Investire nella casa il «Terzo pilastro»?

Assicurazioni sociali La previdenza individuale offre vantaggi fiscali, ma nel caso di un investimento di questo capitale nell’ammortamento della casa di proprietà non è sempre così, poiché con il tempo il debito ipotecario diminuisce mentre il cosiddetto «reddito locativo» pesa in modo crescente sul reddito del pensionato
/ 30.10.2017
di Ignazio Bonoli

Il sistema svizzero di previdenza per la vecchiaia non sarebbe tale se non contemplasse anche una previdenza individuale. Non a caso, infatti, è noto anche al grande pubblico con l’appellativo di «Sistema dei tre pilastri». Dei primi due pilastri (AVS e Casse pensioni) abbiamo parlato in due precedenti puntate. Oggi vogliamo soffermarci sul terzo, considerando anche un aspetto particolare.

Fin dai tempi antichi, lo svizzero è conosciuto per la sua parsimonia e per la sua previdenza, sostanziata nel risparmio individuale o di famiglia, nonché in una certa reticenza a indebitarsi, se non in caso di estrema necessità. Proprio per questo il sistema previdenziale in Svizzera, curato dallo Stato, non è tra i migliori nelle prestazioni, ma sicuramente tra i migliori nella salute delle proprie finanze.

Ma, negli ultimi anni, la società è molto cambiata, le sue esigenze sono aumentate e anche i sistemi di protezione sono messi a dura prova. Tuttavia la struttura di protezione della vecchiaia conserva il principio secondo cui ognuno deve dapprima pensare a se stesso e solo dopo chiedere l’aiuto di terzi. Lo si evidenzia anche quando – per esempio – non si ritiene buona cosa che le giovani generazioni paghino per mantenere un buon livello di vita a quelle anziane.

Su questo principio si basa appunto il «Terzo pilastro» della previdenza, per il quale lo Stato offre dei vantaggi. Nel caso specifico sono deducibili dal reddito, nella dichiarazione delle imposte, Fr. 6768.– per salariati e indipendenti affiliati a un’istituzione di previdenza professionale (cioè che paga i contributi a una cassa pensione) e Fr. 33’840.– (al massimo fino al 20% del reddito) per chi non è affiliato. Al momento della riscossione di questi risparmi vincolati, lo Stato applica una tassazione di favore sul capitale riscosso.

Un aspetto particolare di questa forma di risparmio (oltre all’assicurazione vita e a varie forme di risparmio bancario o di investimento) vi è anche la possibilità di acquisire un’abitazione in proprio. Per queste operazioni vi è pure la possibilità di utilizzare parte del capitale della propria pensione, non dimenticando però che questo capitale mancherà poi nel calcolo della rendita di pensione. Attualmente i tassi ipotecari molto bassi potrebbero favorire questa forma di investimento previdenziale, tenendo però conto del fatto che è necessario investire anche un capitale proprio (in generale il 20% del costo totale).

Lo Stato aveva favorito in passato questo investimento con particolari agevolazioni – accanto ai sussidi per le pigioni – contribuendo però a creare strette finanziarie al momento del pensionamento con ancora il debito da restituire. Totalmente in contraddizione con la politica di promozione dell’alloggio, lo Stato tassa però un reddito locativo, che in realtà non esiste. E, in effetti, il servizio degli interessi sul debito e i suoi ammortamenti riducono a ben poco, se non a zero, questo reddito. Tuttavia, man mano che il debito scende, il reddito imponibile aumenta e potrebbe raggiungere il livello massimo, proprio al momento del pensionamento, talvolta vanificando proprio l’aspetto di previdenza per la vecchiaia.

Chi sceglie questa forma di investimento – sempre nell’ottica del «Terzo pilastro» – deve mettere in conto un eventuale aumento dei tassi di interesse e la necessità di un adeguato ammortamento del debito, per non giungere al pensionamento con un fardello che può essere difficile da sopportare. Deve inoltre tener conto delle varie imposte e tasse che colpiscono la proprietà, nonché del «valore locativo» a cui abbiamo accennato.

Quest’ultimo fattore, che aumenta con il diminuire del debito, può essere di un certo peso, poiché legato sia al valore fiscale della casa, sia alla media degli affitti pagati nei dintorni. È una particolarità svizzera, che si aggiunge alle imposte su reddito e sostanza e che solleva parecchie discussioni.

Le associazioni di inquilini si oppongono alla soppressione del valore locativo, a meno che si introduca anche la deducibilità degli affitti nel calcolo del reddito disponibile. Dal canto loro i proprietari sostengono che si tratta di due cose diverse e non necessariamente paragonabili. Ultimamente si fa strada una soluzione che potrebbe accontentare soprattutto lo Stato: quella di sopprimere il valore locativo, ma anche la deducibilità del debito ipotecario e dei suoi interessi. È vero che così facendo si può influire sull’incentivo a indebitarsi, ma – aggiungono i critici – anche a mantenere il patrimonio immobiliare in buono stato. Infine, si punirebbe solo il risparmiatore che investe un capitale proprio. Contrasto risolvibile – anche secondo il Tribunale federale – con la soppressione tanto del valore locativo, quanto delle deduzioni sul debito ipotecario.