La vera posta in gioco in Ucraina

La crisi tra Stati uniti e Russia è la più acuta dalla fine della Seconda guerra mondiale e la più preoccupante per l’Europa
/ 07.02.2022
di Lucio Caracciolo

L’Ucraina è l’occasione ma non la causa e nemmeno il fine della crisi fra Stati uniti e Russia, in corso ormai da mesi. La più acuta dalla fine della Seconda guerra mondiale e la più preoccupante per la pace in Europa. Concentrati sulla pressione militare russa ai margini della frontiera ucraina e dalla dura reazione americana, rischiamo di perdere di vista la vera posta in gioco. Niente meno che l’equilibrio di potenza in Europa. E dato che il nostro Continente, malgrado tutto, resta di fondamentale rilievo per gli equilibri planetari, la questione investe la gerarchia del potere globale.

Per capire l’importanza della partita in corso occorre partire dalla fine della guerra fredda. Ovvero della pace in Europa dopo la fine della guerra, basata sulla secca bipartizione del Continente, a sua volta incardinata sulla divisione della Germania, simboleggiata dalla spartizione della sua storica capitale Berlino fra i quattro vincitori: due veri (Stati uniti e Urss) e due formali (Francia e Regno unito). Il crollo repentino di quel patto non scritto, dovuto al suicidio dell’impero e poi dello Stato sovietico, colse tutti di sorpresa. A cominciare dagli Stati uniti. I quali fino all’ultimo avevano puntato sull’indebolimento ma non sulla scomparsa dell’Unione sovietica.

Presto però Washington decise di cogliere l’occasione per liquidare una volta per sempre la minaccia russa, sotto qualsiasi forma e regime. La sostanza vera della guerra fredda non era affatto ideologica, ma essenzialmente geopolitica. Per l’America, padrona dell’Europa occidentale, si trattava di spingere la frontiera del suo impero europeo il più possibile a ridosso delle mura del Cremlino. Alcuni pensavano, e ancora pensano, che si potesse addirittura dare la spallata finale alla Russia, anche se non era né resta chiaro che cosa avessero in mente di fare una volta distrutto lo Stato più grande del mondo.

La Russia si trovava negli anni Novanta al nadir della sua parabola moderna. Alla mercé degli Stati uniti, senza alleati nel mondo. Dopo l’avvento di Putin al potere nel 2000, la Federazione russa, avanzo d’impero, è riuscita a ricompattarsi, ad evitare il crollo finale. Nel frattempo però la Nato, cioè gli Usa in Europa, era a poche centinaia di chilometri da Mosca. Dalla fine degli anni Duemila a oggi, il Governo russo ha cercato di frenare l’avanzata atlantica, senza riuscirci.

La sconfitta subìta in Ucraina nel 2014, che ha costretto la Russia a mollare la presa sulla più importante delle repubbliche ex sovietiche, si è risolta nella spartizione di quel Paese cerniera in tre. Il grosso, imperniato su Kiev, è ormai largamente distaccato dalla Russia e vicino all’America, da cui si aspetta prima o poi la formalizzazione dell’accoglimento nella famiglia atlantica; la Crimea è stata rapita dalla Russia, per la quale si tratta di nient’altro che il ritorno a casa; infine il Donbass, arrugginita e devastata base industriale dell’Ucraina, è contesa fra Kiev e le milizie filorusse, che ne controllano gran parte. L’obiettivo di Putin è di impedire che l’Ucraina diventi americana, visto che non potrà tornare russa. L’intenzione di Biden è di tenere aperta la possibilità di integrare l’Ucraina nella Nato. Non sarà per domani e nemmeno per dopodomani, ma l’importante è tenere questa carta sul tavolo, così riducendo la Federazione russa a potenza secondaria.

Più in generale, Putin intende spaccare di fatto la Nato, sollecitando le linee di faglia che dividono gli europei fra loro e dall’America. Il suo obiettivo non è entrare a Kiev, perché rischierebbe la guerra atomica, ma di congelare lo status quo ucraino. E costringere Washington al dialogo diretto, scavalcando gli europei. Alla fine, della Nato resterebbero le strutture, ma non l’anima, dunque l’efficienza. E gli armamenti oltre che le basi avanzate americane in Europa orientale dovrebbero essere arretrati. Biden non può accettare questa prospettiva, che secondo i russi dovrebbe essere ratificata per trattato. Il rischio che la situazione sfugga di mano, che provocatori russi o ucraini decidano di giocare il tutto per tutto, è ancora debole ma non del tutto impossibile.

In ogni caso è molto probabile un nuovo giro di sanzioni e controsanzioni, dal quale uscirebbero penalizzati soprattutto i Paesi europei che dipendono di più dall’energia proveniente dalla Federazione russa. Ciò che porterà i soci europei della Nato ad accentuare i loro dissensi. In gioco sono insomma le gerarchie geopolitiche europee. Posta talmente alta da non poter escludere che i piani su accennati sfuggano di mano ai loro ideatori. O dovremmo scrivere apprendisti stregoni?