Lotta al riciclaggio, c’è magine di miglioramento

Il rapporto del «Gafi» evidenzia qualche lacuna nel sistema svizzero di monitoraggio per i movimenti di denaro sporco
/ 02.01.2017
di Ignazio Bonoli

Secondo il più recente rapporto del «Gafi» (il gruppo di azione finanziaria) creato nell’ambito degli organismi internazionali, la Svizzera viene quotata abbastanza bene, nonostante qualche lacuna. Il «Gafi» ha in particolare il compito di contribuire, con la sua sorveglianza, ad impedire il riciclaggio di denaro sporco, sotto tutte le forme.

Il gruppo di esperti incaricati di esaminare i vari paesi ha elaborato una serie di misure che devono essere rispettate nelle transazioni di denaro. Esaminando la situazione per la Svizzera, in sette su undici indicatori principali, ha attribuito buone note, mentre in altre quattro soltanto note medie. Visti gli sforzi che la Svizzera ha compiuto – e continua a compiere – in questo settore, il risultato può anche essere ritenuto poco brillante. Tuttavia il confronto con gli altri paesi interessati pone la Svizzera ancora fra i migliori.

Tra i dieci paesi esaminati soltanto la Spagna e l’Italia ottengono punteggi leggermente migliori. Una classifica meno buona è invece toccata ad Austria, Belgio, Australia, Singapore, Canada e Stati Uniti. Anche se i risultati di queste indagini non sono esenti da qualche dubbio, si può essere soddisfatti che il «Gafi», questa volta, abbia avuto il coraggio di includere anche gli Stati Uniti tra coloro che devono ancora migliorare per adeguarsi agli standard internazionali della lotta contro il riciclaggio di denaro sporco.

Il giudizio finale del «Gafi» si esprime in una sola nota, per cui risulta poi difficile valutare a che punto si trova la lotta contro il riciclaggio di denaro sporco in ogni singolo paese. Nel caso svizzero la nota si situerebbe fra il 3 e il 4, come per quasi tutti i paesi analizzati, mentre la nota massima è il 6. Questa classificazione permette agli ottimisti di dire che siamo sopra la media, ma ai pessimisti di notare che siamo ancora lontani da buoni risultati, se la nostra nota media è ancora vicina al 3. Da qui anche i suggerimenti e i limiti di tempo che il «Gafi» impone per risanare la situazione.

Si tratta in effetti di una cinquantina di provvedimenti che la Svizzera dovrà adottare entro il mese di febbraio del 2018. Dopo questi interventi vi sarà un complemento al rapporto sulla situazione. Per il momento la Svizzera ottiene buone note per l’assistenza giuridica penale e il sequestro di denaro nelle inchieste penali. Il denaro finora oggetto di sequestro presso la Procura pubblica federale raggiunge quasi i 6 miliardi di franchi, mentre un ulteriore miliardo è stato sequestrato dalle autorità giudiziarie di Ginevra.

Tra le lacune il «Gafi» cita il fatto che non tutti gli avvocati, notai e fiduciari siano sottoposti alla legge sul riciclaggio di denaro. Il rapporto critica anche uno scarso controllo del settore immobiliare e aggiunge anche il carattere non sufficientemente deterrente della legge e delle sanzioni nel caso di azioni al portatore. Alcuni valori-limite nelle transazioni in denaro contante sarebbero troppo elevati e gli annunci di sospetto riciclaggio sarebbero troppo pochi. Questi ultimi sarebbero comunque passati da 1800 nel 2014 a 2400 nel 2015 e sarebbero ancora aumentati nel 2016.

L’apposito servizio in Svizzera può però trasmettere informazioni solo ad autorità estere. Dall’estero riceve informazioni su sospetti riciclaggi (3’500 l’anno scorso) alle quali non può dar seguito nella misura del 60 per cento, causa la mancanza di informazioni dall’interno. Il rapporto critica infine il fatto che, in caso di richiesta di assistenza giudiziaria, la Svizzera informa gli interessati, creando il pericolo di possibili aggiramenti. In Svizzera ci si dichiara comunque soddisfatti del rapporto «Gafi». 

Nel 2017 si esamineranno i suggerimenti e si proporranno miglioramenti, alcuni con modifiche di leggi. Non si fa accenno al problema – sollevato all’estero – della banconota svizzera da 1000 franchi, che si presterebbe a operazioni di riciclaggio. Non vi sono però prove concrete, benché si stia analizzando il problema generale del denaro contante. L’esperienza indica infatti che nel traffico di droga si usano spesso soprattutto banconote di piccolo taglio.