Solitamente la Svizzera, tanto da parte di altri paesi, quanto dalle organizzazioni internazionali, viene lodata per la sua organizzazione statale. A volte non manca però qualche punto critico che viene messo in evidenza nei rapporti di singole analisi della situazione. Questa volta è il rapporto allestito dal Fondo monetario internazionale, a scadenze regolari per tutti i membri, che pone l’accento su due aspetti: la previdenza sociale e il freno all’indebitamento.
Il rapporto del FMI analizza essenzialmente gli aspetti della politica monetaria e di quella finanziaria. Ovviamente però l’esame viene esteso ad altri fattori, che influiscono, direttamente o indirettamente, su queste due componenti della gestione dello Stato, in particolare sulla politica. Come detto, di solito vengono indicati buoni risultati nei rapporti su questi aspetti principali.
Negli ultimi mesi, tuttavia, si sono messi in evidenza aspetti preoccupanti come il segreto bancario o la trasparenza fiscale. Anche nel rapporto di quest’anno, presentato a fine marzo a Berna, si mettono comunque in evidenza aspetti positivi, come l’andamento della congiuntura o la capacità della Svizzera di adeguarsi senza troppi traumi al periodo di forza del franco sui mercati valutari, ma anche la solidità delle finanze pubbliche, nonché la ritrovata stabilità del settore bancario.
Non mancano comunque alcuni aspetti preoccupanti. Tra questi il FMI ricorda la possibilità di una bolla speculativa nel settore immobiliare, nel caso di una forte ripresa dei tassi di interesse. In questo settore vengono raccomandate regole più severe per la concessione di prestiti ipotecari, nonché per la possibilità di dedurre dal reddito fiscalmente imponibile gli interessi sul debito ipotecario. Cosa che deve però tener conto di alcune particolarità del sistema svizzero, come il valore locativo e la tassazione della sostanza.
Su due punti principali – come detto – il FMI attira l’attenzione delle autorità politiche svizzere: il sistema pensionistico e il freno all’indebitamento. Due temi che sono diventati di stretta attualità: il primo a causa del voto popolare negativo sul progetto di riforma dell’AVS e della previdenza professionale; il secondo a causa delle discussioni sorte attorno all’avanzo eccezionale dei bilanci 2017 della Confederazione.
Come già notato in nostri precedenti commenti, il freno all’indebitamento sta attirando l’attenzione della politica a causa della regola che impone di utilizzare gli avanzi degli esercizi annuali per ridurre il debito pubblico. Il FMI suggerisce di utilizzare l’utile d’esercizio per aumentare le spese dell’anno seguente. Idea già discussa in Consiglio federale, ma abbandonata anche a causa di un rapporto di esperti che consiglia invece di ridurre le imposte.
Secondo il Dipartimento federale delle finanze, il problema si presenterebbe se si constatassero investimenti insufficienti, il che non è certamente il caso. Al limite, si potrebbe pensare a finanziare le spese sociali. Ma anche in questo campo si constata che dall’introduzione del freno nel 2003, la spesa sociale è cresciuta a ritmi più elevati di quelli dell’economia, e questo nonostante il freno all’indebitamento. Perciò il consiglio del gruppo svizzero di esperti è stato piuttosto quello di ridurre il carico fiscale.
Sull’altro grande tema, e cioè il risanamento del sistema di assicurazione sociale, compromesso essenzialmente dall’invecchiamento della popolazione, le conclusioni del FMI sembrano sostenere la necessità di un aumento dell’età di pensionamento per l’AVS e di una riduzione del tasso di conversione del capitale di vecchiaia in rendita per la previdenza professionale. Facile a dirsi sul piano teorico, ma difficile da realizzare in un sistema democratico come quello svizzero, in cui l’ultima parola spetta al popolo.
Infine, si è affrontato anche il tema dell’iniziativa «Moneta intera». Adeguata al sistema svizzero, l’iniziativa vorrebbe togliere alle banche la possibilità di creare moneta, attraverso il credito, e affidare unicamente alla Banca nazionale questa funzione. L’iniziativa si basa proprio su uno studio del 2012 di due economisti del FMI. A Berna si è però confermato che il FMI stesso non condivide l’idea (tra l’altro poiché creerebbe problemi in materia di crediti sufficienti all’economia)dell’iniziativa che sarà posta in votazione popolare il prossimo 10 giugno. Lo studio del 2012 era un lavoro teorico, che nella pratica quotidiana creerebbe alcune difficoltà. In Svizzera questo vale spesso anche sul piano politico, proprio per il necessario consenso popolare sulle grandi riforme.