La Turchia sta profittando della guerra in Ucraina per aumentare ancora il proprio peso geopolitico globale. Giocando in tutti i campi, proponendosi come mediatore ideale fra Russia e Nato/Ucraina, Erdogan ha avviato la trasformazione della Repubblica turca in potenza imperiale. La sua sfera d’influenza si dilata ormai dai Balcani all’Asia centrale, dal Medio Oriente all’Africa. Ankara è membro della NATO e non intende affatto rinunciarvi. Ma a differenza di altri Paesi usa l’Alleanza come leva per acquistare rilievo, non solo come recinto protettivo. Una logica offensiva, che negli ultimi mesi l’ha portata a individuare e presidiare una posizione intermedia fra le maggiori potenze in competizione. In particolare s’è avvicinata al suo storico nemico russo. Certo non per improvviso amore, ma per concreto interesse. Come la NATO, anche l’intesa limitata con la Russia è interpretata ad Ankara quale moltiplicatore d’influenza e di affari.
Oggi il grano ucraino passa per gli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo grazie alla mediazione turca fra ucraini e russi. Allo stesso tempo, Erdogan presidia due delle principali rotte migratorie sud-nord: quella greco-turca e quella libico-italiana. Nel primo caso, avendo incassato circa 6 miliardi dall’Ue, usa la minaccia del via libera ai 3 milioni di siriani ospitati precariamente in Anatolia per tenere sotto scacco gli europei, specie i tedeschi. Nel secondo, dopo essersi installata a Tripoli, governa di fatto i flussi provenienti verso la Tripolitania dal Sahel e dall’Africa profonda. La recente crisi fra Italia e Francia sui migranti è frutto di questo semimonopolio turco. Ma il vero colpo gobbo è il progetto di trasformare la Turchia in vettore del gas russo e centrasiatico verso l’Europa. La proposta, venuta da Putin, è stata subito accolta da Erdogan. L’idea è quella di rafforzare il tubo di Turk Stream, che dal 2019 veicola già 31,5 miliardi di gas verso l’Europa, e di completare allacciamenti verso Bulgaria-Serbia-Ungheria-Austria-Italia. La piattaforma logistica e i serbatoi della Tracia turca dovrebbero diventare i perni di questo sistema, destinato a rivoluzionarie le vie delle esportazioni di gas russo e non solo verso il Vecchio Continente.
Tutto nasce dalla guerra, dalle sanzioni europee e dall’attentato al gasdotto baltico Nord Stream 1 e 2, che ha interrotto i collegamenti diretti fra produttore russo e consumatore tedesco. La fine dell’interdipendenza gasiera russo-tedesca era del resto l’obiettivo strategico dell’America, condiviso con britannici, polacchi e altri europei dell’est. Oltre che dagli ucraini, che da quel doppio tubo sarebbero stati aggirati e tagliati fuori dalle rotte fra Asia ed Europa. In sostanza, quel che non potrà più venire da nord potrebbe essere distribuito da sud grazie al progetto turco-russo. Inoltre la Turchia sta già commerciando in rubli per quanto riguarda il petrolio russo, con grande soddisfazione di Putin. È probabile che questo progetto incontrerà robuste resistenze da parte americana e britannica. Si tratta comunque di un’impresa che, se portata avanti fino in fondo, richiederà lavori per diversi anni e potrà entrare a pieno regime solo verso la fine di questo decennio. Il suo progresso dipenderà molto dall’esito del conflitto in Ucraina.
Gli europei stentano ancora a considerare la Turchia come quella grande potenza che già è. Se ne sottolineano le fragilità interne – questione curda, spaccatura fra islamisti dell’interno e coste più occidentalizzate, crisi economica e valutaria – mentre se ne trascurano i punti di forza. Tra questi soprattutto il ruolo delle Forze armate. Quello turco è il più forte esercito della NATO, dopo l’americano. Presto potrebbe dotarsi anche dell’arma atomica. Inoltre, a differenza della maggior parte delle Forze armate europee, quelle turche sono molto disinibite nell’uso delle armi. La grande strategia turca mira anzitutto al Mediterraneo, inteso come sbocco verso gli oceani. Da diversi secoli la flotta turca, già ottomana, ha perso rilievo. Negli ultimi anni la Marina turca ha lanciato il progetto Patria blu. Ovvero l’espansione nelle acque mediterranee, che passa per il recupero delle isole greche attorno all’Anatolia, ma anche di Cipro e Creta. In termini concreti, per una guerra con la Grecia. Questa però è una linea rossa che gli americani non intendono smentire. La diplomazia USA è al lavoro per prevenire un conflitto intestino alla NATO, che si risolverebbe fra l’altro in una manna per Putin. E per i cinesi, che certo non rinunciano alle vie della seta. Consiglio per l’anno nuovo: teniamo d’occhio la Turchia e i suoi vicini. Non ci annoieremo.
Marcia alla turca
Cresce il peso geopolitico di Ankara a livello globale
/ 26.12.2022
di Lucio Caracciolo
di Lucio Caracciolo