Le giostre del Po

Eccellenze italane – Nel Polesine, al confine fra Veneto e Lombardia, è fiorita l’industria del divertimento che esporta giostre in tutto il mondo
/ 28.10.2019
di Luigi Baldelli

Bisogna arrivare sull’argine sinistro del Po, in provincia di Rovigo, in quella terra del Polesine al confine tra Veneto e Lombardia, per scoprire una realtà poco conosciuta. È qui, in una striscia di terra piatta, umida e piena di zanzare, che si trova il polo delle giostre, dove fabbriche e officine fanno incontrare il mondo dei sogni con quello della realtà. Il cuore di questo distretto del gioco è Bergantino, un paese di circa 2.500 anime, famoso nel mondo per la produzione di qualità delle sue giostre, esportate in tutti i parchi divertimenti dall’America all’Australia, dal Sud Africa al Giappone.

Ma come è possibile che in un paese agricolo si sia sviluppata l’industria delle giostre? Bisogna fare un passo indietro e tornare al periodo tra le due guerre mondiali, negli anni 20, per trovare le origini di questa eccellenza italiana e le radici di una storia che ha il sapore di favola. Erano anni di grave crisi economica in tutta l’Italia, ma soprattutto qui, nel Polesine che viveva solo di agricoltura, la crisi era ancora più forte. Un giorno del 1929, due amici, due meccanici di biciclette, Umberto Bacchiega e Umberto Favalli videro ad una fiera una giostra, esattamente un’autopista, portata da Milano. Increduli osservavano la gente che accorreva per fare un giro su quelle automobiline elettriche pagando in contanti. E così decisero di costruirne una, mettendo insieme gli ingredienti dell’inventiva, della genialità e della creatività, insieme a un debito contratto con la banca. 

Sono loro i pionieri delle giostre. Nel 1929 alla fiera di San Giorgio a Bergantino, nella piazza principale, presentarono la creatura, la loro autopista. Fu un successo, replicato pochi giorni dopo alla fiera di Novellara. È da questa intuizione che ebbe inizio prima l’attività imprenditoriale di possedere una giostra da portare nelle fiere e poi la produzione delle stesse. Un business che coinvolse anche i paesi limitrofi, come Melara e Calzo. Negli anni 50 erano più di cento le famiglie proprietarie di una giostra. Ma possedere una giostra voleva dire anche saperla costruire o riparare. E così nacquero le prime officine. Ed oggi, in questo territorio, ci sono più di 60 aziende legate alla costruzione delle giostre, facendo di quest’area un centro internazionale all’avanguardia nella produzione di attrazioni da Luna Park.

«Noi vendiamo emozioni», mi dice Lino, ingegnere alla Guarnieri, storica officina che costruisce giostre dal 1977. «Non è facile far divertire gli altri, ma per riuscirci, mettiamo in campo la nostra inventiva, estro e precisione da orologiai per creare quelle che io chiamo opere d’arte», continua ancora Lino, mostrandomi le foto delle loro attrazioni nei vari luna park sparsi nel mondo. Perché qui la giostra è un elemento molto significativo anche a livello economico. La costruzione di queste macchine per il divertimento è la spina dorsale dell’economia di queste terre. Una lingua di 20 km, ricca, in una area, povera di tutto. «Perché i brigantinesi sono creativi, vulcanici e non hanno nulla da condividere con la mentalità “povera” del Polesine», mi spiega la Signora Floriana, amministratore della Lamborghini, altra storica industria delle giostre, agitando il suo caschetto di capelli rossi seduta dietro alla scrivania, mentre dall’altra parte del muro arrivano i rumori delle macchine che stanno lavorando per costruire la struttura metallica della nuova giostra di cavalli destinata alla Polonia. 

Le officine meccaniche che costruiscono dalle «semplici» giostre con cavalli a dondolo, alle enormi macchine divertimenti o alle ruote panoramiche che raggiungono anche i 60 metri di diametro, hanno portato il benessere, tolto la disoccupazione: «Perché, vede» continua Floriana «oltre alle officine, ci sono i disegnatori, chi lavora la vetroresina, chi monta le luci o chi costruisce i caravan per i giostrai. Tutto il mondo viene qui a comprare, si fidano di noi. Un bel giro d’affari, mi creda». E basta percorrere i 20 km che separano Calzo da Melara, passando per Bergantino, lungo una striscia d’asfalto con ai lati pioppi e cascine e un orizzonte piatto davanti, inoltrarsi nelle zone industriali, per vedere capannoni con insegne dai nomi e colori che richiamano i giochi del luna park dove all’interno si costruiscono le strutture in metallo per ruote panoramiche o attrazioni dai nomi strani come star tower, tagadà, crazy raft, booster etc etc. Altri dove si lavora la resina e si stampano seggiolini, pupazzi, cavalli. O altri magazzini specializzati nella colorazione degli stampi. Piccole officine alle periferie dei paesi per la realizzazione di impianti luci. 

In questo girovagare finisco al capannone di Massimo, un disegnatore, intento a verniciare con l’aerografo una giostra di tre piani: «È vero, mi dice tra uno spruzzo di vernice e l’altro, questa è una terra che non offre molto. Questo territorio è sempre stato una zona di confine, emarginato socialmente ed economicamente. Ma abbiamo tirato fuori la parte positiva da questa situazione, sviluppando e potenziando iniziativa e intraprendenza. È nel nostro Dna». Sicuramente lo era nel Dna di Albino Protti, nato a Bergantino nel 1910, meccanico e appassionato di volo, un genio ed il vero capostipite delle giostre moderne, che nel 1951 brevettò e costruì la prima giostra ad aerei volanti, utilizzando anche pezzi d’aerei e carri armati della Seconda guerra mondiale, simile a quelle che ancora si vedono nei parchi divertimenti. Un acume, un ingegno e inventiva di cui era a conoscenza anche il famoso Walt Disney e che aveva espresso il desiderio di incontrare Protti durante un suo viaggio in Italia.