«Molte donne si scontrano con il soffitto di cristallo ma oggi, a questo Congresso, questo tetto nella Spd è stato infranto per restare aperto». È con queste parole che Andrea Nahles ha salutato la sua vittoria subito dopo l’elezione alla guida di uno dei partiti più antichi della Germania che in 155 anni di storia non aveva mai avuto una donna presidente. Eletta con 414 voti su 624 (66,3%), ha battuto la sua rivale, l’ex poliziotta e sindaca della città di Flensburgo, Simone Lange, che di voti ne ha presi 172. Una percentuale, quella ottenuta da Nahles, identica a quella con cui i delegati della Spd hanno votato a favore della terza edizione della Grosse Koalition per continuare a governare il Paese con la Cdu di Angela Merkel.
Ammirata ma anche detestata dai suoi colleghi per i modi battaglieri, il successo di Andrea Nahles è dovuto anche, oltre al pragmatismo e la determinazione, alla sua capacità di parlare alla pancia dei suoi interlocutori, come ha dimostrato al congresso straordinario di gennaio quando in 10 minuti riuscì a infiammare i suoi colleghi dopo che Martin Schulz, il suo predecessore, aveva parlato per un’ora senza entusiasmare nessuno, o quando nel 2013 cantò Pippi Calzelunghe al Bundestag alludendo alle favole raccontate da Angela Merkel.
Figlia di un capomastro edile e di una casalinga, Nahles è cresciuta in una famiglia cattolica a Mending, nella provincia del Rheinland Pfalz, e ha cominciato a fare politica da giovane, quando si arrabbiò per due inceneritori che dovevano essere costruiti vicino al suo villaggio, iscrivendosi alla Spd nel 1988.
A 47 anni, madre single di una bambina, la neo presidente passa la maggior parte del suo tempo a Berlino ma la sua casa è rimasta la fattoria dei bisnonni nell’Eifel dove la figlia vive e va a scuola sotto le cure di nonna Gertrud, e dove lei corre nel tempo strappato alla politica. Cattolica praticante, laureata in germanistica e filosofia a Bonn, questa donna dalle mille risorse con alle spalle due gravi incidenti, uno sportivo e uno automobilistico, ha avuto sempre chiari i suoi obiettivi, tanto che già al liceo, sul giornale della scuola, scriveva che il suo sogno era diventare «casalinga o cancelliera federale».
A capo degli Jusos (i giovani socialdemocratici) nel 1995 ed eletta al Bundestag nel 1998, è stata leader della sinistra del suo partito e feroce oppositrice alle riforme di Gerhard Schröder. Segretaria generale della Spd dal 2009 al 2013, è stata ministra del lavoro nel secondo governo Merkel, e durante il suo mandato ha varato la legge sul salario minimo, la pensione a 63 anni per le donne e l’integrazione previdenziale per quelle rimaste a casa con i figli.
Oggi Nahles però ha davanti la sfida più grande: guidare un partito che in 15 anni ha perso metà dei suoi voti, scendendo al 20,5 per cento, e che i sondaggi danno oggi al 17. Un’impresa non facile dimostrata anche da quel 66,3 per cento che ha permesso la sua elezione con un margine ridotto, dato che molti militanti avrebbero preferito andare all’opposizione rifiutando il sostegno alla Grosse Koalition.
«Un partito può essere rinnovato anche stando al governo, ma i nostri sei ministri non potranno fare un buon lavoro se non hanno il nostro pieno sostegno», ha dichiarato Nahles al congresso che l’ha eletta, ribadendo il bisogno di solidarietà «che manca di più nel mondo globalizzato, neo-liberale e iper-digitalizzato». Ma è stata la sua rivale, Simone Lange, a girare il coltello nella piaga dicendo che è difficile «rinnovare il partito essendo presidente e allo stesso tempo capogruppo», come appunto è Nahles che ha come obiettivi per il futuro nuovi posti di lavoro nelle regioni deboli, tasse alle aziende tecnologiche internazionali e un migliore sistema di assistenza sociale: un programma non facile da condividere con la Cdu nel nuovo governo Merkel. E anche se la neo presidente ha parlato della Spd come del «partito della giustizia sociale», la scommessa sulla sua presidenza si rivelerà solo alle elezioni del prossimo anno in Sassonia, Brandeburgo e Turingia che saranno il vero banco di prova.
Una cosa però è certa, la sua elezione a capo della Spd è già di per sé una conquista per tutte le donne e un nuovo tassello alla scalata del potere nella politica europea dove troviamo già stabili Angela Merkel, presidente della Cdu e capo del governo tedesco da 12 anni, Theresa May, alla guida del Regno Unito nonché leader del Partito Conservatore, Katrín Jakobsdóttir, prima ministra in Islanda e leader del partito Sinistra – Movimento Verde, Kersti Kaljulaid presidente della Repubblica estone, Dalia Grybauskaitė presidente della Lituania, Viorica Dancila prima ministra rumena, Ana Brnabic alla guida della Serbia, Kolinda Grabar-Kitarović presidente della Croazia, fino a Beata Szydło prima ministra della Polonia e vicepresidente del partito Diritto e Giustizia. Donne a cui vale la pena di aggiungere leader di partito come la francese Marine Le Pen del Front National, o Katja Kipping che insieme a Bernd Riexinger è leader del partito tedesco di sinistra Die Linke nonché membro del Bundestag dal 2005. Donne che probabilmente aspirano a qualcosa di più, come anche forse Andrea Nahles che non nasconde il suo sogno del liceo: arrivare al 2021 conquistando il cancellierato tedesco.