Indipendenti ma non troppo

Il caso di un giudice del Tribunale federale, eletto nel 2008 su indicazione dell’UDC ma che ora non ha voluto rieleggerlo, riapre la questione sull’indipendenza della giustizia dal potere politico
/ 19.10.2020
di Marzio Rigonalli

Negli ultimi mesi ci sono stati alcuni episodi che hanno rivelato situazioni di malessere all’interno della giustizia in Svizzera. È stato il caso all’interno del tribunale penale federale, dove si sono intrecciate le accuse di mobbing, di sessismo e di spese eccessive. È stato il caso anche in seno al tribunale cantonale grigionese, dove è sorto il conflitto tra il presidente ed un suo collega giudice in merito ad una sentenza su un caso di eredità. Un conflitto che poi si è prolungato fino al tribunale federale e all’interno del parlamento cantonale, mettendo a dura prova il buon nome dell’istituzione giudiziaria cantonale. La vicenda che ha suscitato più clamore è però stata, senza dubbio, la rielezione dei giudici del Tribunale federale. Un po’ per il tentativo di condizionarla e di pilotarla, fatta da un partito politico, l’UDC; un po’ perché sono riemerse quelle criticità che caratterizzano i rapporti tra la politica e la giustizia, nel caso specifico tra il parlamento federale ed il tribunale federale.

Che cosa è successo? Lo scorso 23 settembre, durante la sessione autunnale, l’assemblea federale è stata chiamata a rieleggere i giudici del tribunale federale. Una rielezione che si svolge ogni sei anni e che di solito avviene in tutta tranquillità. Questa volta non è stato così. Un mese prima dell’appuntamento, l’UDC ha cominciato a distanziarsi da uno dei giudici che doveva essere rieletto, il vallesano Yves Donzallaz, un giudice ch’essa stessa aveva proposto nel 2008. Lo accusò di non seguire la linea politica del partito. Le accuse sono poi sfociate nella decisione presa dal gruppo parlamentare dell’UDC di non rieleggere Donzallaz. Il primo partito svizzero non ha digerito due decisioni prese dal tribunale federale e alle quali aveva partecipato, con voto favorevole, anche Yves Donzallaz. La prima risale al 2015, quando venne deciso che l’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE prevaleva sull’articolo costituzionale «Contro l’immigrazione di massa». La seconda è più recente ed è del mese di giugno 2019, quando il tribunale decise di trasmettere alle autorità fiscali francesi i dati personali di 45’000 clienti di UBS.

Il modo di agire dell’UDC è stato criticato in termini anche abbastanza violenti da tutti gli altri partiti politici. Si è parlato di una mancanza di rispetto delle istituzioni, di un attacco all’indipendenza della giustizia ed alla separazione dei poteri. E c’è stato anche chi ha voluto tracciare un parallelo con la Turchia, l’Ungheria e la Polonia, paesi nei quali la giustizia deve convivere con le pressioni del governo e ha dovuto rinunciare ad una parte della sua indipendenza. In segno di protesta, tre partiti di governo, il PS il PPD ed il PLR, hanno annullato il vertice sulla concordanza concordato con il quarto partito, l’UDC. Un vertice durante il quale si sarebbe dovuto discutere sui contenuti della formula magica del Consiglio federale, alla luce di quanto è successo alle ultime elezioni federali, con l’avanzata dei Verdi e la loro richiesta di far parte del governo. Alla fine, il tentativo dell’UDC di bloccare la rielezione di un giudice è fallito. Gli altri partiti hanno sostenuto Yves Donzallaz, che è stato rieletto con 177 voti, largamente al di sopra della maggioranza assoluta richiesta che era di 120.

