In lotta per la successione di Merkel

In Germania chi sarà a guidare i cristiano-democratici dai duri banchi dell’opposizione? La corsa di Merz, Röttgen e Braun
/ 22.11.2021
di Stefano Vastano

Jens Spahn ha già gettato la spugna. Il 41enne ministro della Salute tedesco ha rinunciato anche questa volta a candidarsi per il trono – sempre più traballante – di presidente della Cdu. Quel trono che fu del potentissimo Helmut Kohl e poi, per 16 lunghi anni, di Angela Merkel. E che oggi invece, dopo il breve interregno di Annegret Kramp-Karrenbauer, è ancora per poco nelle mani dello sfortunato Armin Laschet. L’ex premier del Nordreno-Vestfalia che, alle elezioni del 26 settembre, ha ottenuto il peggior risultato mai riscosso dalla Cdu dai tempi di Adenauer: uno sconsolante 22,5 per cento (dopo il 26,8 spuntato dalla Merkel alle politiche del 2017).

Già, ma chi sarà il nuovo presidente che, nel primo anno dopo l’era Merkel, guiderà i cristiano-democratici sui duri banchi dell’opposizione? Ha sorpreso molti la candidatura del 49enne Helge Braun: in Germania non tutti sanno che lui, ancora per poco, è a capo del Kanzleramt, la Cancelleria della Merkel. Ciò che lo distingue dai suoi due rivali – ossia da Friedrich Merz e Norbert Röttgen – è prima di tutto la laurea: Braun è un medico, specialista in terapia intensiva. E il fatto che viene dall’Assia, non dal Nordreno come Merz, Röttgen e anche Laschet. Origini a parte, il fatto di essere un fedelissimo di Angela Merkel non gioca certo a vantaggio di Braun; e ancor meno di non aver ricoperto nessun incarico all’interno della Cdu. In pubblico o nei talk show non è poi che il dottor Braun brilli di verve retorica. C’è chi pensa pertanto che la sua candidatura più che al vertice della Cdu punti in realtà alla successione di Volker Bouffier, il premier della Cdu a Wiesbaden, il capoluogo dell’Assia.

L’unica domanda allora è: toccherà al più posato Röttgen o al più sanguigno Merz prendere il testimone dal più pallido Laschet? Già lo scorso gennaio, in corsa per la presidenza del partito contro Merz e Laschet, Röttgen saltò al primo turno. Questa volta il 56enne esperto di politica estera ed ex-ministro dell’Ambiente riprova la scalata al trono della Cdu con due precisi obiettivi. «Il partito ha bisogno di un rinnovamento nei contenuti», ripete l’ex-pupillo di Merkel. I lunghi anni del «merkelismo» – è il sottotesto del messaggio – hanno eroso l’identità del partito. «Il centro, insiste Röttgen, è il vero luogo della Cdu. E questo luogo deve esprimersi nella persona del presidente». Con i suoi capelli bianchi, gli occhialini e il suo linguaggio forbito Röttgen si presenta come l’uomo giusto per riportare la Cdu «a riprendersi – dice lui – i voti al centro della società». Alle politiche di settembre la Cdu ne ha persi tanti, oltre un milione, a vantaggio della Spd e dei Verdi.

Al convegno che si terrà ad Hannover, il 21 e 22 gennaio, i delegati dovranno scegliere dunque se incoronare Röttgen, il quale vuole che la Cdu «torni ad essere un Volkspartei», un partito popolare. O piuttosto fidarsi del febbrile e a volte persino reazionario Friedrich Merz. Che ha compiuto 66 anni, ed è stato l’ex capo frazione parlamentare della Cdu prima di diventare manager del gruppo finanziario Blackrock (e di altre imprese). Ora ci riprova per la terza volta a conquistare l’ambito incarico nella Cdu. Nel partito tutti sanno che è lui – non Röttgen e tantomeno Braun – l’anti-Merkel per antonomasia. Di posizioni liberali o progressiste in Merz non c’è nemmeno l’ombra. Eppure non pochi, specie in un passaggio della Cdu all’opposizione, vedono in questo coriaceo politico-manager il perfetto traghettatore in una delle fasi più critiche della Cdu. Perché lui, come ha titolato «Der Spiegel» «è il contrario di Scholz e veleno per la Fdp». Il terrore della prossima «coalizione semaforo» al Governo di Berlino, la coalizione di Spd, verdi e liberali, e in particolare del futuro ministro delle Finanze Christian Lindner, il capo dei liberali, è lui, il conservatore Merz. Che di sicuro è il più facoltoso deputato della Cdu, ed uno dei pochi nel partito ad avere non solo il dono della favella sciolta ma anche il gusto della provocazione, con le sue acri battute sugli omosessuali o contro la parità dei sessi ai vertici della Cdu.

Più che ripescare voti al centro della società il mirino di Merz è puntato contro l’Afd, la forza d’estrema destra che alle politiche di settembre ha risucchiato il 10 per cento dei voti. «Abbiamo sottovalutato il problema dell’estremismo di destra», dice Merz. L’altro leitmotiv su cui torna spesso e volentieri è che «abbiamo sottovalutato anche il problema dell’immigrazione illegale». Alle donne del partito il suo stile da macho piace poco. Ma con quel suo fare brachiale è il beniamino della Junge union, l’associazione giovanile del partito. Con un Friedrich Merz al timone della Cdu poi anche Markus Söder, l’altro coriaceo presidente bavarese della Csu, sempre così mordace contro il debole Laschet, avrebbe qualche difficoltà. Come vedono dunque i tedeschi questo braccio di ferro fra Röttgen e Merz? Chi dei due spunterà la carica di presidente? Dipende. Sondaggi dicono che circa il 26 per cento dei tedeschi preferisce l’anima liberale del più posato Röttgen. E solo il 23 per cento si dichiara a favore del più brusco Merz. All’interno della Cdu, al contrario, il 37 per cento è più propenso ad affidarsi a Merz, e solo il 24 per cento vuole lasciarsi guidare da Röttgen. Come detto solo a fine gennaio, ad Hannover, sapremo chi salirà sul trono. Per ora un’unica cosa è sicura: se tra qualche giorno i tedeschi tornassero a votare ridarebbero alla Spd di Scholz il 26 per cento dei voti. E alla Cdu che fu di Angela Merkel appena il 22 per cento.