Nel 1859 un gentiluomo inglese si fece mandare in Australia 13 conigli selvatici europei che lasciò liberi a scopi venatori. I conigli producono 4 nidiate all’anno di 4-5 cuccioli per volta, iniziano ad accoppiarsi già all’età di qualche mese, così che la popolazione può crescere molto velocemente. Più conigli ci sono, più conigli si aggiungono. In meno di 50 anni hanno invaso l’intero Continente, costituendo una minaccia per l’agricoltura, per la biodiversità e per la stabilità del suolo. Una caratteristica di processi come questo è che crescono (o, viceversa, decadono) tanto rapidamente da sfuggire ben presto al controllo; e la crescita è tanto lenta al principio ma rapida oltre un certo punto da cogliere gli osservatori di sorpresa. La diffusione dei contagi del Coronavirus Sars-Cov-2 segue esattamente la medesima logica, che è facilmente esprimibile in termini matematici.
Quando il virus entra in un organismo inizia a replicarsi, raggiungendo cifre dell’ordine delle decine di miliardi di copie. Quando ce ne sono abbastanza, vengono espulsi dall’organismo tramite la respirazione o in misura ancora maggiore con colpi di tosse. La diffusione del virus dipende dunque 1) dal tempo che impiega a raggiungere un numero di copie sufficiente da essere espulso, e 2) da quanto facilmente riesce ad «agganciare» il prossimo ospite: questi sono i due parametri che ci interessano. Il primo, il tempo di «gestazione» per così dire (pensiamo ai conigli che si riproducono), è mediamente di 5 giorni. Il secondo è l’ormai famoso numero di riproduzione R, che indica il numero di persone mediamente infettate da ciascun malato. In realtà, nel caso di alcuni virus – tra cui il Sars-Cov-2 – c’è un terzo fattore importante: non tutti gli individui infetti sono contagiosi, mentre pochi casi (circa 10%) sono responsabili della maggior parte (80%) dei contagi. Tuttavia per semplicità qui possiamo ignorare questo aspetto.
Il numero R dipende da diversi fattori. Il primo è una caratteristica di ciascun virus: se lo lasciamo libero di scorrazzare in una popolazione che non ha mai avuto nessun contatto con esso, e dunque è assolutamente impreparata ad affrontarlo, i virus si comportano come i conigli appena arrivati in Australia: c’è cibo in abbondanza e facilmente accessibile, la loro unica preoccupazione è quella di riprodursi, e il loro successo dipende dalla capacità riproduttiva (numero di riproduzione di base, R0). Nel caso del Coronavirus nato a Wuhan, R0 è stato stimato a circa 2.8: ogni paziente, in media, ne infetta 2.8 altri. Per la variante Delta la stima media è di 5.08, quindi quasi il doppio. Ciò nonostante, il Sars-Cov-2 non è tra le malattie più contagiose al mondo: R0 del morbillo, per esempio, è stimato tra 12 e 18.
Ma a noi ormai non interessa più il numero di riproduzione di base, bensì quello effettivo. Il virus non è più libero di circolare, perché gli poniamo una serie di ostacoli: distanziamento sociale, mascherine, disinfezione delle mani, isolamenti e quarantene, vaccini e altre misure gli rendono la vita più difficile; l’inverno, invece, concentrando la gente in spazi chiusi lo favorisce rispetto all’estate. Il successo riproduttivo del virus dipende dunque non solo dalle sue caratteristiche intrinseche, ma anche da tutte queste circostanze. Ora (metà novembre) il tasso effettivo di riproduzione Re per la Svizzera è stimato a 1.34. Questo numero cambia nel tempo (sta crescendo giorno dopo giorno), a seconda delle misure implementate e di quanto esse sono effettivamente seguite dalla popolazione ma anche del fatto che, a furia di contagiare persone di fatto immunizzandole almeno per qualche tempo, il virus riduce con la sua stessa azione la popolazione suscettibile. Come si traduce questo Re, assumendo che rimanga costante per qualche tempo, nella crescita dei contagi che siamo vedendo?
