Curiosità: il portale che controlla i russi

Il portale elettronico «Gosuslugi», letteralmente «servizi pubblici», è stato un fiore all’occhiello dello Stato russo ma si è di recente trasformato in una specie di «Grande Fratello» che controlla i movimenti dei cittadini. Ne parla Rosalba Castelletti in un articolo pubblicato sul «Corriere della Sera» la settimana scorsa. «Creato nel 2009 sotto la presidenza di Dmitrij Medvedev (…) aveva liberato il cittadino russo dalle pastoie della farraginosa burocrazia post-sovietica. Nel 2017 contava 65 milioni di utenti e alla fine del 2019 aveva superato i 100 milioni, più di due terzi della popolazione del Paese». In cambio dei dati individuali, permetteva di ottenere un documento, pagare le tasse o fissare una visita medica. «Lo scorso aprile quello che sembrava un paradiso digitale si è trasformato in una prigione di staliniana memoria». Il Parlamento ha infatti approvato una legge che introduce le «convocazioni elettroniche». D’ora in poi la chiamata alle armi – spiega Castelletti – verrà inviata attraverso il portale governativo «Gosuslugi» e sarà considerata automaticamente come consegnata.

«Non aiuta neppure non avere mai creato un profilo sul portale o averlo cancellato: la cartolina, in questo caso, verrà inviata a un registro digitale governativo di tutti i russi idonei al servizio militare e, dopo sette giorni, verrà considerata come recapitata». Da quel momento chi non si presenta all’ufficio di reclutamento entro venti giorni, verrà considerato un disertore. «Non potrà lasciare il Paese, ottenere o rinnovare la patente, acquistare o vendere immobili, contrarre prestiti o registrare una piccola impresa». / Red.


In Ucraina nessuna tregua è possibile

Per Putin e Zelensky non è in gioco la carriera ma la vita, non si arrenderanno. Cosa succederà? Le ipotesi sul tavolo
/ 29.05.2023
di Lucio Caracciolo

Se un marziano osservasse il campo di battaglia in Ucraina potrebbe stabilire che la tregua, se non proprio la pace, è a portata di mano. Avrebbe infatti annotato i seguenti punti chiave. Primo. Il colpo di Stato a Kiev che avrebbe dovuto assegnare l’Ucraina alla Russia è clamorosamente fallito. Secondo. La più che deficitaria prestazione delle Forze armate russe, formali e informali, ne ha compromesso la credibilità. Terzo. I russi hanno però conquistato buona parte del Donbass, ancor più ne hanno annesso per decreto. Oggi stanno finendo di fortificare le linee in vista della controffensiva ucraina, se e quando sarà. Operazione che delimita un confine all’interno dei territori annessi, il che vuol dire che quanto è esterno alle linee difensive è trattabile.

Quarto. Gli ucraini hanno resistito valorosamente all’invasione, guadagnandosi il rispetto del mondo, anche di qualche russo. D’ora in avanti, causa la totale dipendenza dall’Occidente che non ha più molto da fornire in termini di armi e munizioni, la lotta per la sopravvivenza della Nazione aggredita si fa però più complicata e più costosa. Quinto: nei territori occupati non ci sono quasi più ucraini filo-Kiev, uccisi dai russi o fuggiti. Nell’ipotesi improbabile di riuscire a recuperare quelle terre armi in pugno, come ne gestirebbero la popolazione? Sesto. Ne consegue che in un eventuale negoziato Kiev potrebbe rinunciare al rimpatrio della Crimea e di una parte del Donbass in cambio dell’ingresso nella NATO o qualcosa di molto simile a questo. Oltre che accelerare l’integrazione nello spazio UE. I russi potrebbero rinunciare a parte dei territori annessi, specie le aree in cui c’è ancora una presenza filo-Kiev di peso (Kherson e pezzi dell’oblast di Zaporijja). E accettare la presenza atlantica in Ucraina, ormai dato di fatto, senza che questo significhi formalizzare l’ingresso dei fratelli/nemici nell’Alleanza atlantica.

A questo punto il fronte sarebbe congelato, una forza di interposizione internazionale si schiererebbe fra i due rivali. I quali potrebbero continuare a rivendicare ciascuno ciò che crede proprio, rinunciando però a contendersi quegli spazi con la guerra. Tutto questo se non sapessimo che nelle relazioni umane c’è sempre un grado prevalente di irrazionalità e di sentimento. Il marziano, a quanto pare piuttosto insensibile – o sarà l’intelligenza artificiale? – non ne tiene conto. Noi dobbiamo. Sempre per punti. Primo. Siamo in una guerra di famiglia, fra cugini slavi che si detestano e hanno un forte senso dell’onore e una decisa propensione alla violenza. Non si arrenderanno che per sfinimento. Secondo. Per Putin e Zelensky è in gioco non la carriera, la vita. Un passo indietro e finiscono liquidati, in un modo o nell’altro. Per loro è importante, se non la vittoria piena, almeno qualcosa che le assomigli e permetta di salvare la faccia.

Terzo. Non è solo questione di capi, ma di Nazione e impero. La Nazione Ucraina sta conquistandosi la legittimazione internazionale e soprattutto sta consolidando un tessuto culturale tutt’altro che omogeneo. Da periferia di altrui imperi – russo, polacco, asburgico – a centro di sé stessa. L’impero russo, se sconfitto, minaccia di collassare. È questa l’aspirazione soprattutto di polacchi, baltici, scandinavi e romeni, non troppo propensi a lasciare i conti in sospeso. Letto questo, immaginiamo che il marziano ci ripensi. E valuti l’improbabilità di un cessate-il-fuoco ravvicinato. Alla fine, due ipotesi. Saranno russi e americani a stipulare un accordo; gli ucraini dovranno decidere se accettarlo o respingerlo. Oppure saranno i russi a cedere, per destrutturazione del fronte interno. Con relativo cambio di leadership o di regime, oltre alla possibile disgregazione della Federazione. Quanto a noi europei, comunque finisca saremo più insicuri, più deboli e meno benestanti. Ogni cambio di paradigma geopolitico di un tale spessore provoca riflessi che vanno molto al di là del campo di battaglia. E noi questo campo ce l’abbiamo in casa, anche se ci illudiamo di esserne lontani. Ma il marziano, che ha un altro senso dello spazio, sa bene dove siamo e dove resteremo.