Le leggi svizzere potrebbero aiutare John Elkann a restare l’uomo più ricco d’Italia e uno dei più ricchi del pianeta. Dipende dall’ultimo, temerario assalto giudiziario di sua madre Margherita de Pahlen, figlia di Gianni Agnelli e sulla carta unica erede, dopo il suicidio del fratello maggiore Edoardo nel 2000, a 46 anni. Le sue residue speranze di poter accedere all’enorme patrimonio risiedono nel poter dimostrare che la residenza abituale della madre Marella – moglie di Agnelli – non fosse la Svizzera bensì l’Italia. In tal caso tornerebbe in ballo l’intera eredità. Non soltanto quella del padre, per mezzo secolo dominus della Fiat, ma anche quella della genitrice. A Marella Agnelli viene attribuito un patrimonio di 5,8 miliardi di euro (secondo i «Panama papers») più 9,2 miliardi di euro in oro. Si tratta dell’«oro del Senatore», quello che Gianni Agnelli avrebbe ricevuto nel 1945 alla morte di suo nonno. Riguarderebbe i profitti derivanti dalle forniture Fiat per la prima e la seconda guerra mondiale. Questo presunto deposito ammonterebbe a 138 tonnellate. Dopo essere state spostate da Basilea, dove le custodiva il vecchio Agnelli, adesso sarebbero nel «free port» dell’aeroporto di Cointrin a Ginevra. Nel caveau, oltre agli innumerevoli lingotti, sarebbero accatastate opere d’arte per un valore di oltre dieci miliardi di dollari.
L’intricata vicenda comincia con la morte di Gianni Agnelli nel 2003. Quando diventa ufficiale la scelta di John, figlio del primo marito di Margherita, il giornalista scrittore Alain Elkann, alla testa del casato. Nel 2004 Margherita, in cambio di un miliardo e 200 milioni, comprensivi anche d’immobili e opere d’arte, accetta di cedere alla madre Marella i suoi diritti in Dicembre, la quasi sconosciuta piccola società detentrice dei beni di famiglia. Per adempiere la volontà di Gianni, con cui era stata sposata per mezzo secolo, Marella Agnelli fa convergere la propria eredità su John, che così si ritrova a possedere il 60% di Dicembre, mentre il fratello Lapo e la sorella Ginevra si dividono il restante 40%. In tempi recenti Margherita ci ha ripensato ritenendo che nell’accordo del 2004 le fosse stato nascosto gran parte del tesoro accumulato dal padre. Di conseguenza ha intrapreso azioni giudiziarie in Svizzera e in Italia. Con la morte di Marella nel 2019 il nocciolo della vertenza poggia sulla sua residenza svizzera: secondo Margherita era soltanto di facciata essendo Torino il domicilio abituale. Se i tribunali stabiliranno che Marella risiedeva davvero in Svizzera, per la legge elvetica verrà confermata l’intesa siglata nel 2004. Se, invece, venisse stabilita la prevalenza di Torino, sarebbe applicata la successione secondo la legge italiana con annullamento dell’accordo del 2004. Di conseguenza Margherita potrebbe chiedere l’annullamento dell’atto di divisione e rimettere in discussione la proprietà di Dicembre.
In quest’aspra contesa balla un tesoro rilevante, tuttavia traspaiono pure incomprensioni pluridecennali, gelosie, voglie di rivalsa. Marella aveva scarsa simpatia per il conte russo-francese Serge de Pahlen, secondo marito di Margherita, la quale l’ha accusata di avergli messo contro un figlio (John), di aver preferito i tre nipoti Elkann ai cinque nipoti de Pahlen. Per di più Margherita aveva cullato l’illusione che alla morte del padre il suo ruolo nella piramide familiare fosse assunto da de Pahlen. Trovò tutte le porte sbarrate. Anzi nel 2005 de Pahlen, dirigente Fiat per Brasile, Francia e Russia, fu licenziato da John con una fredda letterina. Rapporti dunque deteriorati al punto da indurre Margherita a disertare il battesimo del nipote Leone Mosè, primo figlio di John Elkann e Lavinia Borromeo: d’altronde, era già stata esclusa l’anno prima dalle partecipazioni delle nozze.
Con John, Lapo e Ginevra la madre ormai si parla attraverso gli avvocati; con Elkann, il primo marito schierato ovviamente con i figli, è subentrato un astio crescente. Margherita sostiene di battersi per i diritti della prole avuta da de Pahlen. Nel farlo non ha esitato a portare alla luce gli enormi capitali depositati all’estero del padre. In tal modo si era inimicata la madre e tutta la vecchia guardia dei pretoriani: le imputarono di aver sporcato l’immagine dell’Avvocato, così era chiamato Gianni Agnelli, benché fosse soltanto dottore in legge. In effetti il suo glamour ne è uscito alquanto offuscato: accanto alle indiscutibili qualità, anche il discutibile primato di figurare tra i massimi evasori fiscali del Paese. L’indagine del 2009 dell’agenzia delle entrate sulla detenzione di un miliardo e mezzo di euro nei paradisi fiscali di Svizzera e Lussemburgo è stata chiusa con il pagamento di 100 milioni da parte di Marella e di Margherita. Noccioline in confronto alle cifre in gioco. John Elkann controlla una galassia che attualmente capitalizza in borsa quasi 40 miliardi con rilevanti margini di crescita già nel breve periodo. Lo fa con una quota di azioni della Dicembre che valgono oltre 61 milioni. Fino all’offensiva di Margherita Agnelli, la Dicembre si mostrava come un’anonima, ininfluente accomandita destinata al piccolo cabotaggio familiare. Alla scorsa primavera riportava ancora i nominativi di soci defunti quali Marella Agnelli, Gianluigi Gabetti, Cesare Romiti. Eppure nel 2020 il Governo di Giuseppe Conte ha autorizzato con garanzia dello Stato un prestito da 6,3 miliardi a Fca, l’ex Fiat, senza sapere ufficialmente chi fossero i detentori di una quota rilevante del capitale sociale. Una società fantasma, definita «inattiva» dalla stessa Camera di commercio di Torino. Al contrario è un forziere pieno di perle preziose.
La Dicembre è infatti il maggiore azionista col 38% circa della Giovanni Agnelli Bv, società di diritto olandese dove per legge i voti in assemblea valgono doppio, di conseguenza Elkann è il dominus indiscusso. La Giovanni Agnelli Bv detiene il 53% di Exor, altra società di diritto olandese e quotata in Borsa. Exor è la holding del variopinto e numeroso clan, che controlla il 14,4% di Stellantis (nata dalla fusione tra Fiat, Chrysler e Peugeot), il 22,91% di Ferrari, il 26,89% di Cnh Industrial (camion e trattori), il 63,77% della Juventus e il 100% di Partner Re, gruppo riassicurativo con sede alle Bermuda. A essi si aggiungono il 43% del settimanale britannico «Economist», il 100% di Gedi («la Repubblica», «la Stampa», «il Secolo XIX» e numerosi quotidiani locali). Tradotto in cifre: 29 miliardi le quote delle controllate in Borsa, 9 miliardi il 53% di Exor, un miliardo il settore dei media. Dunque ce n’è motivi per litigare.
Il tesoro Agnelli e le faide di famiglia
Uno sguardo sull’intricata vicenda dell’eredità del patron della Fiat e di sua moglie Marella, a cavallo tra Svizzera e Italia
/ 25.10.2021
di Alfio Caruso
di Alfio Caruso