La Svizzera si allinea all’Europa

Guerra in Ucraina, il Consiglio federale ha deciso di adottare le sanzioni economiche contro la Russia elaborate dall’Ue
/ 07.03.2022
di Marzio Rigonalli

Dopo giorni di dubbi e di esitazione, tra forti pressioni interne ed internazionali, il Consiglio federale si è convinto a riprendere e ad applicare le sanzioni economiche e finanziarie decise dall’Unione europea contro la Russia. Sul piano interno, i partiti politici, ad eccezione dell’Udc, il Consiglio nazionale e le commissioni di politica estera, nonché i manifestanti scesi in piazza per protestare contro l’invasione dell’Ucraina, hanno chiesto al governo una reazione forte, all’altezza della grave situazione che si era creata. Sul piano esterno, molti governi occidentali hanno esercitato pressioni sul Consiglio federale perché temevano che la Svizzera potesse consentire alla Russia di aggirare le sanzioni e per impedire che l’unità dimostrata da tutto il continente europeo a sostegno dell’Ucraina venisse rotta da un piccolo paese situato al centro del continente.

L’adozione delle sanzioni europee corrisponde all’abbandono o alla violazione della neutralità, un principio che da tempi lontani caratterizza la posizione della Svizzera sul piano internazionale? Pochi rispondono in modo affermativo. Molti invece ritengono che, in questo caso, essere neutrali avrebbe voluto dire essere codardi nei confronti di un popolo brutalmente aggredito e costretto a vivere sotto i missili, i razzi, le bombe e tutto il fuoco delle armi dell’aggressore. La neutralità obbliga la Svizzera a non fornire aiuti militari a un qualsiasi paese belligerante. In questo caso, però, siamo di fronte a una violazione dell’integrità territoriale e dell’autodeterminazione di un paese e del suo popolo. È una flagrante trasgressione del diritto internazionale, dei principi che vi sono racchiusi, e rappresenta una minaccia al sistema della sicurezza in Europa e ai valori che difende il vecchio continente. Anche la Svizzera e i suoi interessi dipendono dal rispetto della pace, del diritto internazionale e dell’integrità territoriale degli Stati. La violazione di questi principi e valori rappresenta una minaccia anche per il nostro paese e la nostra libertà.

Con la sua decisione il Consiglio federale ha raggiunto anche tre risultati importanti per la nostra politica estera. Ha evitato un danno all’immagine internazionale della Svizzera, che rischiava di ritrovarsi isolata e di venir additata come opportunista, pronta a ricavare vantaggi da qualsiasi situazione, anche dalle tragedie e dalle sofferenze altrui. Non ha pregiudicato la candidatura della Svizzera a diventare membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu per i prossimi due anni. La candidatura è stata inoltrata l’anno scorso e la decisione verrà presa in giugno dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Infine non ha pregiudicato ulteriormente i delicati rapporti con l’Unione europea. Come è noto, queste relazioni sono peggiorate lo scorso mese di maggio, dopo la decisione del governo elvetico di abbandonare l’accordo istituzionale che per più anni era stato al centro di un negoziato. Poco tempo fa il Consiglio federale ha elaborato una nuova proposta, con la quale tenta ora di salvare la via bilaterale. Sono in corso sondaggi per capire quale potrebbe essere la reazione della Commissione europea al nuovo tentativo. Una reazione che potrebbe intervenire nelle prossime settimane e che potrebbe essere influenzata anche dalle varie posizioni emerse nei confronti dell’invasione russa.

Resta da vedere ora quale potrà essere l’efficacia delle sanzioni adottate e, quindi, quale sarà l’apporto elvetico alla comunità internazionale, impegnata nella difesa dell’Ucraina. Molto dipenderà dal modo in cui le sanzioni verranno applicate. Dalla maniera con la quale verranno colpiti quei gerarchi che fanno parte della cerchia del potere russo intorno a Putin, che hanno depositato miliardi nelle banche svizzere, che hanno acquistato ville nei più bei posti del paese e che inviano i loro figli nelle scuole private elvetiche. La Svizzera è un’importante piattaforma per le operazioni finanziare russe e per le società russe attive nel commercio delle materie prime. Nel 2020 i cittadini e le società russe detenevano in Svizzera circa 10 miliardi di franchi. Certo, le sanzioni contro i gerarchi e le banche russe non basteranno a frenare Putin. Per questo, probabilmente, ci vorranno sia l’eroica resistenza del popolo ucraino sia una forte opposizione all’interno della società russa. Sono però un segnale forte in difesa dei valori di libertà e di democrazia, sui quali si fonda il convivere del mondo occidentale e che sono in contraddizione con tutte le forme di dittatura e di oligarchia.