L’importanza del gas per il Ticino

Le Aziende industriali di Lugano, che gestiscono l’unico punto di entrata esistente, giustificano così i rincari
/ 12.09.2022
di Romina Borla

La Svizzera e il Ticino non sono utilizzatori di gas al pari dell’Italia (vedi sopra) e di altre realtà europee, ma questa fonte di energia – il cui prezzo, come è noto, sta esplodendo – è comunque importante nel bilancio dei consumi nel nostro Paese. «Il gas naturale copre circa il 15% del fabbisogno energetico della Svizzera», si legge sul sito dell’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico (Ufae), «ed è usato principalmente per riscaldare le abitazioni e cucinare – circa 300mila nuclei familiari si riscaldano con il gas – così come nell’industria e nell’artigianato». Sul nostro territorio non esistono giacimenti di tale sostanza né grandi capacità di stoccaggio: «I consumi devono essere coperti al 100% dalle importazioni» e «circa la metà del gas importato proviene dalla Russia». Per quel che riguarda il Ticino, si possono trovare alcune informazioni utili nel Rapporto di sintesi del «Bilancio energetico 2020», elaborato dalla Supsi su richiesta del Cantone. In particolare si stima che i consumi siano così suddivisi: 42,4% prodotti petroliferi (3682 GWh), 36,6% energia elettrica (3181 GWh), 14,3% gas naturale (1247 GWh), 3,5% energie rinnovabili ovvero calore ambiente, solare e biogas (303 GWh), 2,5% legna (216 GWh), 0,7% rifiuti (62 GWh).

Ci conferma l’importanza del gas naturale Carlo Cattaneo, vicedirettore delle Aziende industriali di Lugano: «Noi forniamo lo stesso volume di energia sia in elettrico (a circa 115mila clienti) sia in gas (15mila clienti), ovvero circa 1300 GWh». Sono state proprio le AIL a introdurre il gas in Ticino nella seconda metà degli anni Ottanta, con la realizzazione del gasdotto Bizzarone-Lugano. E gestiscono ancora l’unico punto di entrata esistente (dall’Italia appunto) e l’erogazione della fonte di energia fossile su buona parte del territorio del Sottoceneri. «Tra i nostri clienti – precisa il nostro interlocutore – i consumatori finali in 27 Comuni (40% industrie e 60% privati) e quattro aziende rivenditrici: AGE di Chiasso, AIM di Mendrisio, AMS di Stabio e Metanord di Camorino».

Ma da dove proviene il gas che arriva nel Cantone? Se si guarda la provenienza di quello circolante in Italia nel 2021, osserva l’esperto, si vede come il 40% circa del prodotto provenga dalla Russia, il 28% dall’Algeria, il 9% dal Qatar, il 9% dall’Azerbaigian, poi Libia e Norvegia (la produzione nazionale è bassa: 4%). «Ad oggi i dati sono cambiati. La vicina Penisola sta infatti cercando di ridurre la sua dipendenza da Mosca. Il gas russo si aggira sul 25% del totale mentre sono cresciute le importazioni dagli altri Paesi». Intanto, come detto, i prezzi continuano a salire. Anche le AIL hanno annunciato un aumento delle tariffe del gas, da ottobre, attorno al 40% rispetto all’anno precedente. Per i clienti di Metanord, come reso noto dall’azienda, dal prossimo mese raddoppia la bolletta. «Le tariffe cresceranno, tuttavia non possiamo ancora prevedere di quanto», ci ha detto AMS di Stabio e AGE di Chiasso: «Per il 2023 è ancora tutto aperto...».

«Questi aumenti sono strettamente collegati all’andamento del mercato», spiega dal canto suo Cattaneo. «Mercato travolto dall’incertezza causata dalla guerra in Ucraina con tutte le conseguenze del caso, in particolare la chiusura di Nord Stream 1. Basti pensare che il prezzo di mercato del gas è passato da circa 15 euro per MWh (1. gennaio 2021) ai quasi 300 euro attuali: un aumento del 2000 per cento! Nemmeno comparabile al “nostro” 40%. E chi non pratica acquisti graduali nel tempo – come facciamo noi (iniziamo ad acquistare volumi di gas con 3 anni di anticipo) – si ritrova in difficoltà ancora più grandi».

Il futuro si prospetta dunque grigio. A livello europeo – spiega il vicedirettore – si è iniziato a discutere la possibilità di fissare un tetto ai prezzi del gas o sulla produzione elettrica a partire dal gas. «La seconda prospettiva è più realizzabile e potrebbe portare a un cambiamento di tendenza. Se invece l’Europa decidesse di mettere un tetto al prezzo del gas, le navi cariche andrebbero da un’altra parte, probabilmente in Asia, lasciandoci con ancora meno gas». E molti più problemi.