In Francia si gioca il futuro dell’Europa

Domenica prossima gli elettori sceglieranno chi tra Macron e Le Pen guiderà il paese per i prossimi cinque anni
/ 18.04.2022
di Marzio Rigonalli

I francesi stanno per decidere chi sarà il loro presidente per i prossimi cinque anni. A meno di una settimana dal voto decisivo i due finalisti, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, sono immersi nella loro campagna elettorale. I due si erano già sfidati nel 2017. Macron rappresentava allora la novità sulla scena politica francese; Le Pen tentava di accedere all’Eliseo per la seconda volta. Oggi il duello avviene in un contesto ben diverso, con molte fratture sociali e altrettante incognite. Negli ultimi anni la Francia ha vissuto gravi crisi: quella dei «gilet gialli» e quella della pandemia e oggi ne vive una terza, internazionale, con la guerra in Ucraina. Le divisioni sorte durante queste crisi non sono sparite e riappaiono davanti a molte questioni importanti come l’immigrazione, la sicurezza, l’identità francese, le disuguaglianze sociali e l’integrazione dell’Esagono nell’Unione europea.

I due sfidanti sono latori di due visioni ben diverse della società francese e del ruolo della Francia sul piano internazionale. Nella sua veste di presidente uscente, Macron, con il 27,8% dei voti al primo turno, s’iscrive nella continuità e promette di realizzare quelle riforme che non è riuscito a portare a termine durante il suo primo mandato. Difende il suo bilancio e cerca di migliorare la sua immagine, mostrandosi più attento e più sensibile alle esigenze e alle sollecitazioni delle persone meno favorite. Sul piano internazionale è stato protagonista di due avanzate nel contesto europeo. Dapprima con il pacchetto di misure adottato nel luglio 2021, comprendente prestiti e sovvenzioni che consentono agli Stati membri dell’Ue di far fronte alle conseguenze economiche della pandemia e di poter contare su una certa solidarietà. In seconda battuta con il lancio del progetto di una Difesa comune europea, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ha dimostrato di saper gestire crisi e momenti difficili e di avere accumulato un’esperienza che può rivelarsi utile al paese.

Macron presenta però anche due grandi pecche. La prima è legata alla sua immagine. Il presidente uscente viene percepito da una buona parte della popolazione come il leader dei ricchi e delle classi favorite, come colui che colpisce i meno abbienti con piccole frasi offensive e che non si occupa molto di chi stenta ad arrivare alla fine del mese. La seconda pecca è la conseguenza della prima. Sono le frustrazioni e la rabbia che si sono accumulate durante le crisi in una parte della società e che trovano sfogo nel rifiuto della sua candidatura. Il presidente ne è cosciente, ovviamente, e cerca di farvi fronte annunciando misure suscettibili di mitigare le conseguenze delle sanzioni adottate contro la Russia, di consentire l’adeguamento ai cambiamenti climatici e di favorire la presa in considerazione delle categorie maggiormente esposte all’aumento dei prezzi energetici e del costo della vita.

La visione di Marine Le Pen, che al primo turno ha ottenuto il 23,1% dei voti, si fonda soprattutto sul suo programma elettorale. Certo, negli ultimi anni la leader del Rassemblement National ha moderato il suo discorso rispetto al passato, ha messo la sordina alle sue posizioni estreme, ha cercato di tranquillizzare e di rassicurare, nonché di dare l’immagine di una persona cui si può affidare la massima carica dello Stato, ed è riuscita a conquistare una parte delle classi popolari. La lettura del suo programma, però, mette in evidenza una serie di misure che caratterizzano l’estrema destra, sia sul piano interno sia su quello internazionale. Sono provvedimenti che, probabilmente, non possono essere decisi in tempi brevi, ma che possono essere attuati durante i cinque anni del mandato. Vanno dunque considerati in prospettiva.

Sul piano interno Le Pen promette una dura battaglia contro l’immigrazione, un fenomeno che vorrebbe eliminare quasi completamente. Intende togliere in modo radicale gli aiuti sociali che vengono dati agli immigrati e propone di iscrivere nella Costituzione la protezione dell’identità francese e la cosiddetta «priorità nazionale». I francesi, sostiene, devono essere privilegiati rispetto agli stranieri in tutto, dai posti di lavoro agli alloggi e agli aiuti sociali. Verrebbe così cancellato il principio dell’uguaglianza dei cittadini, un principio che è sempre stato presente nella Repubblica sin dal 1789. La leader del Rassemblement National vorrebbe anche iscrivere nella Costituzione la superiorità del diritto francese sul diritto europeo. La misura sarebbe contraria alle regole dell’Unione europea e potrebbe aprire la porta alla «Frexit».

Anche sul piano internazionale i cambiamenti non mancano. Marine Le Pen ha abbandonato il progetto di uscire dall’Ue e di abbandonare l’euro, ma è decisa a distruggere l’Unione dall’interno, trasformandola in un’alleanza delle nazioni e revocando le istituzioni comunitarie che hanno sede a Bruxelles. Viene così respinto ogni tentativo d’integrazione e di rafforzamento della comunità europea attraverso, per esempio, la creazione di una Difesa comune. La sua elezione metterebbe in pericolo il fronte occidentale contro Putin, sorto dopo l’invasione dell’Ucraina. Per Marine Le Pen la difesa dell’Ucraina e il rafforzamento della parte orientale dell’Alleanza atlantica non costituiscono una priorità e la Russia potrebbe diventare un alleato dopo la fine della guerra. La sua vecchia simpatia per il dittatore russo tornerebbe quindi in auge. E su questa linea politica la leader del Rassemblement National può contare su un alleato, l’Ungheria di Orban, e può sperare che altre forze populiste arrivino presto al potere in Europa, dopo regolari elezioni.

La sfida di domenica prossima verrà decisa in gran parte dagli elettori che hanno scelto i candidati usciti sconfitti al primo turno. Primi fra tutti gli elettori di Jean-Luc Mélenchon, il rappresentante della sinistra radicale, uscito terzo con il 22% dei voti e con una forte adesione da parte dei giovani. Meno decisiva sarà probabilmente la partecipazione degli elettori del Partito repubblicano e quelli del Partito socialista, le due formazioni storiche che a più riprese hanno dominato l’elezione presidenziale, ma che adesso sono scese sotto il 5%. Dato il ristretto distacco tra i due contendenti che emerge dai sondaggi, domenica l’attenzione sarà altissima in tutta la Francia, ma non soltanto. Anche in molte capitali europee si attenderà con impazienza e forse anche con un po’ di preoccupazione il risultato finale, perché sono in gioco il futuro dell’Europa, molte sfide geopolitiche e il divenire della democrazia occidentale.