Per la prima volta da quando è presidente, Joe Biden fa un vero viaggio all’estero, formato pre-Covid, cioè in carne e ossa. È anzitutto un omaggio agli alleati europei, visto che tocca al Vecchio Continente l’onore di ospitare questa prima trasferta dal vivo. Si comincia dall’11 al 13 giugno con il G7 sotto la presidenza britannica in Cornovaglia. Seconda tappa Bruxelles per il vertice della Nato il 14 giugno, seguito il 15 dal summit Usa-Unione europea. Infine il 16 vola a Ginevra per incontrare Vladimir Putin. È un test importante per la politica estera della nuova Amministrazione a meno di cinque mesi dal suo insediamento. I temi sono il rilancio del multilateralismo, il rafforzamento delle alleanze anche per contenere le sfide di Cina e Russia, l’ambiente e la lotta all’emergenza climatica, la ripresa economica, il tutto sotto il tema unificante che è la rinascita delle democrazie in un mondo pieno di involuzioni autoritarie.
Biden ha preparato il suo primo viaggio da presidente in Europa con un gesto distensivo sul fronte commerciale. Ha colpito alcuni alleati con un dazio punitivo per la digital tax (un’imposta sui redditi delle multinazionali operanti nel settore digitale o che fanno comunque ricorso a servizi digitali nello svolgimento delle loro mansioni), ma ha sospeso questa tassa per 6 mesi con la previsione che si troverà un accordo fra le due sponde dell’Atlantico. Il nuovo dazio del 25% su alcune categorie di prodotti si applica a sei Paesi tra cui l’Italia, e penalizzerebbe 300 milioni di importazioni annue di made in Italy sul mercato americano. Ma potrebbe non entrare mai in vigore se si confermassero le aspettative della Casa bianca su un accordo. A gestire la partita è la nuova rappresentante per il commercio estero, Katherine Tai. Secondo Tai questi dazi avrebbero una solida base giuridica per compensare il danno all’economia americana provocato dalle digital tax prelevate in quei Paesi. Sottolinea però che la priorità va data alla ricerca di una «soluzione multilaterale per un insieme di problemi che riguardano la tassazione internazionale».
Il G7 in Cornovaglia potrebbe essere preceduto da un accordo a livello di ministri economici sulla global minimum tax, un dossier che sta caro a Biden perché propedeutico ad alzare il prelievo su tutte le società Usa. La digital tax colpisce imprese soprattutto americane, visto che i colossi di big tech come Amazon, Alphabet-Google e Facebook sono concentrati sulla West Coast. Le esportazioni digitali delle 40 maggiori aziende tecnologiche Usa valgono 517 miliardi di dollari all’anno. Un altro appuntamento decisivo potrebbe essere il G20 dei ministri economici a Venezia il 9 e 10 luglio. In quella sede potrebbe essere raggiunto un accordo che includa global minimum tax e digital tax. Si andrebbe allora ad un «disarmo» dei dazi, consentito da un’armonizzazione dei prelievi sulle multinazionali. È lo scenario su cui scommette Biden e al quale lavora la sua segretaria al Tesoro Janet Yellen nel G7 dei ministri economici.
Ai temi scottanti del summit di Ginevra con Vladimir Putin si aggiunge il «ransomware», l’estorsione digitale. L’America si scopre sempre più vulnerabile e molte piste portano alla Russia, caricando di un nuovo contenzioso una relazione bilaterale già tesa per l’Ucraina. Il mese scorso era toccato al più grande oleodotto che distribuisce benzina negli Stati uniti, a giugno la vittima più illustre è stato il numero uno nella produzione di carne. Tutti colpiti da hacker sofisticati, con cyber-attacchi che paralizzano la rete informatica e mettono in ginocchio le grandi aziende. La soluzione più frequente è pagare il riscatto richiesto, ma così purtroppo si alimenta una nuova industria del crimine i cui affari stanno andando a gonfie vele. I Governi sembrano impotenti. Siamo a una nuova versione – globale – dell’anonima sequestri, anche se per adesso il danno è solo economico. L’ultima vittima è la Jbs, azienda brasiliana che è il più grande allevatore mondiale di bestiame, con annessi stabilimenti per la macellazione e il trattamento industriale della carne. Jbs ha una presenza enorme sul mercato degli Usa, dove controlla un quinto di tutta la macellazione di bovini suini e pollame, con stabilimenti in Colorado, Iowa, Minnesota, Pennsylvania. Ben 9 fabbriche sono state chiuse in seguito all’attacco degli hacker che ha paralizzato i sistemi informatici della Jbs.
È un remake della crisi avvenuta nei rifornimenti di benzina su tutta la East Coast, quando a maggio la vittima di un cyber-attacco fu la Colonial Pipeline, una delle maggiori società distributrici di carburante negli Usa. In quel caso per diverse settimane la versione ufficiale è stata che i criminali erano «soggetti privati residenti in Russia». L’Amministrazione Biden all’inizio ha evitato l’amalgama con il Governo russo, malgrado i numerosi casi di hackeraggio di Stato a opera di agenzie di spionaggio agli ordini del Cremlino. Poi però i toni di Washington si sono induriti: «La Casa bianca chiama in causa il Governo russo sull’accaduto, il nostro messaggio è che uno Stato responsabile non ospita né protegge criminali che estorcono riscatti». Ancora non vi è una «pistola fumante», una prova del delitto, che colleghi direttamente questi hacker a Putin. Però il fatto che agiscano liberamente e impunemente a partire dal territorio russo è già di per sé una questione grave e seria, che Biden intende sollevare con il suo interlocutore.
In Europa Biden vuole presentarsi anche come il leader di una Nazione che aiuta le altre a uscire dalla pandemia. Questo risponde alla necessità di restituire forza e credibilità alle democrazie. Perciò una settimana prima di lasciare l’America Biden ha annunciato che manderà 80 milioni di dosi ai Paesi poveri entro la fine di questo mese. Subito 25 milioni di dosi vanno alle aree più colpite come l’India, l’America latina, alcuni Paesi africani. «Non lo facciamo per conquistare favori o ricavare concessioni», dice Biden. «Se distribuiamo i vaccini è perché vogliamo salvare vite umane e guidare il mondo fuori da questa pandemia, con la forza del nostro esempio e dei nostri valori».
L’apertura di una nuova fase nella geopolitica americana dei vaccini coincide con una soglia significativa nella campagna delle immunizzazioni all’interno degli Usa. Ha ormai ricevuto il vaccino più di metà di tutta la popolazione residente e oltre il 60% di quella adulta. A questo punto gli Stati uniti hanno scorte di vaccini sovrabbondanti. Rafforzare le immunità nel resto del mondo è la prossima tappa. Il gesto fatto da Biden un mese fa annunciando la sospensione della tutela sulla proprietà privata sui brevetti si è rivelato solo simbolico. L’accesso ai brevetti non basta per produrre vaccini. Molto più efficace è distribuire vaccini già prodotti negli Usa, come ora Biden inizia a fare.
Joe Biden omaggia l'Europa
Dall’11 giugno il presidente americano sarà in Cornovaglia per il G7, in seguito volerà a Bruxelles per il vertice Nato e il summit Usa-Ue. Infine il 16 si recherà a Ginevra per incontrare Putin
/ 07.06.2021
di Federico Rampini
di Federico Rampini