La politica energetica che divide

Il modo di considerare nucleare e gas, il loro futuro e l’intricata diplomazia sia con la Francia di Macronsia con la Russia di Putin restano un pomo della discordia. Non solamente in Germania
/ 31.01.2022
di Stefano Vastano

A dar retta ai vocabolari, per «tassonomia» si intende la scienza che produce classificazioni, almeno se i dati si basano sull’anatomia, morfologia o biochimica. Se i «dati» invece sono le situazioni e convinzioni politiche, allora la tassonomia non produrrà che conflitti e malumori. Come vediamo da settimane non solo fra i ministri Verdi e i liberali della Fdp all’interno del «Governo semaforo» di Berlino. Ma soprattutto fra i Grünen e gli altri ambientalisti tedeschi da un lato e il cancelliere della Spd Olaf Scholz dall’altra. A cui soprattutto i movimenti di protesta giovanili contestano ora «di fare trucchi con la politica energetica», come annota su Instagram Luisa Neubauer, attivista di Fridays for future.

A cosa si devono gli screzi e dissapori nell’Esecutivo di Berlino e tra il nuovo Cancelliere e la galassia Verde? Al semplice fatto che a Bruxelles la Commissione europea ha proposto per l’appunto una «tassonomia», sulla cui base classificare sia i futuri investimenti in energia e reattori nucleari, sia quelli nelle centrali a gas, come energie pulite e «sostenibili». La nuova classificazione di Bruxelles ha mandato su tutte le furie sia Steffi Lemke, ministra dell’Ambiente dei Grünen, che Robert Habeck, il nuovo ministro dell’Economia di Berlino e carismatico co-presidente dei Verdi. «Voler spacciare quella nucleare per energia verde – è sbottata Lemke – non è altro che “greenwashing” (ovvero una pratica ingannevole, usata come strategia di marketing per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione di chi è attento alla sostenibilità). Una classificazione che supera ogni mia fantasia, specie considerando il fatto che le scorie nucleari restano attive migliaia di anni». Prima delle scorie finali in realtà bisogna considerare la pericolosità degli impianti stessi, si pensi ai disastri epocali di Chernobyl o Fukushima. Nonché, dal punto di vista strettamente economico – ha continuato Lemke – la questione se sia sensato, a giudicare da centrali nucleari sempre più costose in Francia, «investire tanto denaro pubblico in nuovi reattori».

Ma la nuova tassonomia della Ue è controversa non solo per ciò che riguarda la «sostenibilità» del nucleare. Per Habeck infatti anche l’utilizzo del gas può ricevere «l’etichetta verde solo per un periodo limitato e transitorio». Per il ministro dell’Economia infatti a partire dal 2035 gas e metano «dovranno essere sostituiti dall’energia senza dubbio verde dell’idrogeno». Per il movimento ambientalista e per i Grünen – il partito nato negli anni Ottanta sulla scorta dello slogan «Atomkraft? Nein, danke!» – non ci sono dubbi sul fatto che solo il mix di energie alternative e l’idrogeno siano il futuro; mentre puntare, come la Francia di Macron, sulle centrali nucleari solo «greenwashing». Risultato: già ora le questioni di politica energetica, come dice chiaramente Reinhard Bütikofer, eurodeputato dei Verdi, «si stanno trasformando in un banco di prova del nuovo Governo a Berlino». Oltre alle tassonomie di Bruxelles infatti di mezzo c’è anche il fatto che con le energie alternative una locomotiva industriale come la Germania non riesce a coprire neanche la metà del fabbisogno energetico nazionale. Anzi, l’anno scorso la quota delle energie verdi è scesa in Germania dal 46 per cento del 2020 al 42 per cento del 2021. L’obiettivo dei Verdi dunque di fuoriuscire anche dal carbone per il 2030 si rivela molto ambizioso, se non poco realistico.

È l’argomento a cui rimandano più voci all’interno della Fdp, il partito di Christian Lindner, il ministro delle Finanze a Berlino. «La Germania ha urgente bisogno di nuovi impianti a gas – dice Lindner – se vogliamo davvero rinunciare sia al nucleare che al carbone». Wolfgang Kubicki, vicepresidente della Fdp, è ancora più perentorio: «Nel nostro Governo dobbiamo trovare un compromesso se vogliamo sia una riduzione del CO2 che una stabile copertura energetica. In politica energetica non aiutano né tabù né i dogmi». Non sono solo i liberali della Fdp a rinfacciare a loro volta ai Verdi forti dosi di dogmatismo nella loro «tassonomia» delle energie pulite, più un certo idealismo nelle loro critiche sia a Bruxelles che alla Francia di Macron.

Anche la Spd del cancelliere Scholz – che in campagna elettorale ha fatto di tutto per presentarsi ai tedeschi come «il cancelliere della svolta ecologica» – si basa su tutta un’altra visione geopolitica quando si tratta di fonti energetiche. Lo scontro fra Spd e Grünen si riaccende ogni volta in particolare sulle forniture di gas che dovrebbero provenire da Nord Stream 2, la nuova e sempre più contesa pipeline della Gazprom che porterà direttamente (cioè bypassando l’Ucraina) il gas russo sull’isola di Rügen, sulle coste tedesche del Baltico. Annalena Baerbock, la 41enne ministra degli Esteri dei Verdi ha più volte dichiarato di essere contraria ai 1200 km della pipeline russa/tedesca di Gazprom. E non dimentichiamo chi è il presidente del Consiglio di Nord Stream 2: Gerhard Schröder, l’ex cancelliere della Spd.

Durante la sua prima visita a Washington Baerbock ha ribadito al suo omonimo americano, Antony Blinken, tutti i suoi dubbi su Nord Stream, accresciuti ora dalla esplosiva crisi in Ucraina e dalle truppe che Putin vi sta ammassando ai confini. Due nevralgici punti su cui sia la Spd che il cancelliere Olaf Scholz la vedono alquanto diversamente dai Verdi e dalla ministra degli Esteri. Per il Kanzler infatti l’intricata questione di Nord Stream si riduce in sostanza a «una questione economica e di natura commerciale». In sé dunque Nord Stream 2 non avrebbe a che fare né con le mire espansionistiche di Putin in Ucraina, né con la politica della Nato. Certo, davanti a Jens Stoltenberg, segretario Nato, Scholz si è spinto a dire che in caso di un’invasione russa dell’Ucraina, «tutte le opzioni restano aperte», compreso lo stop del conteso gasdotto. Ma più in generale però, «dovremmo disinnescare il conflitto politico su Nord Stream», consiglia il giovane Kühnert, il nuovo segretario generale della Spd. E Manuela Schwesig, premier della Spd nel Meclemburgo, spera che «la nuova pipeline entri velocemente in funzione».

Il modo di considerare energia nucleare e gas, il loro futuro e l’intricata diplomazia sia con la Francia di Macron che con la Russia di Putin, restano dunque un pomo della discordia non solo fra i Grünen, la Spd di Scholz e i liberali della Fdp a Berlino, ma nell’Europa intera, sostiene Omid Nouripour, portavoce di politica estera dei Grünen. «Nord Stream 2», scrive Nouripour su twitter, «è il fungo fossile che sta dividendo l’Ue. Questa pipeline deve essere fermata». La tassonomia insomma è una «scienza» ambigua se applicata alle complesse questioni politiche.