«Ci sono due grandi tragedie nella vita. La prima è desiderare ciò che non si può avere, la seconda è ottenerla». E per un Paese che da cinque anni va ripetendo di volere andare da solo, l’esperienza dell’isolamento perfetto, per quanto breve, è stata un piccolo assaggio di un futuro di cui tutto si può dire tranne che sia stato preparato con attenzione. Perché va bene la Brexit – a questo punto sono in pochi nel Paese a non sperare che avvenga il prima possibile per chiudere questo capitolo nero, comunque lo si guardi – ma cosa sono quelle code che si sono viste a Dover e in Francia, cos’è questa attesa estenuante di un accordo, con l’incertezza alle stelle per le povere imprese? E va bene che un annuncio sembrerebbe atteso per i prossimi giorni, ma era necessario passare attraverso un dicembre di fuoco e quattro anni di ottovolante?
Anche se nessun Paese ha avuto una gestione perfetta del Covid, la confusione con cui è stata data la notizia della «variante inglese» non poteva non generare il panico nel mondo: Londra ormai non è più vista come un interlocutore affidabile e la frustrazione per questi anni di tiri mancini sembra essersi cristallizzata così, in una settimana di dicembre che doveva essere di festa ed è stata di apocalisse.
Partiamo dal fronte interno: il premier Boris Johnson, dopo aver annunciato piani fin troppo rilassati per le feste – tre famiglie per cinque giorni, senza limiti di persone – ha dovuto smentire ancora una volta sé stesso dichiarando, sabato sera, che i contagi erano fuori controllo e che il Natale andava cancellato a Londra e nel sudest, travolto da questa nuova variante con troppe mutazioni per lasciarci dormire sonni tranquilli. Le mutazioni avvengono costantemente nei virus e il Regno Unito le segue con una attenzione maggiore che negli altri paesi, motivo per cui quest’ultima è stata scoperta lì, a metà settembre. Solo a metà dicembre è stata però associata al balzo dei casi in corso in alcune zone del Paese, dove lo scarso rispetto delle misure di distanziamento potrebbe aver svolto un ruolo di per sé importante. Più contagiosa, non necessariamente più letale, questa variante ha però il potere di mettere in ginocchio le terapie intensive e per questo il governo ha deciso di chiudere nuovamente tutto.
Il programma di vaccinazioni è ormai in corso, mezzo milione di persone e passa ha ricevuto la prima dose e la variante inglese «molto probabilmente» non dovrebbe essere un problema da questo punto di vista, secondo quanto spiegato dallo scienziato dietro al vaccino Pfizer/BioNTech, Ughur Sahin. Ci vorranno comunque almeno due settimane per vederci più chiaro sull’efficacia del vaccino sulla nuova variante.
Poi c’è il fronte estero. Il presidente francese Emmanuel Macron e Boris Johnson sono i due principali duellanti in uno scontro che vede i pesci della Manica come oggetti contesi. Sebbene sia una parte piccolissima delle economie dei due paesi, la pesca ha una grande valenza simbolica e politica, e su quel punto si va litigando fino all’ultimo. Tanto che in molti, nel Regno Unito, hanno avuto la tentazione di vedere nel blocco dei camion di ritorno dalle isole britanniche una rappresaglia sulla Brexit, un tentativo di mostrare i muscoli e di far assaggiare a Londra la medicina amara dell’isolamento.
Dopo qualche giorno di panico una soluzione si è trovata e il peggio è scongiurato, ma è stata l’Unione europea a far pressione sui paesi membri affinché riaprissero i collegamenti di emergenza con il Regno Unito, sia per i passeggeri europei – sono 40 in tutto i paesi che hanno interrotto gli arrivi dal Paese – che per gli approvvigionamenti. Un esito paradossale, visto che Boris Johnson, nella conferenza stampa di lunedì scorso, aveva detto che proprio grazie ai piani di emergenza messi a punto per il no deal la situazione era sotto controllo, con soli 170 camion in fila a Dover. Le televisioni parlavano di più di 580 veicoli bloccati, secondo una stima cauta.
Intanto come tanti paesi di tutto il mondo, il Regno Unito vede cambiare i colori della sua cartina in base ai Tier, ossia ai livelli di misure prese. E da Santo Stefano in poi, l’allerta più alta si estenderà in altre zone oltre a Londra. Il problema è che tutto questo, in mancanza di un messaggio affidabile e chiaro da parte della politica, si è trasformato in una confusione frustrante, con strade e luoghi affollati di gente senza mascherina alternati a spazi svuotati da un’inevitabile fuga verso le seconde case. Le regole sembrano draconiane, ma nessuno le fa rispettare e al di là dell’invito da parte del ministro dell’Interno Priti Patel, ispirato a una curiosa interpretazione dello spirito natalizio, di denunciare i vicini se invitano qualcuno in casa la polizia stessa ha ammesso di non avere il potere di bussare alle porte, né tantomeno di introdursi nelle case per verificare la presenza di parenti o amici «intrusi».
Tra l’altro il «Financial Times» ha scritto un pezzo spietato per svelare come Boris e la sua compagna Carrie Symonds, vista come sempre più potente a Downing Street, abbiano diritto legalmente a un Natale sereno grazie a una piccola esenzione (involontaria?), molto poco pubblicizzata, per le famiglie che hanno un bambino di meno di un anno: possono festeggiare con un’altra famiglia. E Carrie e Boris hanno il piccolo Wilfred, nato ad aprile.
Il Regno Unito della variante inglese non è allarmato come il resto del mondo crede: la vita continua come al solito, sempre più spenta e mesta, tra file al supermercato e un senso di rassegnazione irreale. Nessuno vuole protestare più del dovuto perché tutti, a questo punto, vogliono solo che la Brexit si concluda per poter iniziare un nuovo anno, una nuova vita. Boris è in bilico, ha dei ratings risibili – solo il 2,9% degli attivisti Tories ne approva l’operato – e le voci di una fronda per sostituirlo già a primavera si susseguono. Non si contano gli articoli feroci contro di lui, e l’uscita di scena del superconsigliere Dominic Cummings non sembra aver fatto altro che aggiungere confusione alla confusione, interrotta solo dalla settimana di gloria dell’inizio del programma di vaccinazione.
La partita economica, per il governo, è anch’essa tutta in salita e in molti si chiedono se le scuole riapriranno a gennaio, permettendo il procedere più o meno sereno delle attività produttive. Che Johnson stia sacrificando il Natale per salvaguardare una vita che è andata avanti normalmente negli ultimi mesi? Per gli economisti, il nuovo lockdown di fatto rischia di pesare anche sul primo trimestre del 2021, mentre per il 2020 si aspettano un calo del pil del 10,6% su base annua. Le misure di furlough, ossia di cassaintegrazione, dureranno fino ad aprile, quando secondo le previsioni di Johnson la vita sarà tornata a una qualche forma di normalità. In molti, sentendogli pronunciare la parola «Pasqua» sono rimasti però più preoccupati che altro, visto che come oracolo fino ad ora si è mostrato debole e che la sua ostinata tendenza a fare promesse che non riesce a mantenere sta diventando preoccupante, come notato anche dalla stampa più amica.
Si sapeva che la fine di questo periodo di transizione sarebbe stato difficile, ma quello che si sta verificando supera ogni immaginazione. La Scozia, sotto la leadership sicura di Nicola Sturgeon, sembra sempre più lontana e autonoma, così come le altre nazioni. La confusione è ai massimi, ma il Paese sa rimbalzare e ora forse sa che facendosi cadere in basso potrà trovare la spinta per risalire da questi anni di profonda crisi esistenziale.