La sindrome della capanna, oppure della grotta, decidete voi quale ameno loculo scegliere, per raccontare di quel luogo in cui siamo tanto protetti da non volerlo più lasciare.
Sembra che tale «sindrome» stia emergendo nel post lockdown dove un misto tra paura di affrontare il mondo aperto e abitudine alla vita domestica stiano reprimendo la voglia di uscire, tanto che lo psichiatra e filosofo Damiaan Denys ha evidenziato di come il virus sia «diventato una ossessione».
In realtà, tale curiosa sindrome è molto legata a come siamo organizzati da un punto di vista psicologico e di cosa la società ci chiede. Questo fenomeno accade da anni a taluni ragazzi giapponesi che escludono le relazioni con gli altri e con il mondo esterno, preferendo l’isolamento sociale. A quelle latitudini il fenomeno viene chiamato Hikikomori ed è legato a una forma di ribellione dei giovani rispetto alla cultura tradizionale.
Nel nostro caso le ribellioni non c’entrano. Si tratta piuttosto di un mix tra nuove abitudini e la paura di essere contagiati.
A lanciare l’allarme è stato, nelle scorse settimane, il Collegio Ufficiale di Psicologi di Madrid. Un team di ricercatori spagnoli aveva segnalato che a soffrire di questo disturbo esistono più persone di quante si possa immaginare. Per alcuni aspetti questa sindrome assomiglia all’agorafobia, ossia la paura degli spazi all’aperto, ma mentre quest’ultima è una vera e propria fobia, la sindrome della capanna tende a scomparire presto. Solitamente in un paio di settimane, il tempo necessario perché chi ne soffre possa riabituarsi alla routine quotidiana.
Senza dilungarci troppo sulle questioni psicologiche, che non appartengono a questa rubrica, il fenomeno che abbiamo descritto è caratterizzato da un numero X di persone che stanno in casa e non escono e di conseguenza portano a una depressione del consumo di alcuni beni per favorire invece quello di altri.
Ci nutriamo (alimentari e bevande), cerchiamo, nel limite del possibile, di curare il nostro corpo (prodotti beauty e allenamenti in YouTube Gym), consumiamo prodotti televisivi e video a tutti i livelli (soprattutto videogiochi), mentre alcuni si occupano della manutenzione della casa e del giardino (arredo e cura del verde).
Perché comprare le scarpe se non esco? A cosa serve una bella gonna se nessuno la guarda? Sull’abbigliamento dei mariti, rispettive mogli, compagni e compagne nel corso del lockdown, stendiamo un velo pietoso. La dinamica è generalizzata. Abbiamo perso la trebisonda e le tute da ginnastica hanno imperversato, tanto che per riconciliarci con un minimo di decoro, corre l’obbligo di citare il grande Karl Lagerfeld: «i pantaloni della tuta sono un segno di sconfitta. Avete perso il controllo della vostra vita se uscite in tuta».
Fuor di citazione, il settore fashion è sotto terra. Mancano eventi, cerimonie e occasioni d’incontro dove vestirsi alla moda. Pensate che sono mesi che non si celebrano cerimonie e la tendenza pare andare per le lunghe. Zero cresime, battesimi, feste comandate, matrimoni. Siamo alla Caporetto dell’abito blu e del tacco 12.
Tuttavia, non tutto è perduto. L’estate è iniziata, la voglia di uscire è molta e almeno per gli abiti top della stagione – il costume e le braghette da spiaggia – un segno di rivalsa è alla porta, pancetta da lockdown permettendo.
Torneremo a metà agosto e guarderemo la realtà con più distacco dai fatti negativi della primavera e la prima grande occasione di rilancio del mercato sarà quella dinamica chiamata «ritorno a scuola», dove anche le marche alla moda avranno qualcosa da dire.
I più maturi tra noi non dimenticheranno mai la classica battaglia di fine estate tra gli zainetti Invicta (impossibile non averlo per i paninari fine anni 80) in perenne competizione con lo zainetto della Seven e quello della Barbie. Poi sono arrivati gli zainetti di Beverly Hills 90210, le ragazzine si tiravano le trecce per avere quello con il tenebroso Dylan.
Il ritorno a scuola, infatti, non prevede solo l’acquisto di libri e accessori scolastici, per molte famiglie coincide anche con il cambio di stagione e quindi c’è una forte attenzione all’abbigliamento (soprattutto scarpe, felpe e pantaloni), ma anche abbigliamento sportivo, per attività extrascolastiche oltre che ai prodotti di elettronica.
E vuoi vedere che quest’anno uno dei tanto decantati cambiamenti che la società starebbe per intraprendere sia proprio quello di accorgerci che sul mercato esistono tanti e buoni prodotti rispettosi dell’ambiente?
Il Back to School può essere green con matite e colori, quaderni e agende, borracce e zaini rispettosi della natura.
Li compreremo al supermercato o su Internet? Noi crediamo che l’evento si celebrerà nel nostro punto vendita fisico che giorno dopo giorno, a dispetto della crescita dell’online, torna a essere il luogo delle certezze in cui si trova tutto senza troppi giri di click. La tendenza di medio termine probabilmente sarà l’omnicanalità e cioè una situazione di equilibrio e di stretta relazione tra i canali fisici e quelli online, senza estremizzazioni e con benefici per le due modalità distributive. Ne parleremo meglio in futuro, per ora, buone vacanze.