Venezia annaspa nell’acqua, trema a ogni annuncio di alta marea. Le speranze sono riposte sull’entrata in funzione del Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), il sistema di paratoie mobili concepite nel 1981. Nel ’95 ne fu annunciato il funzionamento per il ’98. Tra scandali e arresti venne posticipato al 2001; ora si spera di farcela per il 2020, ma sembra che prima del 2022 non se ne parli. Doveva costare 1,6 miliardi di euro, ne è già costati 5,5 e si andrà oltre i 6. Diversi tecnici sostengono che sarà un buco nell’acqua alta.
In Liguria crollano ponti, viadotti, canali di scolo. E quelli che restano in piedi sono al centro di mille preoccupazioni a causa di relazioni, solo di recente venute alla luce, assai critiche sulla loro solidità. Di conseguenza si è bloccato il porto di Genova già in ambasce per la concorrenza spagnola e francese.
Le foto e le immagini dei topi scorrazzanti nel centro di Roma in mezzo a cumuli di spazzatura costituiscono ormai un must come le foto e le immagini davanti alla Fontana di Trevi e al Colosseo. In alternativa i mezzi pubblici che vanno a fuoco, le scale mobili della metropolitana che travolgono i passeggeri, un bar del centro che fa pagare 280 euro due focacce farcite, due acque minerali, due caffè.
Alitalia ha perso fin qui 10 miliardi di euro. Nel 2008 Air France era pronta a comprarla versando addirittura più di un miliardo. Berlusconi fece del salvataggio della compagnia di bandiera uno dei cardini della sua campagna elettorale, che vinse. Entrarono i cosidetti «capitani coraggiosi» e fu il disastro. Oggi Alitalia ci rimette quasi il 16% su ogni passeggero imbarcato, due anni addietro era oltre il 23%. Il fallimento è dietro l’angolo.
A Taranto l’Ilva è un grosso rompicapo industriale con migliaia di operai a rischio, l’indotto della Puglia in bilico, i settori manifatturieri nazionali in apprensione per la dipendenza dal suo acciaio. Poi c’è la questione ambientale con i casi di tumore in crescita esponenziale. Eppure nel 1968, quando fu inaugurato l’impianto, pareva di aver scoperto l’elisir della felicità e il quartiere a pochi passi una comodità in più per gli operai.
Il 70% delle scuole necessiterebbe di robusti lavori di ristrutturazione. La mancata messa in sicurezza di ampie fette del territorio ci espone alle tragiche conseguenze di terremoti, purtroppo ricorrenti a causa dei ripetuti cozzi delle placche europea ed africana.
Attorno al Vesuvio sono state costruite cinquantamila abitazioni abusive: i geologi sostengono che andrebbero evacuate all’istante crescendo di giorno in giorno il pericolo di una devastante eruzione. D’altronde l’abusivismo, capace di sconciare straordinari paradisi costieri, è una delle emergenze in costante crescita grazie ai condoni molto più praticati delle ruspe.
L’immigrazione continua a rappresentare motivo di scontro tra due soluzioni opposte nel loro errato radicalismo. Sono entrambe figlie dell’assenza di un modello d’inserimento da offrire a quanti arrivano sulle nostre sponde. Il difensore della razza Salvini si diverte a solleticare il peggio dei connazionali: non praticando la storia, sconosce di quali orrori siamo stati capaci.
Una mite signora novantenne, Liliana Segre, è diventato l’ultimo motivo di selvaggia contrapposizione. Da ragazzina ebrea provò l’orrore dei lager nazisti, che inghiottirono la sua famiglia. Da senatrice a vita la sua proposta di una commissione parlamentare contro l’odio ha indotto il centrodestra a una serie di distinguo per accattivarsi sia gli antisemiti, sia i nostalgici di un certo fascismo. Mentre il centrosinistra ha cercato di ritagliarsi il ruolo del cavaliere bianco cancellando il pronunciato ostracismo a Israele.
Da questo quadro, per altro sommario, emerge il concreto timore che d’argilla non siano solo i piedi, bensì l’intera struttura del presunto colosso. Siamo l’unico Paese in cui nazionalismo e sovranismo mescolati in una macedonia malsana rappresentano la maggioranza dei votanti. La conseguenza è stata il trionfo dei dilettanti, che rischiano di mandare allo sbaraglio la macchina statuale. Il fondo salva-stati europeo, approvato in estate, diventa motivo dell’ennesimo scontro all’interno del governo. A un passo dalla defenestrazione tra i 5Stelle, Di Maio si oppone con il pretesto della solidità delle banche. Spera così di mettere al sicuro il proprio ruolo ed evitare un mesto ritorno alla vendita delle bibite nello stadio San Paolo. Questo ministro degli Esteri, che ignora sia la geografia, sia l’inglese, ma che è assai attento al benessere dei propri compaesani (San Giuseppe Vesuviano), ficca in tal modo l’Italia in un cul de sac. E lo fa nel momento in cui Germania e Francia lanciano il progetto della nuova Europa. Invece di sederci al tavolo e discutere, noi preferiamo salire sugli spalti e fischiare. Tranne poi meravigliarsi per il sempre più modesto credito internazionale di cui godiamo.