Una foto racconta il versante malavitoso e denso di pericoli della pandemia da Covid. È stata scattata dai carabinieri a Palermo a gennaio. Inquadra Giuseppe Cusimano, emergente capomafia di uno dei mandamenti più importanti, quello comprendente i quartieri dello Zen, di Mondello, di Tommaso Natale. Il boss e i suoi guardaspalle caracollano a causa dei troppi sacchetti della spesa: l’hanno fatta per i tanti vicini di casa mandati alla fame dal virus. In una città che vive soprattutto di lavoro nero, lo stop alle attività ha comportato enormi problemi sociali. La risposta dello Stato non è stata sufficiente con i ristori e i redditi di sostentamento spesso finiti nelle mani sbagliate (lo stesso Cusimano figurava tra i percettori). E allora ecco le nuove generazioni di Cosa nostra farsi avanti con il loro welfare teso ad acquisire benemerenze e complicità.
Già in aprile Cusimano, un fratello condannato in diversi processi per mafia e droga, si era messo in mostra affermando di voler fare azioni caritatevoli, di voler distribuire pacchi senza nulla chiedere in cambio. Che fosse invece un’operazione di facciata, mirante a imporre la sudditanza al territorio, i carabinieri l’avevano percepito lo scorso settembre allorché due gruppi contrapposti si erano sfidati in pieno giorno con le armi in pugno nelle strade dello Zen. Solo per un caso fortuito non ci sono state vittime, purtroppo non ci sono stati neppure testimoni, malgrado i numerosi passanti finiti in mezzo allo scontro a fuoco. Dietro la beneficenza di facciata c’erano le estorsioni agli imprenditori e le rapine. Il denaro ricavato sarebbe poi stato investito rilevando le attività commerciali – bar, ristoranti, supermercati, boutique – con l’acqua alla gola dopo un anno di cattivi affari.
Malauguratamente l’assalto della malavita al commercio in crisi viene denunciato in ogni regione. Più le banche hanno chiuso il rubinetto dei crediti e dei fidi, più le organizzazioni criminali hanno festeggiato. A loro i quattrini da investire non mancano: in un anno la ’Ndrangheta guadagna 60 miliardi di euro, Cosa nostra 35, la Camorra 20. I soldi sporchi provenienti soprattutto dal traffico di droga, dall’usura, dal pizzo, dal riciclaggio rappresentano la trappola in cui non pochi sono tentati di cadere per evitare il fallimento d’imprese quasi sempre familiari, spesso frutto del lavoro e dei sacrifici di nonni e di genitori. Eppure le denunce per estorsione e usura sono drasticamente diminuite dall’emanazione della Legge 108 nel 1996: da 1436 dell’epoca alle circa 600 del 2020, secondo una previsione del ministero della Giustizia. I dati a disposizione spiegano che la regione più colpita è la Sicilia, seguita da Puglia, Calabria, Campania, Umbria, Lombardia e Lazio.
Un’altra inchiesta dei carabinieri, stavolta nell’hinterland di Roma, racconta la ferocia dispiegata quale abituale modus operandi. Pestaggi, minacce, raid punitivi per incassare le rate delle somme prestate a piccoli artigiani, operai in cassa integrazione, impiegati disoccupati. Poche migliaia di euro a un tasso mensile variabile dal 10 al 40 per cento, che in un anno possono moltiplicarsi per 5, per 6, per 7 volte.
Alcune intercettazioni telefoniche, riportate negli ordini di cattura, danno i brividi: a un garagista minacciavano di prelevare il figlioletto all’asilo e di condurlo «a una gita fuori porta», a un idraulico di fargli trovare un muscoloso esattore sotto casa. Avvertimenti quasi sempre coronati da successo. E il denaro incassato serviva per il traffico di cocaina e di armi. La Direzione investigativa antimafia parla addirittura del pericolo di un’autentica colonizzazione del sistema imprenditoriale da parte dei clan. E della loro regia di possibili disordini e sollevazioni di massa nelle periferie delle città più esposte.
