In Gran Bretagna stiamo assistendo alla fine di un’epoca: la fine dell’epoca del liberalismo sfrenato, la fine del sogno della Thatcher, la fine anche di un certo modo di fare politica. Viviamo un momento di particolare interesse storico. Abbiamo avuto la Brexit, le elezioni e poi il fuoco nella Grenfell Tower, la torre di appartamenti a Londra, per non parlare della serie di attacchi terroristici. È stato un continuo, e stiamo ancora cercando di capire, di decifrare bene i segnali.
Hanif Kureishi, a Roma al festival delle letterature di Massenzio per presentare il suo ultimo romanzo Uno zero (Bompiani), ci spiega:
Negli ultimi anni c’è stata una crescita del nazionalismo, dappertutto ma anche e soprattutto in Gran Bretagna. Sotto i nostri occhi si è sviluppata ancora una volta l’idea di razza, di identità nazionale e culturale. L’idea del territorio. Eppure, a Londra è stato eletto sindaco Sadiq Khan, musulmano e figlio di immigrati. Un segnale forte, un segnale di questa nuova tendenza.
Ritiene che la Gran Bretagna, dopo gli anni Settanta, stia ancora una volta per esplodere?
Penso che viviamo in tempi molti interessanti e stimolanti. Penso che la situazione e la società siano in continuo divenire. Il fuoco nella Grenfell Tower è stato emblematico. Emblematico anzitutto del divario profondissimo tra ricchi e poveri nella città di Londra. Per molti l’incendio, per terribile che sia stato, è diventato un simbolo. Il simbolo di una vera e propria pulizia etnica in atto nella città: cacciare dal centro i poveri , gli immigrati, i musulmani per mandarli a vivere ai margini e dare i terreni edificabili ai ricchi.
È tutto connesso, perché tutto ha a che fare con la religione, con la povertà, con il razzismo. Ha tutto a che fare con il Paese in cui vogliamo vivere, col Paese che vogliamo costruire. È probabile che Jeremy Corbyn, leader di estrema sinistra, diventerà il nuovo Primo ministro perché gode del consenso dei giovani. Sta cambiando tutto il panorama politico dopo anni di neoliberismo, si cerca di costruire un nuovo modo di fare politica, di pensare o ri-pensare la società. Le politiche del passato hanno prodotto una nuova middle-class che sta perdendo o teme di perdere il suo posto al sole, una middle class che è diventata più razzista e intollerante che mai, anti-immigrati, che etichetta i musulmani come arretrati, misogini, razzisti e anti-gay.
Secondo Lei c’è un problema religioso? Che l’Islam abbia a che fare con tutto questo?
Credo che sia connesso con il genere di Islam che i musulmani vogliono. Con l’essere pronti al cambiamento, a una nuova versione dell’Islam. Abbiamo matrimoni gay in Gran Bretagna, e anche matrimoni gay di musulmani. L’Islam non è un monolita, non è fisso, si sviluppa come tutto il resto.
La nuova generazione di ragazzi non ha idea delle rivolte o delle lotte del passato, è completamente nuova. Le ideologie si sviluppano, cambiano. Specie in un posto in costante cambiamento come Londra. È difficile in questo momento utilizzare categorie del passato, la situazione è molto fluida e in continuo divenire. E il sentimento più diffuso, al di là di tutto, è la lotta contro il neoliberismo. La società ha fallito, il governo ha fallito, non ha risposto ai bisogni della grande maggioranza dei suoi cittadini. Solo dei ricchi.
Lei ha scritto diffusamente in passato sul radicalizzarsi delle seconde o terze generazioni di immigrati, sul cosiddetto fondamentalismo di ritorno
Si, ma al momento i musulmani non sono interessati, non sono più interessati al fondamentalismo. A causa dell’Isis, perché l’integralismo si è ormai ficcato in un vicolo cieco. I ragazzi musulmani a Londra, quelli con cui parlo, sono molto più interessati alla lotta politica che all’Islam, sono parte di una società multiculturale. Per loro, la religione è un fatto privato e non politico, ha a che fare con le loro origini, con i genitori, con il Pakistan o con l’Afghanistan, con il passato.
Eppure dietro ogni attentato si risale a un legame con il Pakistan, con la Siria o con l’Arabia Saudita
Si, ma non funziona, non ha funzionato. Non ha cambiato la Gran Bretagna, anzi. Dopo questa ultima serie di attentati, casuali e insensati che hanno causato vittime anche tra i musulmani, ci sono sempre meno giovani e meno giovani disposti a farsi tentare dall’integralismo, dal terrorismo. Attentati del genere sono un segno di disperazione, non di attività rivoluzionarie. E molti giovani che erano partiti per combattere in Siria stanno tornando, la situazione là è un disastro. Questa concezione di Islam non funziona in Occidente, è riuscita soltanto a creare un fascismo di ritorno, un razzismo di ritorno, di odio intorno ai musulmani, molto più che in passato.
Però esiste un problema di radicalizzazione delle nuove generazioni, dappertutto in Europa abbiamo «foreign fighters»: vanno a combattere in nome di ideologie integraliste. Le nostre società, la società britannica, ha delle responsabilità, ha fallito nell’integrare gli immigrati
A fallire sono state anzitutto le famiglie, basta incolpare la società per tutto. Incolpare sempre e solo la società è una follia. Se si parla di mancanza di lavoro, di prospettive, non è scorretto incolpare anche la società: ma sono problemi che riguardano i giovani in generale, non soltanto i musulmani. A fallire sono stati padri e madri, è un problema di struttura familiare piuttosto che di integrazione. Perché questi ragazzi sono così facili da manipolare, chi li ha lasciati soli? I miei figli non lo fanno, io non l’ho fatto. Quando passavo le giornate steso sul letto a fare nulla mio padre mi urlava che stavamo in Inghilterra per lavorare, per costruire una nuova vita in una nuova società di cui dovevamo accettare le regole. D’altra parte, nessun pakistano della generazione di mio padre era integralista, i paesi d’origine erano luoghi diversi, più aperti e liberali di adesso. Forse sarebbe bene riflettere sul colonialismo e sul neo-colonialsmo di ritorno, oltre che sull’integrazione.