanno scommesso che sarebbe stato un fallimento». Invece è risultata talmente convincente da sbaragliare una persona perbene e un politico navigato come Matteo Bonaccini, stravotato dai tesserati del PD, ma travolto dagli appartenenti a una Sinistra vogliosa di novità. E cosa c’era di più nuovo di un’esterna agli apparati, non iscritta, dotata di triplice cittadinanza (italiana, svizzera e statunitense), innamorata di un’altra donna, in possesso di un’ottima oratoria con cui coprire lo zenit e il nadir di ogni problema, che ha subito additato al pubblico ludibrio i cacicchi e i capibastone, benché costoro l’avessero sostenuta?

Ma la spinta più forte è provenuta da Meloni: il suo esempio, il suo dominio della scena, l’aver subito ridotto a comprimari gli alleati Matteo Salvini e Berlusconi hanno rappresentato un paragone urticante per i tanti, che a parole si ritengono progressisti. Allora è stato lanciato lo SOS: cherchez la femme per sentirsi ancora à la page e soprattutto per non trovarsi dal lato sbagliato della storia. Appena eletta segretaria del PD, Schlein ha ricevuto una telefonata di complimenti dalla sua occulta alleata. Ha ricambiato dicendosi pronta al raffronto, rivolgendosi direttamente a lei ed escludendo, quindi, dalla competizione qualsiasi altro pretendente. Entrambe godono di un considerevole vantaggio: l’impossibilità di far peggio dei predecessori, a esclusione di Mario Draghi, cui Meloni si ispira nelle scelte internazionali e del quale Schlein ha conservato la scelta più contrastata: le armi all’Ucraina, nonostante i mal di pancia di alcuni alleati.

La rilevanza del cambiamento incarnato da Meloni e Schlein è fotografata da alcuni numeri. Negli ultimi vent’anni in Italia sono avvenuti 3400 femminicidi; una donna su tre nel corso della sua esistenza ha subito violenza fisica o sessuale; gli ultimi dati rilasciati dalla polizia raccontano che ogni giorno 88 donne sono sottoposte a un’aggressione, significa una ogni quindici minuti. Al di là delle soverchierie, resistono arcaici luoghi comuni: gli uomini che inanellano conquiste sono ancora acclamati latin lover; le donne che si comportano allo stesso modo sono ancora ritenute di facili costumi, a meno che non concedano le proprie grazie agli occhiuti censori. Fino all’agosto del 1981 il codice penale ha contemplato il delitto d’onore, cioè la possibilità di cavarsela con pochi anni ammazzando la propria moglie, pochissimi i casi in cui a soccombere fosse il marito. Un obbrobrio giuridico espressione di un maschilismo esasperato con due sole «attenuanti»: aver fornito lo spunto per il magnifico romanzo di Giovanni Arpino (Delitto d’onore) e per l’acclamatissimo film di Pietro Germi, Divorzio all’italiana con Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli, che arrivò a un passo dall’Oscar.

Il «New York Times» ha incoronato Schlein quale simbolo di una mutazione senza precedenti, quale speranza di rinnovamento del PD e quale unica sfidante di Meloni. Tuttavia, secondo l’ultimo sondaggio, gl’italiani giudicano l’attuale presidente del Consiglio – così vuole essere chiamata – più credibile su politica estera, economia e lavoro e inferiore alla rivale sui diritti civili, dove per altro i colleghi di partito della capa di Governo eccellono per una visione oscurantista. In ogni caso vale per entrambe una frase di Schlein ormai entrata nella vulgata comune: «Vorrei dire alle donne di questo Paese che il fatto di essere sempre o quasi sempre sottovalutate è un grande vantaggio, perché, sì, spesso non ti vedono arrivare!». Ecco: anche stavolta non le hanno viste arrivare e ora difficilmente se ne libereranno.

Malgrado le donne abbiano stipendi inferiori, malgrado siano ancora sottoposte alla tagliola di far coesistere lavoro e mondo domestico, malgrado l’ostinata tendenza a sottovalutarne l’apporto, Meloni e Schlein costituiscono l’avanguardia di una marcia lunga, silenziosa e inarrestabile: dal settembre dello scorso anno Silvana Sciarra, professoressa universitaria di Diritto del lavoro, è presidentessa della Corte Costituzionale; da meno di un mese Margherita Cassano è la prima donna a presiedere la Corte di Cassazione.

L’altra metà della Luna splende di luce propria come mai in precedenza. D’altronde, se ogni famiglia italiana è affidata all’intraprendenza e ai sacrifici di una donna perché non affidare a esse anche la famiglia più grande, quella che raccoglie tutti noi? Il saggio Prodi ha detto: «Non è solo il duello tra due donne, ma tra due donne che si sono affermate da sole. Sono due donne che sanno fare politica, ne vedremo delle belle». In effetti molto le divide: una intende proibire pure le droghe leggere, l’altra intende legalizzarle; una vuole abolire il reddito di cittadinanza, l’altra vuole abolire il precariato; una teme gli effetti della transizione verde, l’altra teme il riscaldamento globale; una vuole ridimensionare e gestire l’immigrazione, l’altra vuole cambiare il Trattato di Dublino. Rimane, comunque, una partita a due con la possibilità d’improvvise convergenze nel nome di quella solidarietà al femminile che le contraddistingue.

Lo fa presagire Meloni quando sostiene di aspettarsi un’opposizione durissima, come quella esercitata da lei nell’ultimo decennio, e di essere convinta che con Schlein ci sarà una contrapposizione di idee. Che è già in atto con il dibattito incentrato solo sulle due senza lasciare spazio ai rispettivi soci di minoranza. Riempiono il proscenio per fidelizzare gli elettorati, per drenare consenso dai partiti limitrofi, per recuperare voti dal bacino dell’astensione. L’incombenza dell’una giustifica e legittima quella dell’altra: in tal modo risucchiano energia, e soprattutto voti, dalle forze vicine. Sono certe di aprire così un ciclo, di assurgere a emblema dei loro schieramenti. E i sondaggi, con Fratelli d’Italia e PD nettamente al comando, confortano tale strategia. Però il primo, vero esame saranno le Europee del 2024. Meloni confida di stravolgere gli equilibri di maggioranza convincendo i popolari ad abbandonare i socialisti e a convergere sul gruppo conservatore, mentre Schlein sogna di trasformare il PD nel partito principale del socialismo europeo.