Le masse e il Führer nell’epoca digitale

Il comportamento delle masse, facile preda di estremismi, è stato studiato a fondo in passato, da Sigmund Freud a Elias Canetti, ma ora con l’irruzione dei social nel discorso politico si aggiunge una dimensione nuova
/ 26.04.2021
di Nidesh Lawtoo *

Nel 1921, esattamente cento anni fa, Sigmund Freud pubblicò un testo intitolato, Psicologia delle masse e analisi dell’io. Molte cose sono cambiate in un secolo, ma la tendenza psicologica degli umani a comportarsi come gli altri quando sono presi in dinamiche collettive di massa rimane radicata in noi, soprattutto se la massa si trova sotto il potere di un leader autoritario dotato di prestigio. Ben prima dell’ascesa del fascismo e del nazismo, nel suo saggio, Freud denominò questo leader con il termine di «Führer». La sua domanda era la seguente: perché persone che si comportano in modo razionale individualmente possono facilmente cadere preda di un legame emotivo inconscio, irrazionale e contagioso se sono parte di una massa? La presenza di un leader, secondo la tesi di Freud, gioca un ruolo preponderante in questa trasformazione psicologica. Visto il numero crescente di populismi d’estrema destra in varie parti del mondo che si appoggiano su leader con tendenze autoritarie per indurre emozioni contagiose la domanda di Freud rimane non solo di grande attualità; richiede pure di essere ripensata nell’epoca digitale dove le emozioni si diffondono online prima di sfociare in azioni potenzialmente violente offline.

Psicologia delle Masse e analisi dell’io, appartiene ai saggi culturali dell’ultimo Freud ed è, tra gli altri, quello più politico e attuale. Come indica il titolo, in sostanza Freud applica la teoria psicoanalitica, che si occupa di psicologia individuale (l’«io»), alla sfera più generale della cultura, della politica, e dei legami sociali che Freud raggruppa sotto la categoria della «massa» (Masse). Non era certamente il primo a parlare di psicologia di massa. Come spiego nel mio saggio, (Neo)Fascismo: Contagio, Comunità, Mito (Mimesis ed., 2020), Freud si appoggia su una lunga tradizione di pensatori della psicologia delle folle, come Gustave LeBon e Gabriel Tarde che lo precedono e a cui fa costantemente riferimento. Lo scopo è dunque di recuperare le lezioni principali di questa tradizione di pensiero psicologica un po’ dimenticata nel secolo scorso, riconsiderandola da una prospettiva presente, attenta ai sovranismi, populismi di estrema destra, o come li chiamo io, (neo)fascismi, nel loro abile manipolare le emozioni collettive.

Cosa dice Freud? In sostanza, concorda con la tradizione psicologica che lo precede: l’individuo in una massa è stranamente preda di comportamenti inconsci, contagiosi e mimetici che lo rendono un ingenuo, credulone, irrazionale, preda di emozioni aggressive e potenzialmente pure capace di azioni violente, soprattutto se viene suggestionato da un leader dotato di prestigio o carisma. Come diceva già Gustave Le Bon in un libro intitolato Psicologia delle folle (1895) che Freud cita e che serve da punto di partenza per la sua diagnosi: «Annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità inconscia, orientamento determinato dalla suggestione e dal contagio dei sentimenti e delle idee in un unico senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite, tali sono i principali caratteri dell’individuo in una folla». Aggiungo che Freud non utilizzerebbe il termine «suggestione» che è vicino all’ipnosi e all’imitazione, una tradizione da cui il padre della psicanalisi vuole prendere le distanze. Al suo posto, Freud propone una teoria edipica del corpo sociale basata su due legami diversi che legano la Masse al Führer, amore e identificazione, una divisione che viene dal triangolo edipico e che bisogna forse ripensare in chiave contemporanea. Se Freud nega l’esistenza di un legame affettivo diretto tra leader e massa basato sulla suggestione, ipnosi o imitazione, la tradizione che lo precede postula invece una tendenza mimetica innata nel cervello che ci porta a imitare inconsciamente gli affetti altrui, nella massa ma non solo. La scoperta dei neuroni specchio negli anni 1990 riscopre in un certo senso la tradizione dell’inconscio che precede Freud e che io raggruppo sotto il concetto di inconscio mimetico (cf. Il Fantasma dell’Io: La Massa e l’inconscio mimetico, Mimesis ed. 2018).

Quel che trovo interessante in chiave culturale e politica attuale è che la suggestione o l’imitazione implica uno stato alterato di coscienza, una predisposizione a credere persone dotate di potere anche se mentono, in cui le idee di un leader possono essere tradotte in azioni, incluse quelle violente e antidemocratiche, sia online che offline. L’attacco al Campidoglio del gennaio scorso negli USA, per esempio, è un caso di suggestione collettiva di massa. Una menzogna (frode elettorale) ripetuta da un leader e amplificata sui social può portare ad atti d’insurrezione violenti, anti-democratici e (neo)fascisti. Visto che il rischio di attacchi simili a quelli che abbiamo osservato lo scorso 6 gennaio è grande nell’epoca digitale, vale dunque la pena di ritornare a riconsiderare dei classici della psicologia di massa, di cui il testo di Freud fa parte ma non è l’unico.

