Per Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, sarà lei a «sconvolgere» i vertici dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), perché la nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala, nuova direttrice generale dell’Omc, non è una persona comune. Prima donna e prima africana a ricoprire questo ruolo, dove s’insedierà il 1. marzo per rimanere fino al 31 agosto 2025, possiede i requisiti per affrontare le colossali sfide che l’attendono: riformare l’organismo immobilizzato dalla politica di Trump, riprendere le fila del commercio internazionale colpito dalla pandemia, mediare le tensioni tra Usa e Cina, puntare sul rispetto delle regole del commercio globale e facilitare l’accesso ai vaccini contro il Covid nel mondo.
Laureata in Economia ad Harvard e con un dottorato di ricerca al Massachusetts institute of technology, questa donna tenace e testarda ha lavorato 25 anni alla Banca mondiale dov’è diventata amministratrice delegata e vice di Robert Zoellick tra il 2007 e il 2011, ma soprattutto è stata la prima donna due volte ministra delle Finanze nel suo Paese, rispettivamente sotto il presidente Olusegun Obasanjo (2003-2006) e il presidente Goodluck Jonathan (2011-2015), nonché ministra degli Affari esteri nel 2006.
Figlia del professor Chukwuka Okonjo, Obi (re) della famiglia reale Obahai di Ogwashi-Ukw, da adolescente Okonjo-Iweala è stata testimone degli orrori della guerra civile e come ministra delle Finanze è riuscita a cancellare 30 miliardi di dollari di debito del suo Paese e triplicare il tasso di crescita, sconfiggendo i nemici politici e mostrando una notevole forza quando sua madre è stata rapita a 83 anni, dopo che lei aveva denunciato la corruzione dell’industria petrolifera nigeriana.
Grazie alla sua tempra si è guadagnata il titolo di «Okonjo-wahala», che significa «piantagrane». «Quello che la rende cara a molte persone è la facilità con cui riesce a identificarsi con i problemi che incontra», ha osservato Vera Songwe, segretaria esecutiva della Commissione economica dell’Onu per l’Africa. «È riuscita ad arrivare lontano grazie all’esperienza vissuta in prima persona». La neo direttrice dell’Omc è nata nel 1954 e si è sposata con Ikemba Iweala, un neurochirurgo di Washington. È madre di 4 figli tutti laureati ad Harvard, ed è nei consigli d’amministrazione di Standard chartered bank, Twitter e African risk capacity. È stata nominata da Fortune come una delle 50 grandi leader mondiali, da Forbes come una delle 100 donne più potenti, e da Time come una delle 100 persone più influenti del pianeta.
A rendere possibile la sua nomina all’Omc è stato l’endorsement del nuovo presidente americano Joe Biden che le ha spianato la strada dopo che Donald Trump si era opposto alla sua candidatura sostenendo invece la ministra del Commercio della Corea del Sud, Yoo Myung-hee (la quale ha abbandonato la partita).
Lo stesso Trump durante il suo mandato aveva minacciato di lasciare l’Omc, principale arbitro del commercio internazionale, e aveva bloccato l’azione dell’organizzazione, di fatto gestendo le tensioni con la Cina attraverso protezionismo e guerra di dazi, in un crescendo che avrebbe potuto trasformarsi in un conflitto armato. In particolare l’ex presidente Usa aveva impedito la nomina dei nuovi membri della Corte d’appello, l’organismo che decide sulle controversie internazionali tra gli Stati dell’Omc, la quale richiede il consenso di tutti i Governi, e aveva criticato l’organizzazione per non aver frenato la Cina nelle sue pratiche sleali dopo la sua entrata nel 2001. Critiche che non sono iniziate con Trump, in quanto gli Usa chiedono da tempo regole nuove per permettere alle loro aziende di competere alla pari con la Cina. Ma se l’Omc è stata fondata per aprire mercati e regolare le relazioni commerciali, per Biden come per l’Ue diventa ora prioritario affrontare il mercato cinese soprattutto con il dialogo. La scelta di Okonjo-Iweala sembra andare in questa direzione, sperando nella sua capacità di operare nello spinoso triangolo Usa-Ue-Cina.
A complicare il quadro la pandemia da Covid e la gestione dei vaccini. L’economista nigeriana ha ribadito la necessità di garantire un accesso universale ai preziosi medicamenti, respingendo le restrizioni commerciali e le manovre per mantenere nascoste le scorte anche quando sono necessarie altrove. Fa ben sperare il fatto che fino a dicembre 2020 Okonjo-Iweala è stata nel consiglio del Global alliance for vaccines and immunization (Gavi) e ha guidato il contrasto all’epidemia di Ebola nella Repubblica democratica del Congo e nell’Africa occidentale, nonché nel primo anno di Covid-19. «Una Omc forte è essenziale se vogliamo riprenderci rapidamente dalla devastazione causata dalla pandemia», ha affermato dopo la nomina. «Insieme possiamo rendere l’organismo più agile e più adatto alle realtà di oggi».
Un altro tema caro ad Okonjo-Iweala è il clima. In particolare la riflessione si concentra sui prodotti ad alto contenuto di carbonio provenienti da Paesi senza un programma per il contrasto ai cambiamenti climatici: sia nel modo in cui vengono trasportate le merci, sia per il loro contenuto di carbonio. L’ipotesi dell’economista nigeriana è quella di ragionare con i Paesi membri riguardo la tassa sul carbonio (carbon tax) che «potrebbe essere vista dai ministri delle Finanze come un altro modo per aumentare le entrate, ma al contempo incoraggerebbe un comportamento economico migliore rispetto al cambiamento climatico».