«L’impero colpisce ancora». Riprendendo il titolo di un celebre film, il settimanale americano «Newsweek» presentò così l’evento che nella primavera del 1982 occupava le cronache internazionali. La Royal navy aveva preso il mare e stava percorrendo le novemila miglia che separano l’Inghilterra dal più sperduto dei suoi possedimenti, le isole Falkland, che le forze armate argentine avevano occupato agli inizi di aprile. A Downing Street una irriducibile Margaret Thatcher, che proprio con questa guerra si guadagnerà il titolo di iron lady, aveva dato un ordine perentorio: riprendere le isole, ricacciare in mare gli intrusi mandati dai generali di Buenos Aires. Quarant’anni dopo quella spedizione militare, che provocò la morte di oltre 250 soldati britannici e costò due miliardi e mezzo di sterline, appare ancor più anacronistica di allora.
Il generale argentino Leopoldo Galtieri, che guidava la giunta alle prese con venti di rivolta e una grave crisi economica e sociale, pensava di aver fatto la scelta giusta. In certe situazioni quello che ci vuole è risvegliare l’orgoglio nazionale distraendo il popolo dalle difficoltà esistenziali. E quale migliore obiettivo della conquista delle Malvinas, quella manciata di isole a trecento miglia dalla costa, che gli inglesi pretendono di considerare cosa loro e l’Argentina rivendica da sempre? Qualche tempo prima il governo britannico, gravato da problemi di bilancio, aveva rimpatriato una parte della guarnigione. Dunque, argomenta Galtieri, non ci tengono poi così tanto: forse non reagiranno nemmeno alla nostra iniziativa. E allora via libera all’Operazione Rosario: mobilitati per la missione patriottica l’esercito, la marina, l’aeronautica.
Il generale non aveva fatto i conti con la determinazione di Thatcher, che entrando nella sala in cui erano riuniti i suoi ministri per affrontare l’improvvisa emergenza esordì con queste parole: «Immagino che le nostre navi stiano scaldando i motori…». Il soprassalto imperiale della vecchia Inghilterra sorprese l’Argentina e il mondo intero. La scommessa di Galtieri si tradurrà dopo poche settimane in un bilancio drammatico: le Falkland-Malvinas riconquistate dagli inglesi, più di 650 argentini caduti sul campo di battaglia o a bordo delle navi affondate, lui stesso, il capo della giunta militare che aveva lanciato la sfida, costretto alle più umilianti dimissioni, il duro governo dei generali ormai alle strette.
Fu insieme una guerra di liberazione perduta e un conflitto coloniale stravinto. Certo non è facile adattarsi all’idea che quelle isole in capo al mondo siano britanniche, ma è pur sempre vero che le abitano più di tremila sudditi di sua maestà, quasi tutti di origine scozzese, allevatori di greggi e produttori di lana, ai quali le pretese dei temporanei invasori, che volevano lo spagnolo come lingua ufficiale e tanto per cominciare avevano imposto di guidare l’auto tenendo la destra, parevano semplicemente inconcepibili. Tanto che fu festa grande quando finalmente sbarcarono i royal marines per ridurre alla ragione gli invasori.
Per quella che fu chiamata Operazione Corporate Londra aveva mobilitato trentamila uomini: marines, guardie scozzesi, incursori, paracadutisti, gurkha nepalesi. Un centinaio di navi contribuivano all’impresa trasportando truppe e contrastando la marina argentina, mentre i bombardieri stazionati nella lontana isola di Ascensione facevano la spola lungo la lunghissima rotta oceanica riforniti in volo dalle aerocisterne. Divisa fra le implicazioni colonialistiche della missione britannica e l’avversione alla dittatura militare che insanguinava l’Argentina, la comunità internazionale reagì in ordine sparso. L’Unione europea varò le sanzioni contro l’aggressore ma due Paesi non le votarono: l’Italia per gli stretti legami etnici e culturali con l’Argentina, l’Irlanda per il diffuso risentimento anti-britannico dovuto alla questione dell’Ulster. Gli Stati Uniti di Ronald Reagan, che avevano vincoli militari con entrambe le parti, fornirono agli inglesi supporto di intelligence ma si astennero da condanne diplomatiche. Mosca offrì il suo appoggio a Buenos Aires che lo rifiutò. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu votò una risoluzione che chiedeva il ritiro delle truppe e la ricerca di una soluzione negoziata.
Lo scontro anglo-argentino fu aspro e cruento. Cominciò il 19 aprile con la riconquista della Georgia australe, un piccolo arcipelago 1500 miglia a sud delle Falkland. In questo modo gli inglesi si assicurarono una seconda base d’appoggio più vicina al fronte della lontanissima Ascensione. Nel confronto navale fu decisivo l’affondamento dell’incrociatore General Belgrano da parte del Conqueror, un sottomarino a propulsione nucleare. La nave fu colpita con due dei tre siluri lanciati dal Conqueror, che provocarono lo scoppio di un deposito di munizioni e il rapido inabissamento. Quasi metà delle perdite argentine nell’intera guerra, più di trecento uomini, fu causata da quei siluri. Due giorni più tardi gli aerei decollati dalla portaerei Veinticinco de mayo affondarono a loro volta il cacciatorpediniere Sheffield.
Il primo sbarco nell’isola maggiore porta la data del 21 maggio ma l’arrivo dei rinforzi fu ritardato dal fatto che gli argentini avevano affondato con i micidiali missili Exocet una nave britannica carica di elicotteri che dovevano portare in battaglia altri reparti. La marcia fu lenta e tenacemente contrastata. Ma il 30 giugno la guarnigione di Puerto Argentino dovette alzare bandiera bianca e la piccola capitale poté riprendere l’inglesissimo nome originario di Port Stanley. L’occupazione era durata 74 giorni.
Così si concluse la guerra neo-coloniale della signora di ferro, una poderosa proiezione militare che riscattò l’umiliazione subita dall’Inghilterra un quarto di secolo prima, quando dopo il conflitto di Suez le forze armate di sua maestà e i loro alleati francesi e israeliani dovettero abbandonare il campo. Lo aveva imposto un’inedita intesa fra Stati Uniti e Unione Sovietica, che raffreddò la crisi aperta dalla nazionalizzazione del Canale voluta dall’Egitto di Nasser. Le due superpotenze avevano soffocato ciò che restava dell’orgoglio imperiale di Londra, che alle Falkland-Malvinas si prenderà la sua rivincita fuori dal tempo.