Macron e Le Pen: il duello continua

Chi sono i papabili alla presidenza francese a poco più di un anno dalle elezioni
/ 29.03.2021
di Marzio Rigonalli

Manca poco più di un anno all’elezione presidenziale in Francia. È l’appuntamento elettorale più atteso e più sentito dai francesi, da quando è stata istituita la Quinta Repubblica nel 1958. La vita politica ruota intorno a questo evento: i partiti ne tengono conto nell’elaborazione delle loro strategie, le alleanze si costruiscono e si disfano con l’occhio puntato sull’Eliseo e i possibili candidati moltiplicano le loro mosse cercando di accaparrarsi le simpatie degli elettori. È un rituale che si è consolidato attraverso gli anni e che viene soltanto scalfito dalla grave crisi sanitaria ed economica che si è abbattuta sulla Francia e anche su tutti gli altri Paesi.
Quali sono oggi le principali caratteristiche della corsa verso la conquista dell’Eliseo nel 2022? Chi sono i candidati che hanno le maggiori probabilità di accedere al turno finale ed, eventualmente, di essere eletti? Quali saranno i fattori determinanti, di varia natura, ai fini della vittoria finale?

Il primo dato che emerge è all’insegna della continuità. Nel 2017, al secondo turno, si affrontarono Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Il primo vinse chiaramente e divenne, con i suoi 39 anni, il più giovane presidente della Repubblica francese. La vittoria fu resa possibile dalle riforme annunciate, dalla novità ch’egli costituiva sulla scena politica, dalla volontà della maggioranza dei francesi di non dare il potere alla destra nazionalista e un po’ anche grazie ad un duello televisivo che Macron vinse nettamente contro Le Pen. Lei si rivelò impreparata, insicura e incapace di difendere le proprie scelte. Secondo i più recenti sondaggi questo duello rischia ora di ripresentarsi. Se sarà così, però, la situazione rischia di essere molto diversa da quella del 2017.

Durante i quattro anni di presidenza Emmanuel Macron ha dovuto affrontare tre gravi crisi. Dapprima quella dei «gilets jaunes», dalla quale è uscito senza ferite troppo gravi, ma con l’etichetta di «presidente dei ricchi». Poi quella del terrorismo, una crisi che in un certo modo è sempre presente e che l’ha costretto a prendere decisioni non facili in difesa dei valori della Repubblica e contro l’islamismo radicale. Infine la crisi sanitaria, nella quale è tutt’ora immerso. Queste crisi l’hanno frenato nella sua volontà di trasformare il Paese e di varare le riforme promesse nel 2017. I prossimi dodici mesi saranno decisivi per lui. I francesi non terranno più conto delle novità che offriva quattro anni fa, ma lo giudicheranno soprattutto sulla gestione della crisi sanitaria, su come il Paese ne sarà uscito e sulle misure che verranno adottate per rilanciare l’economia. È un compito impegnativo, i cui risultati saranno determinanti per poter capitalizzare la fiducia dei francesi.

La posizione di Marine Le Pen sembra meno irta di ostacoli. Come principale avversaria del presidente, le è facile criticare tutte le situazioni che non incontrano il consenso popolare. Il 30 per cento dell’elettorato le è fedele e si annida soprattutto tra i commercianti, i giovani e le classi popolari. Il suo obiettivo è di allargare la base elettorale e cerca di raggiungerlo seguendo una strategia piena di rassicurazioni. Una strategia iniziata nel 2018 con il cambiamento del nome del suo partito da Front national a Rassemblement national e che oggi vede Marine Le Pen accettare l’Europa, l’euro e il Trattato di Schengen. Un orientamento verso il centro, che non rinuncia a punti fondamentali del programma lepenista, come la preferenza nazionale e il rifiuto dell’immigrazione, ma che tende ad attirare gli elettori della destra tradizionale. I sondaggi dicono che questa impostazione potrebbe essere pagante, perché in un secondo turno con Macron e Le Pen, la leader della destra nazionalista raccoglierebbe il 48 per cento dei voti.

Molto meno chiara è la situazione negli altri schieramenti politici. La destra classica non sembra essersi ancora ripresa dopo la sconfitta subita dal suo candidato, François Fillon, al primo turno dell’elezione del 2017. Tre sembrano essere i suoi potenziali candidati: Xavier Bertrand, presidente dell’Alta Francia, Valérie Pécresse, presidente della regione Île-de-France-Parigi e Laurent Wauquiez, presidente dell’Alvernia-Rodano-Alpi. Anche a sinistra regna una certa incertezza, aggravata dalla presenza di non poche divisioni. Il solo candidato dichiarato è Jean-Luc Mélenchon, il leader della France insoumise, ma i sondaggi non gli sono favorevoli. C’è comunque attesa per la decisione che prenderà Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi, e soprattutto per la scelta che faranno i Verdi, la forza politica che negli ultimi anni ha registrato i maggiori progressi elettorali, non soltanto in Francia.

Nei prossimi mesi, se la pandemia lo consentirà, ci saranno le elezioni regionali. Si svolgeranno nel corso del mese di giugno o in autunno. Sono test che ci consentiranno di capire meglio gli orientamenti della scena politica francese e, forse, di guardare con maggiori certezze alla prossima elezione presidenziale. Un’elezione che presenta una posta in gioco molto alta per la Francia ma anche per l’Europa.