La caccia alle «streghe» continua

In diversi Stati indiani vengono perseguitate e uccise soprattutto vedove, anziane, donne di bassa casta e bambine
/ 26.12.2022
di Francesca Marino

Un villaggio nel distretto di Ranchi, Stato indiano del Jharkhand, poco dopo mezzanotte. L’albero di tamarindo che sta in mezzo al villaggio sussurra piano alla notte, solo dentro al buio senza stelle. Se l’albero di tamarindo potesse parlare, invece di sussurrare piano, ecco cosa racconterebbe: in una quieta notte d’agosto cinque donne sono state torturate a morte. Bollate come streghe, sono state trascinate fuori dalle loro case nel cuore della notte, spogliate e picchiate, radunate davanti all’albero e colpite con un’ascia usata per tagliare la legna. La stessa scena, con poche varianti, si è ripetuta pochi giorni dopo in un villaggio poco distante.

Nel solo Stato del Jharkhand, questo anno, una cinquantina di donne sono state uccise perché sospettate di essere delle streghe. Negli ultimi vent’anni o poco più, mentre il boom economico cambiava per sempre la faccia del Paese e l’India entrava di diritto nel club delle Nazioni a più rapida crescita economica, a morire perché accusate di stregoneria sono state più di duemila donne. Duecento donne l’anno vengono linciate per lo stesso motivo, molte muoiono per le torture o vengono uccise a sassate. Un numero ancora maggiore si suicida. E le cifre, sempre secondo la polizia, sono sottostimate. I casi di «caccia alle streghe» segnalati alla polizia, negli ultimi sette anni, sono stati più di cinquemila. Le donne, quando non muoiono, vengono picchiate, costrette a mangiare escrementi, a sfilare nude per il villaggio; vengono messe al bando e le loro famiglie ostracizzate dalla comunità. Nonostante la legge. Secondo la legge sulla prevenzione della stregoneria del Jharkhand, infatti, la pena per chi identifica una donna come strega è la reclusione fino a tre mesi e/o una multa di 1000 rupie. Allo stesso modo, causare danni a qualcuno in nome della stregoneria può portare alla reclusione fino a sei mesi e/o a una multa di 2000 rupie. Ma della legge, come detto, non interessa a nessuno.

Le «streghe» continuano a morire e il numero di quelle che muoiono aumenta ogni anno invece di diminuire, come certe teorie vorrebbero, con l’aumento della scolarizzazione e del benessere economico. Il fenomeno riguarda in prevalenza le zone tribali o Stati culturalmente «arretrati» come il Madhya Pradesh, il Jharkhand o il Bihar, ma non solo. Organizzazioni che lavorano sul campo e notevoli sociologi sottolineano come il fenomeno sia strettamente legato ad indicatori socio-culturali: «È importante comprendere l’aspetto del controllo di genere, in cui solo le donne di una certa categoria sono perseguitate come streghe e sono ulteriormente controllate attraverso varie forme di violenza come lo stupro, la violenza domestica ecc. Anche in questo caso le donne accusate di stregoneria sono per lo più vedove, anziane, di casta bassa o bambine. Questo simboleggia come solo la classe più debole sia sottoposta a queste pratiche, mentre i cacciatori di streghe sono sempre uomini, popolarmente conosciuti come ojha. Il rapporto tra uomini e donne mostra come il patriarcato sia una questione sociale profondamente radicata che non fa altro che inculcare nella mente delle donne l’idea che gli uomini appartengano alla classe superiore».

Sembra di ascoltare Ernesto De Martino, le cui ricerche sulla magia popolare dell’Italia del sud sono state preziose per generazioni di studiosi. Secondo il grande antropologo, la magia era espressione di una «cultura subalterna» e sarebbe sparita nel momento in cui, grazie alla scolarizzazione e al progresso, sarebbe scomparsa quella cultura. Non è andata così in Italia (né nel resto d’Europa), non è proprio così nemmeno in India. Servirsi della superstizione e dell’ignoranza, difatti, per colpire le donne che cercano di cambiare lo stato delle cose ribellandosi all’ordine sociale diventa paradossalmente sempre più comune soprattutto ai margini di quello sviluppo che fa gola a molti e che è relativamente ancora privilegio di pochi. La strega, difatti, è quasi sempre una proprietaria terriera. Secondo il Working Group for Women and Land Ownership, ogni volta che una donna si ritrova a ereditare un pezzo di terra viene accusata di essere una strega. Umiliata, torturata, picchiata e costretta ad abbandonare il suo villaggio nel migliore dei casi. Altrimenti uccisa con modalità più o meno raccapriccianti. La storia segue quasi sempre un copione prestabilito, recitato con minime varianti. La donna è quasi sempre di una certa età, vedova e senza figli. Ha ereditato dal marito della terra e si rifiuta di cederne la proprietà o la gestione al suocero o ai cognati. In molti casi, «oltraggiosamente», arrivando perfino a difendere per vie legali il proprio diritto all’eredità a scapito del codice di comportamento non scritto che vuole che la terra rimanga indivisa nelle mani degli uomini della famiglia. L’accusa di stregoneria la neutralizza, eliminandola fisicamente, e la terra passa di mano automaticamente.

Nel 2016 era stato presentato al Parlamento di Delhi un progetto di legge per la prevenzione della «caccia alle streghe». Il documento conteneva sezioni che coprivano una serie di questioni, dalle ragioni per cui una donna può essere considerata una strega dalla gente, ai programmi di riabilitazione e di sensibilizzazione che il Governo dovrebbe attuare. Tuttavia non ha superato le fasi successive di esame in Parlamento. È meglio liquidare la stregoneria come fenomeno folcloristico e spazzare la «caccia alle streghe» sotto il tappeto delle cose di cui vergognarsi in un Paese civile, rifiutandosi di prendere atto del fenomeno e soprattutto delle sue ragioni. Mentre le donne continuano, ogni anno di più, a morire.