«Libertà o comunismo». Questo è lo slogan usato da Isabel Díaz Ayuso per le elezioni regionali in programma domani a Madrid. La presidente della Comunità autonoma di Madrid, rampante esponente del Partito popolare (Pp), si è contraddistinta durante la campagna elettorale per aver usato frasi a effetto come «bisogna scegliere tra Madrid o Caracas». Tali espressioni sono state ripetute allo scopo di allarmare i cittadini madrileni sul presunto pericolo in caso di vittoria nella regione di Madrid di un Governo di coalizione progressista, come quello nazionale formato dai socialisti di Pedro Sánchez con la sinistra massimalista di Unidas podemos come partner. Grazie a queste iperboli e ad altre provocazioni, Ayuso è riuscita a farsi conoscere anche al di fuori della capitale, diventando una delle figure più controverse e divisive del panorama politico spagnolo.
Da due anni alla presidenza del Governo regionale, questa ex giornalista 43.enne ha dapprima sciolto il 10 marzo scorso l’Assemblea regionale per dissapori con i centristi di Ciudadanos, ex soci di Governo, poi ha cominciato una campagna elettorale volutamente incentrata sul concetto di libertà. Il suo obiettivo è stato quello di mettere questo diritto in contrapposizione alle restrizioni imposte dal Governo Sánchez per combattere il Coronavirus. Ayuso è una fautrice delle ricette neoliberiste del Pp, partito che governa la regione di Madrid da 25 anni a suon di privatizzazioni, tagli al settore pubblico e agevolazioni fiscali per i più ricchi. Così l’idea che gli interessi dell’economia debbano prevalere su tutto (anche sulla salute) è stata applicata pure in questo periodo di pandemia.
Bar e ristoranti sono rimasti quasi sempre aperti, tanto che Madrid è diventata meta di molti turisti stranieri che si recano nella capitale spagnola per evadere dai vari lockdown nazionali. Molti gerenti di bar della città hanno persino messo la foto della presidente Ayuso all’ingresso dei propri esercizi commerciali, come segno di ringraziamento per aver consentito loro di non chiudere la propria attività. Ayuso ha coniato uno slogan anche per questo settore e cioè quello di «vivere alla madrilena», sottintendendo la libertà di uscire a «tomar cañas» (bere delle birre) e a mangiare con gli amici, attività predilette e irrinunciabili per il madrileno medio. Naturalmente questo atteggiamento ha avuto i suoi risvolti negativi, dato che la regione di Madrid è quella con il maggior numero di morti per Covid-19 di tutta Spagna.
Questo aspetto non sembra però preoccupare l’elettorato madrileno, dato che Ayuso risulta ampiamente in testa nei sondaggi (raccoglierebbe circa il 40 per cento dei voti). Probabilmente l’elevato consenso in favore di Ayuso trova una sua spiegazione nel fatto che «il discorso emozionale positivo è quello di cui i cittadini hanno bisogno in questo momento, dopo la stanchezza da Covid presente in tutta la società», sostiene José Verón, professore di Comunicazione politica all’università di Saragozza. Inoltre i discorsi di Ayuso sono basati sulla semplificazione e sulla denigrazione dell’avversario. Tutti fenomeni caratteristici di ogni populismo che fanno breccia quindi anche a Madrid, tanto che gli analisti hanno coniato il termine di «trumpismo alla madrilena». Per Ayuso il capro espiatorio è Pedro Sánchez, il presunto responsabile di tutti i mali del Paese, mentre la «minaccia rossa bolivariana» è rappresentata da Pablo Iglesias.
Il leader di Podemos, dal canto suo, ha lasciato l’incarico di vicepresidente del Governo per scendere nell’agone politico di Madrid e combattere la sua battaglia più importante e che definirà anche il suo futuro. Iglesias ha colto l’occasione al balzo per cercare di rilanciare la sua immagine, da tempo in declino, e contrastare il suo nemico ideologico naturale: il fascismo. Le dichiarazioni di Ayuso («un fascista è uno che è stato dal lato giusto della storia») sono in effetti tutto fuorché quelle di un partito di una destra moderata e si sovrappongono pericolosamente per contenuti e ideologia a quelle neofranchiste di Vox (dato all’11 per cento nei sondaggi). Questo movimento di estrema destra ha portato a un imbarbarimento dei toni e a una volgarizzazione della contesa, al punto che i tre candidati dei partiti progressisti (Psoe, Unidas podemos e Más Madrid) hanno abbandonato uno studio Tv durante un dibattito elettorale, quando la candidata di Vox non ha voluto condannare le minacce di morte ricevute da Pablo Iglesias.
«I discorsi di Vox mettono in pericolo le basi della democrazia», ha tuonato il premier Pedro Sánchez, facendo riferimento anche al fatto che in altri Paesi come Francia o Germania la destra conservatrice ha sempre preso le distanze dai movimenti di estrema destra e tutto l’arco politico mette un «cordone sanitario» attorno a partiti come il Front national o l’Alternative für Deutschland. Cosa che però non avviene in Spagna, dove il Pp governa in alcune ragioni con l’appoggio esterno di Vox, le cui posizioni xenofobe e razziste sono accettate da Ayuso con indifferenza e complicità, tanto che lei si è detta disposta anche a includerli in un futuro Governo. In questo clima di scontro totale, domani non c’è in gioco solo la presidenza della regione più ricca del Paese ma anche il futuro della politica spagnola.
Il trumpismo alla madrilena di Ayuso
La presidente uscente della Comunità autonoma di Madrid è la netta favorita alle elezioni regionali che hanno una rilevanza politica nazionale. Il suo successo è cresciuto grazie ai continui attacchi al premier Sánchez
/ 03.05.2021
di Gabriele Lurati
di Gabriele Lurati