In Francia è battaglia

I sindacati intendono bloccare il Paese per fermare il progettodi riforma delle pensioni promosso dal presidente Emmanuel Macron
/ 23.01.2023
di Marzio Rigonalli

La Francia è entrata in una fase delicata, con scioperi, manifestazioni popolari in tutte le grandi città, un alto grado di litigiosità e la prospettiva di un Paese bloccato e paralizzato in tutti i settori della società. Una prima giornata di protesta si è già svolta. Altre seguiranno. All’origine di questa nuova fase c’è la riforma delle pensioni che il presidente Emmanuel Macron vuol portare a buon termine entro la fine dell’anno e che costituisce il dossier più importante del suo secondo mandato. Quali sono le tre principali novità della riforma? Innanzitutto l’età della pensione, che passerà gradualmente dagli attuali 62 a 64 anni entro il 2030. Poi i contributi necessari per avere una pensione completa, che saliranno dagli attuali 42 a 43 anni. Infine la soppressione dei regimi pensionistici speciali, ossia quei regimi che consentono a determinate categorie professionali – in particolare nei settori del gas, dell’elettricità e dei trasporti – di andare in pensione prima dei 62 anni. Per addolcire la pillola, il Governo guidato da Élisabeth Borne ha previsto alcuni miglioramenti, come il possibile prepensionamento di chi svolge lavori usuranti o l’aumento della pensione minima a 1200 euro al mese, e si è dichiarato pronto a negoziare ulteriori concessioni.

L’Esecutivo considera necessaria la riforma, perché i francesi vivono più a lungo, perché i contributi di chi lavora non riescono più a finanziare la pensione di chi ha smesso e perché, senza un rapido intervento, il sistema sociale rischia di non essere più sostenibile dal punto di vista finanziario. La riforma viene respinta dalle forze politiche di opposizione, ossia dalla sinistra e dall’estrema destra del Rassemblement National, nonché dai principali sindacati che sono riusciti a trovare un’intesa e a definire i tempi e le modalità di una reazione comune. Secondo i sondaggi, anche l’opinione pubblica è contraria e non vuol cambiare il sistema pensionistico attuale. L’opposizione si scaglia soprattutto sul fatto che in futuro bisognerà lavorare di più e sul rischio, per alcune categorie, di perdere alcuni privilegi che il sistema attuale consente ancora. A ciò si aggiunge anche una sempre più diffusa opinione che la riforma non è equilibrata e che colpisce i ceti più modesti, coloro che non possiedono diplomi, che spesso svolgono lavori umili e che hanno cominciato presto a lavorare. È un’opinione che alimenta la collera sociale di alcune classi e che coinvolge per esempio i funzionari, i commercianti e gli artigiani. Tutti i partiti politici d’opposizione e i principali sindacati chiedono al Governo di rinunciare alla riforma.

La situazione attuale racchiude pericoli immediati per il Paese e una posta in gioco politica a breve e a medio termine. In passato tutti i Governi che hanno tentato di riformare il sistema pensionistico francese si sono scontrati con una valanga di scioperi, manifestazioni e alla fine vi hanno rinunciato. Fu così nel 1995, nel 2010 e nel 2020. L’ultima volta la rinuncia è stata imposta anche dall’irrompere della pandemia. Il timore di una forte partecipazione popolare nelle strade e nelle piazze, il ricordo sempre vivo delle violenti manifestazioni provocate dai gilet gialli prima della pandemia e la paura che le Reti sociali scatenino movimenti incontrollati, creano un’atmosfera tesa, dominata dall’incertezza. E sullo sfondo sorge lo spettro di un Paese che potrebbe ritrovarsi bloccato, che non sarebbe più in grado di garantire i rifornimenti di energia, di materie prime e di prodotti alimentari necessari per consentire l’attività sociale ed economica, e che costringerebbe il Governo ad adottare misure forti e impopolari.

La posta in gioco politica risiede nei vantaggi che i vari schieramenti potrebbero trarre dallo scontento popolare. Lo scontro più diretto oppone l’estrema destra alla sinistra. Il Rassemblement National non parteciperà alle manifestazioni e cercherà di bloccare, perlomeno di modificare, il progetto durante il dibattito all’Assemblea nazionale. Forte dei suoi 89 deputati e del suo elettorato sempre più popolare, il partito di Marine Le Pen ha adottato una strategia che tende a renderlo una forza politica simile ad altre, accettabile, priva di posizioni estreme. L’obiettivo finale è la conquista dell’Eliseo nel 2027, dopo gli ultimi tre tentativi falliti. Per questo ha bisogno di attirare le simpatie di nuovi elettori. La sinistra, invece, anima gli scioperi e le manifestazioni popolari. Dopo aver fallito l’obiettivo di ottenere la maggioranza all’Assemblea nazionale alle ultime elezioni legislative, i partiti riuniti nella Nupes (Nouvelle Union populaire écologique et sociale) puntano a riguadagnare un po’ di terreno, sia attirando una parte degli elettori di sinistra che hanno votato per il presidente Macron, sia riducendo il consenso popolare di cui gode l’estrema destra.

Il personaggio centrale di questa fase delicata rimane comunque Macron. La riforma delle pensioni viene presentata come la madre delle riforme. Se passerà, il presidente potrà esibire un successo che gli offrirà almeno due vantaggi. Il primo è di poter affrontare in futuro altre riforme riguardanti per esempio l’immigrazione, la sanità e le energie rinnovabili. Pur nella stretta che pongono i gravi ostacoli derivanti dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica, dall’inflazione e dall’assenza di una maggioranza parlamentare. Il secondo vantaggio, più personale, è di poter entrare nella storia, lasciando una traccia come presidente riformatore. Se la riforma verrà ritirata o bocciata in Parlamento, Macron avrà perso e la sua sconfitta si ripercuoterà in modo negativo sui prossimi quattro anni del suo mandato, bloccando altre possibili riforme e accentuando la lotta per la successione. La sua permanenza all’Eliseo non avrà allora altri particolari meriti, al di là della futura gestione di eventi importanti come le elezioni europee e i Giochi olimpici previsti a Parigi l’anno prossimo.