La destra radicale e populista si espande sul Continente europeo. In alcuni Paesi è già al potere, in altri sta guadagnando terreno nella sua corsa verso l’ingresso negli Esecutivi nazionali. E un po’ ovunque, in questa aerea politica, è sorta la rivendicazione di giungere un giorno al controllo delle istituzioni europee. Gli esempi della destra radicale al potere non mancano. In Ungheria il primo ministro Viktor Orban è in carica dal 2010 con il suo partito Fidesz. Ha installato un regime che vien comunemente definito democrazia illiberale e che il Parlamento europeo, in una risoluzione votata a larga maggioranza nel settembre dell’anno scorso, ha definito «autocrazia elettorale». In primo piano ci sono i vari attacchi lanciati da Budapest contro i valori dell’Unione europea, in particolare contro le politiche migratorie, i diritti delle persone LGBTQ+ e la libertà di stampa. La Polonia, il Paese più importante nell’Europa centro-orientale, è guidata dalla destra populista di Diritto e giustizia (PiS). Una formazione di ispirazione conservatrice clericale, nazionalista e illiberale. A questo partito appartengono sia il presidente Andrzej Duda sia il primo ministro Mateusz Morawiecki. Il 15 ottobre sono previste nuove elezioni e i sondaggi non lasciano spazio a un possibile cambiamento di maggioranza.
Giorgia Meloni è la capa di Governo più a destra che l’Italia abbia conosciuto dopo Benito Mussolini. In Finlandia, alle ultime elezioni di aprile, c’è stato uno slittamento a destra. Il Partito di Coalizione Nazionale, la principale formazione conservatrice, ha concluso un’alleanza di Governo con due piccoli partiti della stessa area politica e con la destra radicale dei Veri Finlandesi. Anche in Svezia c’è stata una svolta a destra dopo le elezioni del 22 settembre 2022. La destra radicale dei Democratici svedesi è diventata la seconda forza politica del Paese, con il 20,7% dei voti, e ora fa parte del Governo in una coalizione con i liberali, i conservatori e i cristiano-democratici. Negli ultimi mesi, l’attualità svedese ha messo in luce numerose dichiarazioni anti-islamiche di alcuni rappresentanti dei Democratici svedesi e almeno due roghi pubblici del Corano, il libro sacro dell’islam.
Oltre ai Paesi dove la destra radicale è arrivata al potere, preoccupano anche quelle Nazioni dove questi movimenti politici potrebbero arrivare al Governo in tempi relativamente brevi. Trattasi di quegli stati che possono rivelarsi determinanti per il futuro dell’Unione europea, come la Germania o la Francia. In Germania, l’AfD (Alternative für Deutschland), un partito di estrema destra che propone un modello di società fondato sulle divisioni e l’esclusione, sta avanzando in modo importante. I sondaggi gli danno circa il 20% dei voti e lo piazzano al secondo posto dopo la CDU e prima dei socialdemocratici. L’AfD è forte soprattutto nell’ex Germania orientale.
In primavera è riuscito a vincere un ballottaggio locale a Sonneberg, in Turingia, imponendo un suo candidato come primo Landrat, ossia come presidente di un distretto. Le elezioni nazionali sono previste soltanto fra due anni, ma già l’anno prossimo ci saranno alcune elezioni regionali, i cui risultati potrebbero confermare, addirittura ampliare, la tendenza attuale. In Francia, le recenti violente manifestazioni dei giovani e quelle che hanno tentato di bloccare la riforma delle pensioni, hanno consentito al Rassemblement National di Marine Le Pen e alle altre formazioni della destra radicale di aumentare i loro consensi. Le elezioni presidenziali si svolgeranno nel 2027. Secondo la costituzione, Emmanuel Macron non può svolgere più di due mandati e, quindi, non può ripresentarsi. Marine Le Pen, invece, insiste, e dopo tre tentativi falliti nel 2012, 2017 e 2022, è già al lavoro per preparare il quarto tentativo per accedere all’Eliseo.
Il 23 luglio gli spagnoli sono andati alle urne. Il partito popolare si è alleato con l’estrema destra di Vox, confermando l’intesa esistente tra i due partiti in molte province e in più di cento Comuni. Molti si aspettavano un loro successo elettorale, ma non è stato così. Il partito popolare ha progredito meno del previsto e Vox ha perso il 12% dei voti, ossia 19 dei 52 seggi che aveva ottenuto nel 2019. I risultati elettorali hanno reso difficile la nascita di un Governo. Le trattative sono ancora in corso e se non si riuscirà a trovare una soluzione bisognerà tornare alle urne, come è già successo dopo le elezioni del 2015 e quelle del 2019. In Olanda, dopo la caduta della coalizione di Governo, all’inizio di luglio, si terranno nuove elezioni il 22 novembre. Il popolare democratico Mark Rutte, personaggio centrale della politica olandese e anche della famiglia liberale europea, non si ripresenterà. Il centro rischia di ritrovarsi indebolito e la destra radicale, guidata dal Partito per la libertà (PVV) di Geert Wilders, potrebbe trasformare in un successo elettorale i buoni sondaggi di cui gode oggi.
Ci sono almeno tre temi sui quali i gruppi della destra radicale presenti nei vari paesi europei sono concordi. Il più importante è sicuramente la lotta contro l’immigrazione. Per molti è all’origine di tutte le carenze economiche e strutturali nonché dell’impennarsi dei costi sociali. Per altri, l’immigrazione è vista anche come un pericolo che può portare al «Grand remplacement», alla Grande sostituzione dei nazionali con una popolazione di origine extraeuropea. Là dove può, la destra radicale non esita a prendere misure, rafforzando le frontiere nazionali e ricorrendo a consultazioni popolari, come farà il Governo polacco il 15 novembre, per poter lottare contro il fenomeno in maniera ancora più decisa. Il secondo tema è l’euroscetticismo, che si trasforma in una chiara opposizione a tutte le autorità comunitarie e, almeno in parte, anche a valori che difende l’Ue. Un terzo tema, che vanta una certa diffusione, è il negazionismo climatico. Alcuni movimenti negano il riscaldamento globale, si oppongono alle misure che vengono prese per contrastarlo e vorrebbero uscire dall’Accordo di Parigi.
La posta in gioco politica dell’avanzata della destra radicale è il futuro delle istituzioni europee. Nel giugno del prossimo anno verrà rinnovato il Parlamento europeo e subito dopo le altre autorità comunitarie. Attualmente la maggioranza nel Parlamento comprende il Partito popolare europeo, i liberali, i socialisti e i verdi. La destra radicale si ritrova nei gruppi della minoranza. L’attuale presidente della commissione, Ursula von der Leyen, per esempio, è stata eletta con l’assenso dei popolari e dei socialisti, quindi da forze di centro-sinistra. L’ambizione della destra radicale alle prossime elezioni è di creare un’alternativa alla maggioranza che governa a Bruxelles, o perlomeno di indebolirla in modo significativo. È prematuro prevedere sin d’ora quale sarà il risultato. Quello che è già noto, però, è che lo scrutinio europeo sarà molto importante e che susciterà un vivo interesse.