L’incognita von der Leyen

Rapporti CH-UE - Come si muoverà la neo presidente della Commissione europea nei confronti della Svizzera? Per le prime risposte bisognerà attendere la sua entrata in carica, il 1. novembre 2019
/ 29.07.2019
di Marzio Rigonalli

Negli ultimi tre mesi ci sono stati due importanti eventi che caratterizzeranno il divenire dell’Unione europea nei prossimi cinque anni: l’elezione dell’europarlamento nella seconda metà di maggio ed il cambio della guardia della Commissione europea il 16 luglio, con la nomina della tedesca Ursula von der Leyen alla presidenza, al posto di Jean-Claude Juncker. L’europarlamento è già attivo nella sua nuova composizione; Ursula von der Leyen ed i nuovi commissari entreranno in funzione il prossimo 1. novembre. Non essendo uno Stato membro dell’Unione europea, la Svizzera non ha avuto un ruolo attivo nei due eventi. Si ritrova, però, confrontata con possibili ripercussioni sulla sua posizione in Europa e sul negoziato che cerca di portare a buon fine con le autorità europee.

L’attività del nuovo europarlamento avrà probabilmente conseguenze soltanto marginali per la Confederazione. Poche sono le sue decisioni che riguardano direttamente la Svizzera e, per di più, la sua composizione non rende facile l’adozione di provvedimenti. Negli ultimi cinque anni c’è stata una maggioranza formata dall’alleanza tra popolari e socialdemocratici; adesso, per formare la maggioranza, ci vuole almeno l’aggiunta di una terza forza politica, ossia i liberali di «Renew Europe» o i verdi. Più le forze politiche sono numerose e più è difficile raggiungere un’intesa, soprattutto quando i partiti sono molto divisi e quando importanti divisioni si osservano anche all’interno delle singole forze. Ursula von der Leyen non avrà un compito facile con questo parlamento, tenuto conto anche del fatto che soltanto 383 deputati l’hanno eletta, 9 più della maggioranza richiesta.

Ben diverse, ovviamente, saranno le conseguenze che deriveranno dalla nuova presidenza della Commissione europea, ossia dall’organo comunitario che è chiamato a gestire concretamente i rapporti con la Svizzera. Ci saranno novità, oppure si procederà nel solco tracciato da Jean-Claude Juncker? Sorgerà una maggiore comprensione nei confronti degli interessi, delle particolarità e dei desideri elvetici, oppure si continuerà a voler portare la Svizzera sempre più vicina a norme e situazioni valide per tutti gli Stati membri? Non è ancora possibile rispondere a queste domande. Avremo delle indicazioni sicure soltanto quando la Commissione sarà entrata in funzione ed avrà cominciato a svolgere il suo lavoro. Quello che possiamo tentare di fare sin d’ora è d’individuare possibili tendenze, guardando alla personalità ed al passato politico della nuova presidente.

Ursula von der Leyen è tedesca e proviene dalla Bassa Sassonia, il Land con il capoluogo Hannover, situato nella parte nord-occidentale del paese, sul mare del Nord. Ha 60 anni ed è madre di 7 figli. Nacque a Bruxelles e visse nella capitale europea fino a 13 anni. Suo padre era un funzionario europeo, che più tardi si lanciò nella carriera politica e divenne presidente della Bassa Sassonia. Nella prima parte della sua vita è stata quindi a contatto con gli ambienti e le idee che ruotavano intorno alla costruzione europea e ne ricavò il desiderio e la convinzione di sostenere il progetto europeo. All’inizio della sua carriera politica rilasciò alcune dichiarazioni molto forti sull’Europa. Nel 2011, per esempio, si pronunciò a favore degli «Stati Uniti d’Europa», secondo il modello degli Stati federali come la Svizzera, la Germania e gli USA. La nuova responsabilità assunta dieci giorni or sono l’ha però indotta a mettere un po’ d’acqua nel suo vino. In un’intervista rilasciata ad alcuni grandi quotidiani europei ha dichiarato che il suo sogno è diventato più realista. Non ha più invocato il federalismo europeo ed ha sostenuto che l’Unione europea deve privilegiare l’unità nella diversità. Von der Leyen ha alle spalle una lunga carriera politica. È stata successivamente alla guida dei ministeri della famiglia, del lavoro e della difesa. È stata la prima donna tedesca a dirigere il ministero della difesa e adesso è la prima donna ad assumere la presidenza della Commissione europea. Molto vicina ad Angela Merkel, ha avuto una parabola politica che la portò addirittura vicino alla cancelleria federale, ma che negli ultimi anni perse parte del suo splendore e la espose più volte alle critiche dell’alleato di governo socialdemocratico.

I due precedenti presidenti della Commissione europea, il portoghese José Manuel Barroso ed il lussemburghese Jean-Claude Juncker, iniziarono il loro mandato affermando che erano molto amici della Svizzera. I due provenivano da due piccoli paesi e Barroso aveva studiato all’università di Ginevra. Quale sarà l’atteggiamento di Ursula von der Leyen? Fin ora è nota un’unica sua dichiarazione sulla Svizzera. Quando era ministro della difesa si espresse positivamente sulla collaborazione della Confederazione nell’ambito del partenariato per la pace della NATO. Le sue origini tedesche, la sua provenienza da uno Stato federale, dovrebbero garantirle una buona conoscenza delle particolarità elvetiche e, di riflesso, una certa comprensione. Bisogna però tener conto del fatto che la sensibilità per le tematiche svizzere di un tedesco che vive nel nord del paese è molto inferiore a quella di un tedesco che risiede nella parte meridionale. Per di più, la dichiarata volontà della nuova presidente di favorire una maggiore integrazione dell’Europa, mal si concilia con la scelta di un paese di non aderire all’Unione europea. Vi sono dunque argomenti che spingono in una direzione ed altri nella direzione opposta. Avremo un quadro più concreto soltanto quando Ursula von der Leyen avrà avviato il suo mandato.

La sola notizia che ha suscitato molte reazioni positive a Berna sono state le dimissioni di Martin Selmayr, il segretario generale della Commissione europea. Anch’egli tedesco, si è trovato di fronte alla regola non scritta che impedisce di avere ai vertici della Commissione due persone della stessa nazionalità. Selmayr è stato il braccio destro di Juncker e sembra che abbia svolto un ruolo determinante in molti dossier, in particolare nell’atteggiamento da assumere nei confronti della Svizzera. Ha mostrato poca comprensione per la posizione elvetica e sarebbe stato l’ideatore dell’uso dell’equivalenza borsistica come mezzo di pressione sulla Confederazione.

Gli attuali rapporti tra la Svizzera e l’Unione europea sono tesi. Le due parti sono su posizioni lontane. Bruxelles non accetta di rinegoziare il progetto di accordo istituzionale e ritiene che, dopo tanti anni di discussione, la Svizzera cerchi soltanto ed ancora di guadagnare tempo. Non farà nessuna concessione, che potrebbe venir rivendicata anche dalla Gran Bretagna dopo la Brexit, ed è pronta a mandare la via bilaterale su un binario morto. Berna è alla ricerca di un’intesa interna sui tre punti dell’accordo istituzionale che vorrebbe volentieri rinegoziare: la protezione dei salari, la direttiva comunitaria sulla cittadinanza e gli aiuti statali. Un’intesa tra le due parti prima dell’entrata in vigore della nuova Commissione appare impossibile. Tutto sembra essere rinviato a dopo il 1. novembre. Premesso, però, che la volontà di giungere ad un accordo torni in primo piano e che sia più forte della tentazione di lanciarsi in una spirale di misure e contromisure punitive.