La Legge Covid-19 del 25 settembre 2020 è probabilmente il testo più attaccato nella storia recente della Confederazione. Il 18 giugno i cittadini svizzeri saranno infatti chiamati a pronunciarsi in merito per la terza volta nel volgere di appena due anni. Dalla sua entrata in vigore, il progetto è stato modificato a più riprese. Contro queste revisioni è stato lanciato il referendum. Il popolo le ha però sempre approvate: una prima volta, il 13 giugno 2021 e, una seconda, il 28 novembre dello stesso anno. In entrambi i casi le revisioni legislative sono state accolte con oltre il 60% dei consensi. Ora si è giunti al terzo tentativo. Stando ai pronostici, i fautori del referendum dovrebbero incassare una nuova sconfitta. La posta in gioco non è comunque destinata a cambiare i destini del Paese.
I movimenti Mass-voll e Amici della Costituzione, che non hanno una chiara connotazione politica e che si sono distinti durante la pandemia per la loro opposizione all’azione del Consiglio federale, hanno lanciato il referendum anche contro la modifica della Legge Covid-19 del 16 dicembre 2022. Per i citati movimenti, questa legge è liberticida, inutile e va dunque respinta. Dal canto suo, il Governo non vuole più essere preso alla sprovvista in caso di ritorno dell’epidemia il prossimo inverno. Ha perciò proposto la proroga di determinate disposizioni, mentre le limitazioni e i divieti sono stati tutti abbandonati.
L’elettorato svizzero era stato l’unico a potersi pronunciare sulla legislazione che regolava le disposizioni sanitarie e sociali per combattere la pandemia. Questo terzo referendum, nonostante la revoca delle ultime misure sanitarie a fine dicembre 2022, mira a combattere determinate disposizioni previste dalla proroga della legge. Si tratta, in particolare, della possibilità per il Governo di rilasciare certificati Covid e di riattivare, se necessario, l’applicazione di tracciamento dei contatti SwissCovid. Inoltre, onde assicurare la libertà di viaggiare, occorre pure garantire la compatibilità internazionale del certificato sanitario, nel caso in cui alcuni Paesi ne reintroducessero l’uso.
Il referendum contesta anche l’introduzione delle disposizioni concernenti le persone straniere e i frontalieri in caso di chiusura dei confini, come pure le norme per la protezione delle persone vulnerabili, che obbligano i datori di lavoro, ove fosse il caso, ad autorizzare il telelavoro. La Legge Covid-19 permetterebbe, in caso di necessità, di garantire l’entrata sul territorio elvetico dei circa 400’000 frontalieri che vengono a lavorare nel nostro Paese, tenendo conto del fatto che 34’000 di loro operano nel settore ospedaliero. La proroga della legge, che Governo e Parlamento invitano ad approvare, consente poi al Consiglio federale di continuare a importare medicinali e a metterli in commercio, anche quando non sono ancora autorizzati in Svizzera. Permette pure di limitare l’entrata in Svizzera delle persone che provengono da certi Stati o da determinate regioni. Attualmente, nessun Stato è interessato da simili restrizioni.
Il Consiglio federale precisa che molte altre disposizioni della Legge Covid-19, scadute alla fine del 2022, non sono state prorogate. Ricordiamo, tra queste, il sostegno finanziario alla cultura, alle associazioni sportive e ai grandi eventi, le indennità per perdita di guadagno, nonché il pagamento dei test Covid da parte della Confederazione. I prestiti garantiti e le fideiussioni per i casi di rigore, concessi per una durata di 10 anni, resteranno in vigore sino alla fine del 2031, a prescindere dall’esito della prossima votazione. Se il 18 giugno il popolo dovesse bocciare la legge, tutte le disposizioni della stessa, prorogate dal Parlamento fino al 30 giugno 2024 con diritto d’urgenza per garantirne l’applicazione immediata in caso di bisogno, saranno abrogate a metà dicembre. L’Unione Democratica di Centro è l’unico partito di Governo che si oppone alla proroga della Legge Covid-19. Va detto che il più grande partito del Paese si è sempre distanziato dalla politica del Consiglio federale in fatto di gestione della crisi provocata dalla pandemia di Covid-19. L’UDC si era già opposta in occasione della seconda votazione su questa legge, a fine novembre 2021. Il Consiglio federale, gli altri partiti del Parlamento (anche se alcuni membri del PLR si distanziano) e il mondo economico sostengono invece la proroga della legge. La campagna in vista della votazione è impercettibile, anche perché la pandemia è stata superata da oltre un anno ed è stata posta in secondo piano dalla guerra in Ucraina e della crisi energetica.
Il comitato referendario è del parere che sia inutile estendere la base giuridica, dal momento che la pandemia è finita. Ritiene inoltre che le misure sanitarie contro il Coronavirus siano state sproporzionate, non abbiano fornito protezione alla popolazione e, in definitiva, abbiano causato sofferenze. Dal momento che lo stesso Consiglio federale ha dichiarato che la pandemia è finita, secondo gli Amici della Costituzione non vi è motivo di prorogare le «componenti superflue» della Legge Covid-19. La critica maggiore è rivolta alla possibilità di reintrodurre il certificato Covid e il tracciamento dei contatti. Secondo il comitato referendario, il pass sanitario è discriminatorio e inutile e ha portato all’introduzione di una «società a due velocità». «Votando no alla proroga – afferma il comitato referendario – ricompattiamo una società divisa e torniamo finalmente alla normalità, senza mettere in pericolo il tessuto democratico del Paese».
Secondo i fautori del referendum è ora di «ripristinare la democrazia diretta, senza l’introduzione di uno stato di eccezione». Durante la pandemia, poi, i cittadini – sostiene il comitato referendario – «sono stati ingannati». Il certificato Covid, che secondo il ministro della sanità Alain Berset doveva dimostrare la non contagiosità di una persona, «si è rivelato inutile». Contestati anche i vaccini, definiti uno «spreco di miliardi» dal co-presidente degli Amici della Costituzione Roland Bühlmann. Le prove della loro efficacia «sarebbero scarse». Consiglio federale e maggioranza parlamentare sottolineano invece che il certificato Covid-19 attesta con certezza l’avvenuta vaccinazione, la guarigione o il risultato di un test. Si è dunque rivelato più che utile. Resta il fatto che nessuno, e tanto meno i fautori del referendum, è oggi in grado di provare, quale sarebbe stata la situazione senza certificato. Probabilmente senza certificato non avremmo potuto recarci alle urne, ma certamente non a causa dell’assenza di un tessuto democratico in Svizzera, come pretenderebbero gli Amici della Costituzione. Il 18 giugno sapremo quanti cittadini daranno loro ragione.