Gli equilibri in Europa, nella percezione generale, si basano molto sulle relazioni tra Germania e Francia. Non a torto. La storia europea si sviluppa da secoli sull’asse a cavallo del Reno e la relazione franco-tedesca ai giorni nostri è uno dei capisaldi dell’Unione Europea, tanto che il 25 marzo del 2019 vi è stata la prima riunione del cosiddetto «parlamento franco-tedesco». 50 parlamentari francesi, 50 tedeschi che si riuniranno due volte l’anno per promuovere e sviluppare le relazioni tra i due paesi.
La Francia è la terza potenza economica europea, come confermano i numeri. Il prodotto interno lordo è pari ad un controvalore di circa 2800 miliardi di franchi. Per fare un raffronto il PIL svizzero è di 705 miliardi, mentre quello tedesco, prima potenza, è di 3990 miliardi. A questo si può aggiungere che, elemento non da sottovalutare, la Francia, con 87 milioni di turisti, è il paese più visitato al mondo.
La disoccupazione a fine settembre era dell’8,6%, mentre il debito pubblico ammonta al 98,40% del PIL. Per quel che concerne i rapporti con la Svizzera, la Francia è il paese che «fornisce» il maggior numero di frontalieri. Nel terzo trimestre del 2019, dei 325’000 frontalieri in Svizzera, 177’000 provenivano dalla Francia.
I rapporti con la Svizzera naturalmente non si fermano a questo. Per quel che concerne le esportazioni, a fine 2018, il valore delle merci che hanno preso la strada per l’Esagono è stato di poco meno di 15 miliardi di franchi. Mentre le importazioni sono state di 16 miliardi. Sommando le due voci, la Francia risulta essere il quarto partner commerciale per importanza per la Svizzera, dietro a Germania, Stati Uniti e Italia.
E la Svizzera per la Francia? I numeri di fine 2018, pubblicati dal Ministero dell’Economia e della Finanze francesi, dicono che il nostro paese è il nono partner commerciale.
Ma cosa si scambia tra Svizzera e Francia? Verso Parigi vanno principalmente prodotti del settore farmaceutico, orologiero e strumenti di precisione, mentre nella direzione contraria sono soprattutto due le voci che la fanno da padrone, ovvero aeromobili e, come facilmente immaginabile, automobili.
Anche per quel che concerne gli investimenti le cifre sono importanti. Quelli svizzeri in Francia, a fine 2016, ammontavano a 51 miliardi di franchi, soprattutto nelle zone di frontiera e nell’Île-de-France, la regione parigina.
Per contro i francesi in Svizzera hanno investito per 40 miliardi di franchi, creando circa 60’000 posti di lavoro.
Tutto rose e fiori? Non proprio. In passato i rapporti tra la Romandia, e il «Grande Vicino» erano diversi da quelli che si potevano trovare in altre realtà elvetiche, come le relazioni tra ticinesi e l’Italia e tra svizzero-tedeschi e la Germania. Per i francofoni svizzeri la Francia rappresentava una sorta di rifugio culturale, visto che, secondo alcuni storici, i romandi soffrivano (e soffrono) la superiorità numerica degli svizzero-tedeschi.
Oggigiorno però le cose sono un po’ cambiate, anche in Romandia. A causa dei frontalieri in aumento, di un mondo del lavoro sempre più competitivo e del fatto che la Svizzera continui a rappresentare una meta professionale molto ambita, l’insofferenza verso i «cugini» francesi è aumentata. Certo, si tratta solo di una questione sociale, che si risolve spesso in «discussioni da bar» un po’ come quelle che si vivono in Ticino verso l’Italia o in Svizzera tedesca verso la Germania dove l’apice lo si raggiunge nel tifare per qualsiasi squadra di calcio che giochi contro la Francia, la Germania o l’Italia. Tutto il mondo è paese.
Ma al di là della retorica e della dialettica politica, soprattutto da parte di alcune aree più votate agli ideali «nazionalisti», tutto sommato la convivenza è più che civile, con chi proviene da oltrefrontiera o chi decide di vivere in Svizzera.
Ben più pesante e preoccupante l’atteggiamento francese nei confronti del mondo finanziario elvetico. Chi non ricorda la veemenza del Presidente francese Nicolas Sarkozy, nel 2009 durante il G20 di Londra, nel puntare il dito contro la Svizzera, decretando l’inizio della lotta serrata al segreto bancario.
Senza dimenticare le richieste di assistenza in materia fiscale da Parigi verso Berna: il Tribunale Federale nel luglio 2019 ha decretato che UBS dovrà consegnare alle autorità francesi i nomi di 40’000 contribuenti, sospetti evasori. Che dire poi della maximulta sempre per UBS comminata da un tribunale parigino, per aver aiutato cittadini francesi ad evadere il fisco: 5 miliardi di franchi, sui quali pende ancora un ricorso.
Insomma, i rapporti tra Francia e Svizzera si può dire che siano buoni, al netto delle vicende che abbiamo citato. Ed è bene continuare a coltivarli, questi rapporti. Con l’avvicinarsi della Brexit la Francia spinge affinché Parigi, diventi il primo hub finanziario, prendendo il posto di Londra, la quale perderà diverse attività che non possono essere gestite da un paese non appartenente all’UE. Il centro di gravità della finanza europea quindi potrebbe spostarsi all’interno dell’Unione Europea. Per la Svizzera il settore finanziario, nonostante le difficoltà di questi ultimi anni, rappresenta sempre un fiore all’occhiello e mantenere buoni rapporti con chi avrà in mano buona parte delle redini del gioco sarà fondamentale.