L’UDC si è dunque ritrovata isolata ed ha dovuto incassare la sconfitta. Il suo modo di agire ha però messo in evidenza alcuni punti dolenti nei rapporti tra il potere legislativo ed il potere giudiziario. Prima di essere nominato, un futuro giudice del Tribunale federale deve essere proposto da un partito politico, di cui di solito è membro. I partiti politici si suddividono il numero dei giudici del Tribunale federale secondo la loro forza elettorale. Il giudice contraccambia il favore di essere stato proposto versando al partito, annualmente, una parte del suo stipendio che è di circa 350’000 franchi. La somma versata varia secondo il partito. Per ogni giudice i Verdi incassano 20’000 franchi, i socialisti fino a 13’000, l’UDC  7000, il PPD 6000 ed il PLR 3000 franchi. Sono cifre importanti, che rappresentano un’entrata non trascurabile per le casse di almeno alcuni partiti, ma che sollevano interrogativi sull’indipendenza della giustizia e sulla fiducia che una simile situazione può riscuotere nella popolazione. 

Alcuni difensori di questo sistema obiettano che anche i membri del Consiglio federale, i membri degli esecutivi cantonali ed i parlamentari versano ai loro partiti una parte delle loro entrate. Le due situazioni, però, sono diverse. Attraverso la loro attività e le loro scelte, i politici hanno un legame molto stretto con i loro partiti. I giudici, invece, non intrattengono un simile legame, perché svolgono un’attività indipendente dai partiti, con risultati uguali per tutti i cittadini.

Per non dover assistere ad una situazione analoga a quella vissuta lo scorso mese di settembre, sarebbe quindi opportuno aprire la porta alle riforme. Due sono le vie suscettibili di essere intraprese. La prima comporta dei correttivi all’attuale sistema. Per cancellare la rielezione, si potrebbe allungare il mandato del giudice, che oggi è di 6 anni, oppure prolungarlo addirittura fino al pensionamento. Un solo mandato potrebbe rafforzare l’indipendenza del giudice. E per rompere il legame tra i giudici ed i partiti politici, si potrebbe prevedere che il tribunale federale possa proporre all’assemblea federale un numero definito di futuri giudici. Si aprirebbero così le porte del tribunale a giudici che non fanno parte di un partito politico e che verrebbero eletti soltanto sulla base di criteri di competenza e di idoneità.

La seconda via percorribile è l’iniziativa popolare «Per la designazione dei giudici federali mediante sorteggio (Iniziativa sulla giustizia)». È stata depositata il 26 agosto 2019 con oltre 130’000 firme valide e chiede che i giudici del Tribunale federale siano designati mediante sorteggio. Una commissione peritale verrebbe istituita per decidere chi può partecipare al sorteggio e quali sono le caratteristiche che deve riunire. Il Consiglio federale ha respinto l’iniziativa, senza opporvi un controprogetto, perché ritiene che la designazione mediante sorteggio implica una decisione basata sul caso, e che ciò potrebbe pregiudicare la credibilità del tribunale e delle sue sentenze. È probabile che anche i partiti politici si schierino contro quest’iniziativa, visti i vantaggi finanziari che traggono dal sistema attuale. Alla fine spetterà comunque al popolo e ai cantoni pronunciarsi sull’iniziativa e sulla riforma proposta.

Nessuna delle due strade convince pienamente e forse sarà necessario intraprendere altre vie. Quello che è avvenuto nelle settimane che hanno preceduto l’ultima rielezione dei giudici federali non deve più succedere. Il disorientamento è stato ampio e, per restare a livello federale, ha ingrandito la perplessità che aveva già provocato il comportamento del procuratore generale della Confederazione, Michael Lauber. Anche la procura federale è nel mirino della critica e necessita di una riforma. L’assemblea federale ha ora l’opportunità di rivedere il modo di scelta dei giudici federali. Deve trovare un sistema che riduca le pressioni della politica, che renda inefficaci le prese di posizione pubbliche di singoli parlamentari e delle centrali dei partiti contro i giudici in carica, e che cancelli le loro minacce di conseguenze al momento della rielezione. L’indipendenza della giustizia e la sua credibilità sono valori fondamentali della nostra democrazia, valori che vanno difesi e possibilmente rafforzati in ogni circostanza.