La crisi economica e finanziaria attanaglia ormai il Paese non meno di quella sanitaria. E se è vero che bisogna essere vivi per poter contribuire al rilancio dell’Italia è altrettanto vero che i tempi di una ripresa paiono dilatarsi. La Consulta nazionale antiusura scrive di «circa 2 milioni di famiglie in sovra-indebitamento e di altre 5 milioni appena sopra la soglia, cioè in equilibrio precario tra reddito disponibile e debiti ordinari. Di queste, circa 800mila persone o 350mila famiglie sono nell’area dell’usura». Viene stimato che lo choc della pandemia abbia fatto lievitare fino a 6 milioni il numero di famiglie in sofferenza: da quelle pressate da uno stato d’insolvenza finanziaria o creditizia a quelle più esposte in misura crescente alla trappola dell’usura. Non a caso è stato nel 2020 l’unico reato in forte aumento, +9,6 per cento, a fronte di una diminuzione di tutti gli altri.
Altrettanto drammatica la denuncia della Confcommercio: almeno 40mila aziende potrebbero finire in mano alla criminalità organizzata. Le cause sono le solite: i debiti provocati dai tanti fermi imposti dalla pandemia; le rate insostenibili dei prestiti usurai. Nella sola Roma la perdita di bar e ristoranti è di un milione al giorno. Le associazioni antimafia segnalano dati, vicende, intercettazioni capaci di tratteggiare un quadro chiaro sulle modalità con cui mafia, in Sicilia, ’Ndrangheta, in Emilia, Lombardia, Veneto, e Camorra, in Campania, hanno ricavato un grande profitto dall’emergenza. Fino ad ora sono stati aperti oltre 3000 fascicoli di indagine riguardo all’assegnazione di appalti legati alla distribuzione di presidi medicali, allo smaltimento di rifiuti sanitari, all’importazione di prodotti farmaceutici.
Ma c’è anche un versante estero. Gli emissari della ’Ndrangheta hanno puntato i resort della Costa Azzurra e della Costa del Sol, anch’essi piegati dalla mancanza di turismo; i ristoranti di Berlino e i pub di Londra chiusi per il lockdown; gli appartamenti sfitti nelle capitali europee e acquistabili a cifre irrisorie. Secondo un calcolo dell’Autorità nazionale anticorruzione italiana sono stati spesi più di 3000 miliardi di fondi pubblici per l’acquisto di mascherine, camici, respiratori polmonari, tamponi e altro. Una commessa che fa gola soprattutto alla ’Ndrangheta. L’agenzia delle Dogane è quotidianamente impegnata contro il rischio d’immissione di vaccini pericolosi e farmaci che verrebbero in seguito rivenduti in altre Nazioni a prezzi maggiorati, il doppio o il triplo di quanto sono stati comprati.
Le operazioni di riciclaggio sono aumentate di quasi il 5 per cento rispetto agli anni precedenti. Allo stesso tempo sono aumentati anche i reati online: a esempio l’invio di email di phishing in tutto il mondo con sfruttamento di temi correlati al Coronavirus per raggirare persone fisiche e aziende. Triplicato anche il numero di crimini informatici e il traffico di droga.
Pandemia e crisi economica creano nuove opportunità per delinquere anche in Svizzera. «In particolare – suggerisce ad «Azione» Christine Caron-Wickli, portavoce del Dipartimento federale di giustizia e polizia – la criminalità organizzata potrebbe sfruttare la difficile situazione finanziaria in cui versano tante aziende per i propri fini. Potrebbe ad esempio reinvestire in modo occulto valori patrimoniali di provenienza illecita, rilevando aziende sull’orlo del fallimento o servendosi di queste ultime per riciclare denaro. È tuttavia ancora presto per poter trarre indicazioni specifiche». Alla tematica è dedicato un rapporto dell’agenzia internazionale di polizia Europol (vedi link).
L’assalto della malavita
In Italia la crisi economica dovuta alla pandemia mette in ginocchio aziende e privati che si ritrovano in balia della criminalità organizzata
/ 22.02.2021
di Alfio Caruso
di Alfio Caruso