Alla luce dei recenti fatti di Washington, riflettere su quanto nel secolo scorso ha provocato il potere della mimesi sia un passo necessario per contrastare le minacce amplificate dai nuovi media nel nostro secolo. Nell’analisi della psicologia delle masse odierna, è infatti importante includere i nuovi media e le nuove situazioni politiche di cui Freud non poteva essere a conoscenza, ma che ci permettono di comprendere le dinamiche di contagio affettivo nel presente. Il potere dei social sulla formazione di forme collettive di suggestione che si basano sul culto della personalità, va ripensato in una maniera più dinamica rispetto al passato, così come il passaggio dalla «massa» freudiana al pubblico virtuale soggetto ad attacchi e movimenti affettivi che io chiamo ipermimetici.

Freud nella sua opera si limita a considerare la psicologia di «massa» perché non viveva nell’epoca digitale. Un suo precursore, il sociologo francese Gabriel Tarde (1843-1904), vedeva più lontano quando diceva che stiamo entrando nell’era del pubblico, che definiva come una «massa virtuale» connessa «a distanza». Sulla traccia di Tarde, ho spiegato come i nuovi media nell’epoca digitale rendano instabile la linea di demarcazione tra finzione e realtà, menzogna e fatti, che da netta diviene permeabile e «porosa». Una menzogna o una finzione che si dissemina nel mondo virtuale online ha, infatti, il potere di generare effetti reali nella vita offline. Chiamo questo processo «ipermimesis», perché nuovi social media come Facebook o Twitter amplificano gli effetti dell’imitazione sul nostro inconscio che vi è già predisposto naturalmente. I social, YouTube e Internet in generale, utilizzano infatti algoritmi che raccolgono dati sulle nostre preferenze (acquisti, divertimenti, ricerche, ma pure ideologie e teorie cospiratorie) per poi inviarci verso contenuti a cui siamo già disposti a credere, in una spirale che, specialmente in periodi di crisi, può facilmente portare ad abbracciare ideologie violente e a compiere azioni (neo)fasciste. Ne abbiamo pure avuto testimonianza proprio durante un seminario online sul fascismo come condizione mentale organizzato dal collettivo italiano Settima Lettera a cui ho partecipato lo scorso marzo. Siamo infatti stati vittime di un attacco hacker o zoombombing che mi ha dimostrato i limiti della teoria di Freud.

Questa intrusione (neo)fascista nella nostra aula Zoom, ha sfortunatamente interrotto la presentazione di un mio collega con dei simboli fallici osceni ma pure nazisti come la svastica. Ha pure confermato i poteri dei nuovi media digitali o new media di introdurre nuove forme di fascismo (o new fascism) di cui ho discusso durante la mia presentazione. Oltre a darmi l’occasione di mostrare che la teoria ha un potere d’anticipo su pericoli reali, mi ha permesso di andare oltre una visione dell’inconscio proposta da Freud che sta alla base non solo del suo saggio sulla massa ma di tutta la sua teoria e con cui non possiamo più pienamente concordare. In un’analogia famosa nelle Lezioni introduttive alla psicanalisi, Freud paragona la dinamica dell’inconscio a uno studente che disturba la classe e che deve essere messo alla porta, per permettere che la lezione continui. Semplificando, l’aula della lezione starebbe per la coscienza, il professore starebbe per l’io, lo studente indisciplinato buttato fuori starebbe per l’inconscio o la massa che in fondo per Freud sono la stessa cosa. Il meccanismo di espulsione starebbe per la repressione delle pulsioni inconsce, che è il concetto o ipotesi su cui si regge tutto l’edificio della psicoanalisi. Non si tratta quindi di un esempio qualunque. Visto che lo scopo del seminario era quello di ripensare il testo di Freud e la psicoanalisi in genere in un’ottica contemporanea, ho dovuto far notare ai miei colleghi psicanalisti che l’attacco hack (lo studente indisciplinato e l’inconscio mimetico che entrano violentemente in classe) ci obbliga a ripensare le fondamenta stesse della psicoanalisi. Il problema è che, rispetto ai tempi di Freud, oggi esiste uno spazio «digitale» dove non ci sono porte da chiudere. Le porte dell’inconscio mimetico sono aperte o, meglio, non ci sono nemmeno!

I (neo) fascisti che ci hanno interrotto in modo aggressivo durante il seminario, non hanno dovuto neppure bussare per entrare, e gli organizzatori non hanno potuto «buttarli fuori» mentre sono loro che hanno buttato fuori noi. Abbiamo dovuto cambiare aula Zoom. In sostanza, lo hack ha dimostrato che il pericolo del (neo)fascismo è reale, fin troppo reale. Non si tratta di un problema d’accademici o da divano psicanalitico. Ci hanno pure dato una lezione preziosa che ci obbliga a ripensare le basi dell’inconscio che io chiamo mimetico perché produce dei fenomeni imitativi che si disseminano a grande velocità nell’epoca digitale. Naturalmente, questa non vuol dire che i nuovi media non possano essere usati per fini democratici, anti-fascisti, e costruttivi. Al contrario, si può combattere il (neo)fascismo con gli stessi new media utilizzati in uno spirito critico.

* L’articolo del mesolcinese Nidesh Lawtoo, professore di letteratura inglese e filosofia all’università di Leuwen in Belgio, è parte di un progetto di ricerca europeo intitolato «Homo Mimeticus» e finanziato dal Consiglio Europeo per le Ricerche (ERC).