La macchina dei segreti era truccata

Vicenda Crypto - Dopo le rivelazioni dei media sulla manipolazione nei codici di cifratura degli apparecchi prodotti a Zugo è ora il momento delle inchieste ufficiali per valutare leresponsabilità del caso
/ 24.02.2020
di Marzio Rigonalli

Le rivelazioni sullo spionaggio avvenuto con gli apparecchi di crittografia della ditta Crypto AG di Steinhausen, nel canton Zugo, hanno provocato uno scossone sulla scena politica federale. La vicenda è stata resa pubblica da un servizio della «Rundschau» della televisione della Svizzera tedesca, in collaborazione con la televisione tedesca ZDF e con il «Washington Post».

Di che cosa si tratta? L’azienda Crypto AG è stata creata nel 1952 per produrre apparecchi per la crittografia. Sin dall’inizio sorsero dubbi su chi fossero i veri proprietari. Più tardi si è scoperto che nel 1970 la ditta venne acquistata dalla CIA e dai servizi segreti tedeschi (BND). Negli anni Novanta, il BND lasciò poi tutto alla CIA. Per decenni la Crypto ha prodotto e venduto questi apparecchi crittografici a più di 100 servizi segreti di altrettanti paesi. I macchinari, però, erano «truccati»: avevano una cosiddetta «backdoor», una porta d’entrata nascosta che permetteva ai due servizi segreti di leggere le comunicazioni cifrate. Ai tempi della guerra fredda, la Crypto AG era la più importante azienda del settore. Ha cessato di esistere nel 2018 ed è stata acquisita da due altre società: la CyOne Security e la Crypto International. Le due nuove società negano di avere alcun legame con gli Stati Uniti e la Germania.

Siamo di fronte ad una palese violazione della sovranità elvetica e ad un uso inqualificabile di un prodotto svizzero da parte di due potenze straniere, anche se alleate della Svizzera. Un uso che mette in pericolo la credibilità, l’affidabilità ed il buon nome di un piccolo paese neutrale, al quale molti governi ricorrono volentieri per ottenere i buoni uffici, per sollecitare una mediazione in difesa dei loro interessi.

Le rivelazioni su questa forma di spionaggio chiamano in causa le autorità svizzere. Chi era al corrente? Qualcuno sapeva ed ha preferito tacere? Oppure nessuno sapeva niente? Sono domande centrali, alle quali si potrà dare una risposta quando si conosceranno i risultati delle indagini in corso a livello federale ed eventualmente gli esiti di nuove indagini che verranno avviate. Per ora dobbiamo limitarci a delle ipotesi, prendendo in considerazione almeno due possibili livelli. Il primo livello è quello dei nostri servizi segreti. È probabile che fossero al corrente e che abbiano anche approfittato di informazioni che sono state loro fornite. Il secondo livello è quello del capo del dipartimento federale che aveva la responsabilità dei servizi segreti. Era a conoscenza di questo spionaggio? La stampa federale ha chiamato in causa ben quattro consiglieri federali, di cui tre pensionati ed uno deceduto, nonché alcuni parlamentari, pure pensionati e non più attivi sulla scena politica. 

Trattasi di Kaspar Villiger, capo del Dipartimento militare dal 1986 al 1995 e capo del dipartimento delle finanze dal 1995 al 2003, che ha però dichiarato di non essere stato al corrente; Arnold Koller, in carica dal 1987 al 1999 e capo del dipartimento federale di giustizia e polizia; Pascal Delamuraz, in carica dal 1984 al 1998; Flavio Cotti, in carica dal 1987 al 1998 e per sei anni responsabile degli affari esteri; Georg Stucky, ex consigliere agli Stati del canton Zugo, membro del consiglio di amministrazione della Crypto AG dal 1992 al 2016, e Rolf Schweiger, pure ex consigliere agli S0tati del canton Zugo e pure membro del consiglio di amministrazione dell’azienda zughese dal 2014 al 2018. La sola personalità che viene chiamata in causa e che è tutt’ora attiva è Markus Seiler, capo del servizio delle attività informative della Confederazione dal 2010 al 2017, ed oggi segretario generale del Dipartimento federale degli affari esteri.

Per far luce sulla vicenda sono state avviate due inchieste. La prima l’ha decisa il Consiglio federale. A metà gennaio ha incaricato l’ex giudice federale Niklaus Oberholzer di condurre un’indagine per stabilire la verità. L’ex giudice federale dovrà presentare un rapporto entro la fine di giugno. La seconda inchiesta ha lo stesso obiettivo e viene condotta dalla delegazione delle commissioni della gestione delle due Camere. La delegazione è presieduta dal consigliere nazionale zurighese Alfred Heer dell’UDC. Dal canto suo, il gruppo parlamentare socialista ha chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta (CPI). La decisione in merito verrà presa dalle due Camere durante la sessione primaverile che comincia il prossimo 2 marzo. La CPI avrebbe più risorse a disposizione della delegazione delle commissioni della gestione, ed anche più possibilità d’interrogare le persone che hanno avuto conoscenza del modo di agire della Crypto AG. Se verrà istituita, tutte le altre inchieste verranno bloccate e sarà la quinta volta che le Camere federali imboccheranno questa strada. L’ultima CPI risale al 1995 e venne nominata per chiarire i grossi problemi che incontrava la cassa pensione federale a livello direzionale ed organizzativo, nonché nei settori dell’informatica e delle finanze.

L’inchiesta affidata alla delegazione delle commissioni della gestione o ad un CPI avrà il non facile compito di chiarire una pagina buia del nostro passato, in un settore, quello dei servizi segreti che, per definizione, è difficile penetrare. Bisognerà delucidare il ruolo di alcune autorità federali e di singole persone, nonché le responsabilità, le negligenze e le possibili complicità. È in gioco un’immagine che ci è tanto cara, quella di un paese che agisce nel rispetto dei principi e delle regole che ha sottoscritto e che non accetta le situazioni dove questi principi e queste regole vengono infranti.