Partiamo da 1000 contagi avvenuti oggi. Queste 1000 persone saranno contagiose fra 5 giorni, e ne infetteranno altre 1.34 ciascuna, per un totale di 1340 (1000 x 1.34). Questi diventeranno a loro volta contagiosi dopo altri 5 giorni, generando 1340 casi x 1.34 = 1796 casi. Dopo altri 5 giorni, avremo 1796 x 1.34 = 2406 casi, e così via. Dunque: dopo 15 giorni i casi sono più che raddoppiati. Qual è la regola matematica? Siamo partiti da 1000, abbiamo moltiplicato per 1.34, poi abbiamo moltiplicato il risultato ancora per 1.34, e poi un’altra volta. L’operazione di moltiplicare lo stesso numero (1.34) per se stesso un certo numero di volte si chiama elevamento a potenza; il numero di volte per cui è moltiplicato si chiama esponente. L’esponente dipende dal tempo che passa (ogni 5 giorni). Otteniamo quella che si chiama una curva esponenziale, che dipende dal numero iniziale di nuovi casi, dal numero effettivo di riproduzione, e dal numero di giorni necessari perché il paziente sia a sua volta infettivo: dove x è il numero di giorni necessari perché il paziente sia a sua volta infettivo: y=1000 · 1.340 0.2x, dove x è il numero di giorni trascorsi dall'inizio del processo.
Qui il numero di riproduzione ha un ruolo di controllo cruciale. Se il numero Re fosse = 1, potremmo moltiplicarlo per se stesso quante volte vogliamo, ma continuerà a rimanere = 1. In tal caso, dunque, il numero di nuovo contagi non cambierebbe. Se Re è maggiore di 1, più si moltiplica tanto maggiore diventa il risultato. Avremmo dunque una curva esponenziale crescente. Se invece Re fosse minore di 1, più lo moltiplichiamo per se stesso tanto più piccolo diventa il risultato. La curva dei contagi, dunque, scenderebbe esponenzialmente.
Queste curve esponenziali hanno diverse caratteristiche interessanti. La prima sta nella loro forma: relativamente piatta all’inizio, poi via via più ripida, e, a partire da un certo punto, estremamente ripida. «Esponenziale», dunque, non significa «rapido», anche se spesso è inteso in questo senso. La crescita di un capitale depositato in banca, per esempio, è esponenziale ma non è certo velocissima. Esponenziale significa che segue una curva esponenziale, che può essere più o meno ripida a seconda dei parametri in gioco; può anche essere discendente, come per esempio la curva che esprime il decadimento radioattivo. Il cambiamento di pendenza, comunque, è quanto coglie di sorpresa chi non è preparato – e in effetti si vede dai titoli sgomenti dei media che riportano i casi.
La seconda caratteristica è che il tempo di raddoppio è costante: per passare da 1000 a 2000 casi ci vuole il medesimo tempo necessario per passare da 5000 a 10’000 casi. Con i valori attuali per la Svizzera, il tempo di raddoppio è di 12 giorni, come si vede dal grafico che riporta i valori registrati in Svizzera da metà ottobre e una proiezione dello sviluppo fino al 10.12, nell’ipotesi che non diventino effettive altre restrizioni. Questo è forse il fattore che contribuisce maggiormente alla sorpresa: il cambiamento di pendenza è un fattore matematico, ma è coinvolto anche un fattore psicologico legato dall’aver avuto 12 giorni di tempo per abituarsi all’idea di passare da 1000 a 2000 contagi (1000 in più), per vedere poi passare i contagi da 5 a 10mila (5000 in più) nel medesimo tempo.
Un altro fattore che alcuni faticano a comprendere è legato ai ritardi di reazione. La curva dei contagi è strettamente legata a quella delle ospedalizzazioni e dei morti: se è vero che il progresso medico in questi due anni, unitamente alla protezione conferita dai vaccini, ha contribuito a ridurre la percentuale di ospedalizzazioni e di morti, nel breve periodo questa percentuale è approssimativamente costante. Se nel corso di 36 giorni il numero di casi si moltiplica di 8 (3 raddoppi, uno ogni 12 giorni), possiamo aspettarci che il numero di ospedalizzati e di morti cresca in proporzione simile. Ma con un po’ di ritardo: circa 10 giorni per le ospedalizzazioni, 3-4 settimane per i morti (dunque, i morti di oggi vanno confrontati coi casi di 3-4 settimane fa, non quelli di oggi). Con i ritmi di crescita che mostra la curva effettiva, e considerando che in ospedale ci si resta per parecchi giorni, è inevitabile che si raggiunga molto presto la piena capacità. Il fattore cruciale nella gestione della pandemia è allora il controllo del numero di persone che ciascun infetto può contagiare. Le restrizioni di oggi non sono sufficienti, visto che Re è ben maggiore di 1. Piaccia o meno, saranno presto necessari interventi drastici. E il «presto» sarà comunque troppo tardi, perché i ritardi che già abbiamo cumulato hanno lasciato margine ad un numero enorme di malati i cui virus sono già pronti a infettare qualcun altro.