Le politiche monetarie per la ripresa economica

La Banca Nazionale Svizzera annuncia un nuovo aumento del suo tasso di sconto, portandolo a 1,75% Il segnale è chiaro: l'inflazione rallenta ma non scompare e i tassi di interesse restano di parecchio inferiori a quelli di altri Paesi
/ 03.07.2023
di Ignazio Bonoli

Le banche nazionali dei principali Paesi industrializzati continuano a praticare la politica di aumento dei tassi d’interesse di riferimento. Questo perché, in sostanza, l’obiettivo di un tasso di inflazione attorno al 2% è ancora lontano. Negli Stati Uniti siamo ancora all’8,6%, mentre in Europa la media UE è ancora all’8,1%, con Paesi come l’Italia che sono a livelli inferiori (7,3%). Anche nella Confederazione la Banca Nazionale Svizzera (BNS) mantiene la politica di tassi d’interesse in aumento, nonostante il tasso di inflazione sia ormai molto vicino al 2%: per la precisione 2,2% a fine maggio, cioè allo stesso livello del 2022, prima dello scoppio della guerra in Ucraina. In Svizzera, però, l’obiettivo è di scendere sotto il 2% e di avvicinarsi allo zero. Il confronto su base annuale nasconde, però, il fatto che rispetto al mese d’aprile, in maggio il tasso di inflazione mostra una ripresa dello 0,3%.

L’Ufficio federale di statistica spiega questa risalita, tra l’altro, con un aumento degli affitti delle abitazioni e dei prezzi dei viaggi all’estero. Tuttavia, anche i prezzi dei generi alimentari, in particolare frutta e verdura, continuano ad aumentare. Per contro, la riduzione su base annuale è dovuta a un effetto base, soprattutto nei fattori energetici. Allo scoppio delle ostilità in Ucraina i prezzi del petrolio e derivati sono fortemente saliti, mentre a fine maggio sono scesi di circa il 17%, rispetto al maggio 2022. Se invece si tiene conto dell’inflazione di base, escludendo i prezzi dell’energia, il tasso d’inflazione in Svizzera sarebbe sceso all’1,9%, quindi per la prima volta quest’anno sotto il 2%.

La BNS mantiene, però, la sua politica di rialzo dei tassi di riferimento. Questo perché non solo l’inflazione resta elevata nei Paesi vicini, ma anche perché buona parte della nostra inflazione viene prodotta in casa: infatti i prezzi dei prodotti svizzeri sono aumentati in un anno del 2,4%, mentre quelli dei prodotti importati sono aumentati solo dell’1,4%, in particolare grazie alla forza del franco svizzero, dovuta in parte anche alla tendenza dei tassi di interesse in aumento.

Situazioni, non solo in Svizzera, che pongono le banche centrali di fronte al dilemma di frenare l’inflazione, oppure praticare una politica di sostegno alla ripresa dell’economia. Per il momento tutte le autorità monetarie mantengono l’obiettivo principale di ridurre l’inflazione, facendo aumentare i tassi di interesse e, quindi, riducendo la domanda aggregata di beni di consumo e di beni di produzione. Cosa che, però, non è avvenuta totalmente e ha favorito una leggera ripresa di alcune economie. Di conseguenza la Banca Centrale Europea, il 15 giugno, ha decretato un nuovo aumento del tasso di sconto dello 0,25%, portandolo al 4%.

Mentre la Federal Reserve americana ha deciso una pausa prima di altri aumenti, la Banca Nazionale Svizzera ha annunciato un nuovo aumento del suo tasso di sconto, però solo dello 0,25%, invece che dello 0,5% come finora, portandolo a 1,75%. Il segnale è chiaro: l'inflazione rallenta, ma non scompare e i tassi di interesse restano di parecchio inferiori a quelli di altri Paesi. Per cui si può anche rimunerare meglio l'investimento in franchi, mantenendone la forza sui mercati internazionali e quindi contrastando almeno l'inflazione importata.

In Svizzera il problema si complica, poiché a una tendenza già in atto di un sensibile aumento dei prezzi delle case, si aggiunge l’applicazione possibile di un automatismo voluto a suo tempo, proprio con lo scopo contrario. Si tratta del tasso di riferimento per i tassi ipotecari. Attualmente all’1,25%, dal prossimo ottobre salirà all’1,5%. Questo aumento permetterebbe, a determinate condizioni, un aumento delle pigioni del 3%. A sua volta, questo aumento potrebbe incidere nella misura del 40% sul tasso di inflazione. Creato nel settembre del 2008 ed entrato in vigore in ottobre, questo tasso di riferimento si basa sul tasso medio d’interesse applicato per tutti i contratti ipotecari allestiti in Svizzera. Lo scopo era quello di creare un indice al quale riferirsi nei contratti d’affitto, in modo da evitare pigioni abusive rispetto al debito ipotecario del proprietario dell’immobile locato. Da allora, questo tasso è costantemente diminuito, per cui l’aumento comunicato dall’Ufficio federale dell’abitazione è una sorta di novità.

Di per sé i sintomi di questo cambiamento si sentivano già da alcuni mesi, data la tendenza in atto all’aumento dei tassi ipotecari. Quali effetti concreti potrebbe avere questo aumento è difficile dire. Intanto solo circa la metà di contratti d’affitto si basa su questo indice. Questi contratti sono poi soggetti ad alcune condizioni. Per esempio, l’aumento è applicabile a contratti conclusi dopo il marzo 2020 con riferimento al tasso dell’1,25%. Per contratti precedenti l’aumento può essere fatto se il locatore ha applicato anche le diminuzioni indotte dal calo dell’indice di riferimento. L’aumento è possibile solo entro i termini di disdetta indicati dal contratto, più dieci giorni di riflessione. L’aumento non è automatico e il ricorso è possibile presso gli Uffici di conciliazione. Tutto questo permette di dedurre che l’applicazione dell’aumento avrà un effetto limitato su meno della metà dei contratti d’affitto. Non è però da escludere che ci possano essere ulteriori aumenti, a dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e di quelli ipotecari, sempre a seguito della politica monetaria della BNS.