Nell’ambito di un seminario di ricerca organizzato all’Università della Svizzera italiana (USI) ho avuto piacere ed onore di dialogare dopo varie collaborazioni con Ansgar Belke, Professore ordinario e Direttore dell’Institute of Business and Economic Studies (IBES) dell’Università di Duisburg-Essen (Germania) dove è altresì titolare della cattedra Jean Monnet ad personam. Si pensi che, nel 2017, il quotidiano «Handelsblatt» lo collocava al 35esimo posto – 11esimo nel 2015 – fra gli economisti di lingua tedesca presenti nelle Università mondiali (vedi nota a piè di pagina). Ne è sortita una «chiacchierata» su temi economici legati ad Area Euro, elezioni europee, Svizzera e criptovalute (cioè Bitcoin & co.), che riportiamo qui di seguito.
Da macroeconomisti si ha avuto molto da fare negli ultimi anni: «crisi finanziaria globale» (dal 2007) e «crisi dell’Euro» (dal 2010) difficilmente spiegano complessità e rischi globali associati. Come valuta la situazione mondiale ed europea? E, se il peggio è passato, quali effetti collaterali sono ancora presenti?
Dopo un decennio di sforzi e lotte, l’Area Euro è oggi un’isola di relativa stabilità in un mare turbolento di rischi globali, sebbene l’indebitamento si presenti, a fronte di una buona congiuntura e tassi di interesse bassi, dal suo lato ancora positivo. In ogni caso, un problema prevalentemente nazionale non potrà mai essere risolto in modo permanente dall’esterno per mezzo di prestiti o trasferimenti. Nel contempo, l’elevata integrazione dell’economia mondiale a fronte di altrettanti livelli di liquidità globale può divenire foriera di contagio ingenerato dallo scoppio di bolle su mercati delle attività finanziarie e patrimoniali, quali azioni ed immobili. A ciò si aggiungono tutti gli effetti collaterali (altrettanto frequentemente citati) derivanti da politiche monetarie ultra-espansive: cattivi investimenti e «zombificazione» delle banche sono solo alcuni esempi alla stregua di rischi di conflittualità fra politiche monetarie e stabilità finanziaria. Inoltre, si deve tenere in conto come i bilanci delle banche centrali saranno molto più «ponderosi» rispetto a prima. E, comunque, una volta esauriti gli strumenti della politica monetaria non si potrà più ricorrere ad essi per contrastare nuove crisi.
Nel novembre 2008, alla London School of Economics (LSE), la Regina Elisabetta II pose la famosa domanda sul «come», cioè come si fosse potuto verificare che nessuno avesse previsto la crisi. Come si può (ammesso che lo si possa) evitare un’altra crisi «pandemica»?
Non si può escludere che la prossima crisi arriverà sotto altra forma. Le strutture di governance dell’Area Euro necessitano di una profonda revisione della gestione e prevenzione delle crisi. Elementi chiave, che ritengo possano scongiurare una futura crisi bancaria e del debito, sono il completamento dell’unione bancaria, l’istituzione di un sistema credibile a garanzia della disciplina di bilancio e la riduzione del debito sovrano rispetto al PIL. È, in ogni caso, importante evitare una graduale transizione verso un terzo modello di governance dell’Eurozona dal «sostegno senza condizionalità» e dotata di vincoli di bilancio (troppo) deboli.
Gli svizzeri ricordano gli ultimi anni di crisi − l’economia ha registrato nel 2018 una crescita pari a +2,5% − per l’apprezzamento del Franco svizzero in quanto moneta «rifugio». Questa tendenza ha condotto il 6 settembre 2011 a fissare un cambio minimo di 1,20 CHF/EUR revocato dalla BNS (in modo parzialmente inaspettato) il 15 gennaio 2015. Una moneta nazionale forte è un peso per l’economia locale?
La Svizzera è un’economia molto aperta con un rapporto fra esportazioni e PIL superiore al 50% ed affronta sfide definibili «particolari» a causa della vicinanza ad un’ampia area monetaria comune (cioè l’Eurozona). Pertanto, importanti movimenti dei tassi di cambio presentano altrettanto forti effetti primari sull’economia reale della Svizzera (ad es., commercio di beni, turismo ecc.). Ciononostante, è evidente che l’apprezzamento di cambio abbia comportato l’ottenimento di più beni/servizi importati «spendendo meno» −, ma si è stati in grado di consumare di più e risparmiare. Inoltre, la BNS ha realizzato profitti anche grazie a tale apprezzamento.
Lei si è occupato anche di criptovalute – ad esempio, durante un evento tenutosi quest’anno a Davos. Quale potenziale di sviluppo (laddove vi sia) vede all’orizzonte per Bitcoin & co.? È probabile che i principi sottostantivi (come la Blockchain) possano imporsi a livello internazionale?
Attualmente, le criptovalute circolano «in parallelo» alle monete ufficiali: essendo i volumi correnti bassi, non possono mettere in discussione il ruolo della moneta ufficiale. Poiché gli algoritmi migliorano così da limitarne la volatilità, popolarità ed utilizzo potrebbero rapidamente aumentare portando alla coesistenza con le monete ufficiali. Gli effetti possono essere duplici: certamente, la giustapposizione di moneta di Stato a criptovaluta non deve rivelarsi una minaccia, ma può avere un impatto positivo come «strumento di disciplina» nei confronti delle banche centrali. Da un punto di vista pratico, tuttavia, le banche centrali sono esposte al rischio che Bitcoin & co. divengano mezzi di scambio dotati di un potere d’acquisto altrettanto stabile. Nel contempo, il minore ruolo della moneta emessa dalla banca centrale comporta un rischio fiscale sotto forma di minori entrate da signoraggio, rendendo peraltro la politica monetaria sempre meno gestibile. L’ultimo (più rilevante) rischio è costituito dall’attrattività delle criptovalute quale investimento speculativo.
Come ultima domanda non si può non chiedere di questi tempi, se (o fino a che punto) l’esito delle elezioni europee del 23-26 maggio 2019 rappresenti una minaccia per la già debole crescita economica a livello europeo (+0,4% nell’UEM e +0,5% nell’UE nel primo trimestre del 2019).
A breve termine, guadagni per i partiti di estrema sinistra e destra ed assottigliamento dei partiti politici di centro potrebbero significare un indebolimento della coesione europea. Questo a sua volta potrebbe portare, nel breve termine, ad incertezza sui mercati finanziari con deprezzamento dell’Euro, aumento di volatilità sui mercati e rafforzamento della richiesta di titoli di Stati considerati «rifugio» (riducendone ulteriormente il rendimento). Nel lungo termine è più importante (ma difficile) prevedere come procederà l’iter decisionale comunitario, chi subentrerà a Mario Draghi quale Presidente BCE e (collegato a ciò) chi verrà eletto quale nuovo Presidente della Commissione europea. È, altresì, prevedibile che l’aumento significativo del consenso elettorale di partiti populisti sia già dato per scontato dagli operatori del mercato finanziario.